Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta elaborata da tre docenti universitari torinesi sulle dichiarazioni del Presidente della Repubblica in occasione dell´inaugurazione della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste
Illustrissimo Signor Presidente della Repubblica, ci permettiamo inviarLe un documento, sottoscritto da circa seicento docenti e ricercatori, che – ribadendo i tratti fondamentali del modello “ideale” di Università quale è stato tramandato da un´esperienza plurisecolare (sempre rielaborata, anche nella cosiddetta post-modernità) – critica, alla luce di tale modello, il dibattito politico-mediatico, e soprattutto le politiche legislative e finanziarie del Governo, in materia universitaria. La piena consapevolezza dei vizi che affliggono l´Università è il presupposto esplicito di tale critica; come lo è delle molte manifestazioni di dissenso che si vanno estendendo, in numerosi Atenei, nei confronti delle politiche predette. È con amarezza, dunque, che abbiamo letto le parole che Ella ha pronunciato a Trieste in occasione della inaugurazione della nuova sede della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, il 13 luglio scorso, laddove ha affermato che: «Nessuno, anche e in modo particolare i giovani, nessuno di quanti operano e studiano nelle nostre università a qualsiasi livello può negare l´esigenza di una riforma. Noi abbiamo avuto, non nascondiamocelo, scelte discutibili e onerose, ad esempio di proliferazione delle sedi e di proliferazione di corsi di laurea. Abbiamo avuto fenomeni di disordine e inefficienza nella governance del nostro sistema universitario. A ciò deve porre riparo una legge di riforma che spinga il sistema universitario italiano verso livelli di produttività e competitività sempre più alti nel rapporto con gli altri paesi, europei e non soltanto europei». Queste parole rafforzano l´equazione tra necessità di “una” riforma e necessità di “questa” riforma; e identificano quanti si oppongono a “questa” riforma con coloro che hanno approfittato delle storture del sistema attuale, o che si nascondono per non vederle.
Chi si oppone non ritiene di meritare questo giudizio, e ritiene piuttosto che i “tagli lineari” già disposti, così significativi da produrre il crollo dell´istituzione stessa, smentiscano ogni volontà riformatrice e siano, in questo senso, l´altra faccia della medaglia. Chi ha dedicato la propria vita all´Università, e ora cerca di contrastare una politica di soffocamento, figlia di un disprezzo indiscriminato, che opera una cesura nei confronti dei principi cardine di una tradizione plurisecolare di libertà (nei confronti del potere politico, economico o religioso) non può vedersi identificato con le cause stesse del male da curare. Ci auguriamo, Signor Presidente, che Ella voglia vedere, nell´inquietudine che attraversa gli Atenei, anche l´espressione di quelle forze che per qualità scientifica e costumi sono essenziali al futuro dell´Università italiana e a un suo radicale rinnovamento.
La Repubblica/Torino 25.07.10