Il Forum Università, Saperi e Ricerca del Partito Democratico incontra l’università della capitale. Carrozza: “Gli atenei senza fondi non riescono a programmare le attività”. Meloni: “Riforme, non tagli, per premiare merito ed efficienza”.
Ricercatori, professori e studenti a confronto nell’incontro promosso ieri dal Forum Università, Saperi e Ricerca del Partito Democratico. La discussione, introdotta da un intervento di Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum, si è incentrata anzitutto sulla condizione degli atenei italiani: il mancato ripristino delle risorse minime necessarie per assicurare il loro funzionamento e l’incapacità del governo di affrontare la situazione dei ricercatori, stanno conducendo, infatti, in molti casi all’impossibilità di formulare l’offerta didattica per il prossimo anno accademico. Studenti e famiglie rischiano di non poter fare una scelta decisiva per il loro futuro.
In questo contesto, la manovra del governo rappresenta un ulteriore colpo all’università e alla ricerca italiana: il Partito Democratico conferma il suo giudizio totalmente negativo sul comportamento della maggioranza, che non ha preso in considerazione le proposte di rifinanziare le università, di evitare un’ulteriore riduzione delle risorse per gli enti di ricerca, di colpire migliaia di ricercatori, già costretti a sopportare una condizione di insopportabile precarietà e che ora rischiano di perdere il loro lavoro, di evitare che i blocchi stipendiali gravassero soprattutto sui giovani.
Il Forum ha espresso pieno sostegno alla protesta dei ricercatori: la loro voce sta, infatti, contribuendo in modo decisivo a portare all’attenzione dell’opinione pubblica la condizione di abbandono dell’università da parte del governo.
Una legge di riforma è certamente necessaria, ma nella versione approvata dalla Commissione Istruzione del Senato, è carente e inadeguata. Nessun progetto e nessuna risposta per gli studenti, nessuna riforma dei meccanismi di ripartizione delle risorse, un disegno che, anziché rafforzare l’autonomia responsabile, reintroduce una burocratizzazione centralistica, in assoluta controtendenza con l’evoluzione dei sistemi universitari e del nostro stesso ordinamento statuale. Il ddl Gelmini si ostina a mantenere un enorme precariato intellettuale, che deve invece essere del tutto superato, per dare ai giovani diritti, regole certe e libertà di ricerca. E, dopo i tagli di questi anni, nessuna risorsa, con gli atenei che ancora non si vedono assegnati i fondi ordinari per il 2010, e che in queste condizioni nel 2011 non saranno in grado di garantire neppure il pagamento degli stipendi.
Nel concludere i lavori, Marco Meloni, responsabile Università e ricerca della segreteria, ha ribadito che il PD è convinto che il sistema universitario abbia urgente bisogno di un intervento di riforma. Di radicali cambiamenti, ma non di un provvedimento di questa natura, che in realtà non cambia nulla. Un intervento straordinario che nei prossimi anni apra ampi spazi di accesso alla carriera di professore ai ricercatori, sia strutturati che precari, con l’attivazione di adeguati meccanismi concorsuali, l’abolizione dei blocchi del turn-over e l’utilizzo integrale delle risorse derivanti dall’adeguamento dell’età di pensionamento dei docenti agli standard europei per nuovi concorsi, è il punto di partenza. Occorre poi intervenire sulla condizione degli studenti e sul’accesso e nella progressione delle carriere, con l’introduzione di un ruolo unico articolato in livelli. Le risorse devono essere assegnate progressivamente alla valutazione di ricerca e didattica, con criteri trasparenti che incentivino comportamenti virtuosi ed efficienza e garantiscano la coesione territoriale del Paese.
Il passaggio in Aula al Senato del ddl Gelmini è l’occasione per valutare se l’Italia investe nell’università, nella ricerca e nel futuro dei suoi giovani. Il governo una risposta l’ha già data. Speriamo che il Parlamento sia più lungimirante e sappia raccogliere la protesta ferma, dignitosa e ancorata a molte proposte concrete, che viene in queste ore dalle università italiane.