Il Pd dà poco credito al Berlusconi che torna a minimizzare sulla nuova P3 (l’aveva fatto anche prima delle dimissioni di Nicola Cosentino), promette per l’ennesima volta di ridurre le tasse ed esclude «ipotesi diverse di governo». I vertici dei Democratici sono convinti che questa fase non può durare a lungo e che l’unica soluzione per uscire dallo stato di crisi sia dar vita proprio a un governo diverso, un esecutivo di transizione che in breve tempo approvi le riforme necessarie per un rilancio dell’economia e una nuova legge elettorale con cui andare poi di nuovo al voto.
È lo stesso segretario Bersani a far sapere che da parte del Pd c’è la «disponibilità a considerare una fase di passaggio per uscire da questo ciclo politico», a precisare che «quando parliamo di superamento di un ciclo, parliamo di Berlusconi» e a lanciare nuovamente un appello alle «forze più consapevoli» del centrodestra affinché riconoscano che «così non può andare», mentre è possibile dar vita a un governo di transizione
delimitato da ben precisi paletti.
Il «primo» dei quali è che sia preventivamente delineato «un percorso che abbia un esito prefissato e che preveda anche il cambiamento dei meccanismi elettorali ». Tutti gli altri ragionamenti, compreso quello circa chi possa essere a guidarlo, vengono dopo.
Il leader del Pd, che rientra stanotte dal viaggio negli Stati Uniti, viene costantemente aggiornato sull’evoluzione dell’inchiesta sulla nuova loggia segreta e sulle continue esternazioni del premier: da quella che non andrà in ferie e si dedicherà alla riorganizzazione
del Pdl, per la quale Bersani ha una replica ironica («Forse se si riposasse un po’ di più avremmo tutti meno guai»), a quella sul fatto che la nuova loggia non esiste ed è soltanto «una vergognosa montatura», sulla quale il segretario del Pd, auspicando una «riscossa civile» del paese, è molto duro: «Invece di minimizzare la questione P3, Berlusconi dovrebbe venire in Parlamento a spiegare, glielo possiamo chiedere che venga una volta in due anni a dire cosa pensa dello stato della Repubblica. Sotto questa idea del “ghe pensi mi”, sotto questa idea del capo, si costruiscono dei meccanismi paralleli alla vita politica e amministrativa favoriti anche dalle legislazioni speciali. Non c’è un problema di singolo malaffare o di mal costume di questo o quel settore, c’è un problema anche di meccanismi
ai quali mettere mano».
Ovviamente nel Pd sanno bene che molto dipenderà da come si muoverà nelle prossime settimane il premier.
«Bisognerebbe, per il bene del paese, iniziare a pensare ad un governo di salute pubblica dove dovrebbe andar via chi ha causato un danno per l’Italia – dice Rosy Bindi – e il primo a farlo dovrebbe essere proprio il presidente del Consiglio Berlusconi». E sanno bene, anche,
che dopo il piano inclinato che ha portato alle dimissioni di Scajola, Brancher e Cosentino non necessariamente c’è una strada in discesa che porterà alla crisi di governo.
Per questo Bersani lancia un appello alle forze «più consapevoli» del centrodestra a farsi avanti e per questo il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, pur favorevole a un governo di transizione, fa notare che un simile dibattito può sembrare «nel migliore dei casi astratto» e sottolinea che «il governo Berlusconi è ancora in carica e l’obiettivo di mandarlo a casa è tutto da realizzare».
L’Unità 17.07.10