Otto milioni di italiani poveri, il 13% della popolazione, cioè quasi tre milioni di famiglie in difficoltà, il 10,8% del totale. Due terzi di queste vivono sotto la soglia di povertà relativa e dunque con meno di 983 euro al mese, in media 780 euro. Ma più di un milione di famiglie (3 milioni di persone) tira avanti senza raggiungere neanche la spesa minima per i beni essenziali: sono i poveri assoluti, concentrati nei nuclei numerosi, dove uno o più componenti è senza lavoro. Più tra gli operai, meno tra i lavoratori autonomi. E soprattutto al Sud, la vera emergenza nazionale, con il 23% delle famiglie in affanno, più del doppio della media italiana.
I dati presentati ieri dall´Istat si riferiscono al 2009 e presentano una sostanziale stabilità rispetto al 2008. Il numero assoluto di famiglie che tirano la cinghia è più o meno lo stesso, ma la loro condizione è peggiorata . «La povertà non è cresciuta nell´anno della crisi – scrivono i ricercatori – perché l´80% del calo dell´occupazione ha colpito i giovani e gli effetti sono stati mitigati da due ammortizzatori fondamentali: la famiglia che ha protetto quei giovani e la cassa integrazione che ha aiutato i loro genitori». «Tre milioni di famiglie povere sono tante e bisogna occuparsene», ha commentato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Ma le forme di protezione del reddito volute dal governo, come la Cig, hanno funzionato».
Una lettura della situazione condivisa da altri esponenti dell´esecutivo. «La società italiana ha retto alla crisi», tranquillizza Brunetta. «Ci siamo difesi, ma certo in periodi di crisi non si arricchisce nessuno, tranne qualche banca o la grande finanza», normalizza Bossi. Meno conciliante l´opposizione e le associazioni. «L´Istat contraddice il governo e la sua manovra che scarica la crisi sui giovani», tuona Giuseppe Fioroni, Pd. «Se agli 8 milioni di poveri si aggiungono i quasi poveri, si arriva a 23 milioni di italiani che faticano ad arrivare a fine mese», calcola il Codacons. «Occorre una nuova social card di importo maggiorato ed estesa a tutti i cittadini poveri, senza limiti di età né preclusioni verso gli stranieri», propone Andrea Olivero, presidente delle Acli che poi fa notare: «Il rischio che corriamo è trasformare le famiglie in ammortizzatore sociale.
La Repubblica 16.07.10