Bersani: il Cavaliere ha fallito, deve prenderne atto. Giusto il tempo di guardare in albergo la partita Spagna-Olanda, dopo aver superato la dogana americana, sottoponendosi al rito di controllo delle quattro dita da esporre e delle pupille rivolte alla telecamera, e Pier Luigi Bersani è stato raggiunto ieri mattina a Washington, prima tappa della sua missione americana, dal rombo della politica italiana. Casini «apre» a Berlusconi nell´ipotesi di un governo di unità nazionale?
Il segretario del Pd si fa leggere bene la frase incriminata e mette la parola fine alle illazioni: «Casini sa bene che è arrivato il momento di chiudere con il ciclo berlusconiano, con sette anni che non ci hanno portato a niente. E´ vero: Berlusconi ha vinto le elezioni ma c´è un´altra verità altrettanto chiara. Berlusconi ha fallito. La maggioranza deve prendere atto del suo fallimento. Siamo alla fine, al secondo tempo, e bisogna evitare al Paese ulteriori danni». Stop, dunque. Bersani parla in piedi, davanti all´ingresso del Center for American Progress, pensatoio democratico presieduto da John Podesta, già capo staff di Clinton. Gli americani, pazienti, attendono che il loro ospite si occupi del solito caos made in Italy.
Bersani, scusi, Casini non si è un po´ allargato, sembrava quasi parlasse a nome del Pd. Lui è convinto che voi direste sì ad un governo Tremonti.
«Il leader dell´Udc prima ha annunciato un Pd disponibile ad un Berlusconi-bis, poi dice la stessa cosa indicando però Tremonti. Aspettiamo che ci proponga Rotondi… Comunque Casini fa uso di molta retorica. Ma sa bene che l´unica novità all´orizzonte è l´avvio del superamento del berlusconismo, un fenomeno che ha prodotto racconti, favole e poco o niente fatti».
L´alleato Casini sembra tuttavia tendere verso l´altro campo.
«Non abbiamo avuto mai un´alleanza con Casini così come Casini non ce l´ha ancora con il centrodestra. Questa è una situazione difficile da interpretare, con un unico punto chiaro: la maggioranza mostra di non farcela. Il resto sono chiacchiere, politicismi».
Con un Pdl in rissa permanente.
«Un altro buon motivo per dire che siamo al capolinea di questa alleanza. La resa dei conti tra di loro è cominciata e non si fermerà. E mentre continuano le lacerazioni, le gravi questioni socio-economiche del Paese non vengono affrontate. Berlusconi si limita a galleggiare, a rimuovere i problemi. Questo mentre l´Italia ha bisogno di uno sforzo per cambiare e riprendere la strada della crescita, per lasciare qualche prospettiva alle nuove generazioni».
Un coordinatore di partito come Verdini, sempre più nel mirino delle indagini, deve lasciare secondo lei? Ogni giorno ci sono nuove storie opache.
«Certo a noi il Watergate ci fa un baffo! Che vuole che le dica? Strutturalmente malcostume e corruzione sono mali endemici. Qui, però, all´ombra del potere politico-mediatico di Berlusconi, si sono creati dei meccanismi laterali alle amministrazioni. La legislazione speciale, le eccezioni alle regole per una nobile causa, sono diventate l´autostrada per la corruzione. Adesso sta alla magistratura districare la matassa, individuare i millantatori e gli attori protagonisti».
E intanto Verdini?
«Non c´è nemmeno bisogno di dirlo. Un responsabile politico di partito deve trarre le conseguenze da una situazione così. Poi se il partito vuole farsi raffigurare con il volto di Verdini, affari loro. Sinceramente mi preoccupo di più quando apprendo delle manfrine esercitate su organi istituzionali e delle pressioni messe in atto sul programma per gli interventi pubblici. Anche qui bisogna affidarsi ai giudici».
Berlusconi scende nei sondaggi ma il centrosinistra non ne beneficia.
«Aspettiamo a trarre conclusioni. E´ chiaro che questo non tranquillizza ma è il momento del voto quello che conta. Noi stiamo lavorando ad una proposta credibile di alternativa».
Sempre l´Udc, nella persona di Cesa, sostiene che nel Pd c´è un sospetto fermento. Grane in vista, magari con la componente dell´ex Margherita?
«Non mi risulta. A meno che Cesa sia a conoscenza di informazioni che io non ho».
Lei ha appena iniziato la sua visita negli Stati Uniti. Dice che è venuto qui per capire e confrontarsi, scambiare idee con centri di pensiero e di cultura. Che cosa invidia agli americani?
Ci pensa un po´, «sono tante le cose» però ce n´è una in particolare: «Qui non parlano male delle istituzioni. I governi si alternano, ma l´impianto è solido, è quello, e nessuno si sogna di metterlo in discussione».
La Repubblica 13.07.10