L’Università di Roma «La Sapienza» è deserta, in questo torrido, afoso pomeriggio estivo. Ma non nei dintorni della facoltà di Lettere: nelle aiuole, sotto l’ombra degli alberi, undici tavoli con altrettanti docenti stanno tenendo esami (tecnicamente «esoneri», cioè parte di un esame): letteratura italiana contemporanea, storia del teatro, storia della lingua italiana, eccetera. Drappelli di studenti, silenziosi e attenti, stazionano davanti ad ogni commissione, in attesa del turno.
E’ così, con gli esami all’aperto che si protrarranno fino a domani, e con quelli notturni che si terranno stasera dalle 21 alle 24, che i 200 docenti della prestigiosa facoltà romana, vogliono innalzare un ennesimo, disperato, forse addirittura velleitario (ma non inutile) «grido di dolore», nei confronti dei tagli che la manovra e la riforma Gelmini impongono all’area del sapere, all’università e alla ricerca in particolare, e – in questo ambito – alle facoltà umanistiche, nello specifico.
Ogni cinque docenti che lasciano l’attività, ha deciso il governo, ne sarà assunto solo uno. «Il problema più grave – dice il preside Franco Piperno – è la dispersione dei saperi. Se mi viene a mancare un docente di letteratura italiana, ne ho altri venti, ma se mi manca quello di filologia bizantina, o di etnomusicologia, o di cultura copta, queste branche del sapere, fondamentali in una facoltà come la nostra, scompaiono e basta».
Da qui la decisione, assunta il 2 luglio scorso in sede di Consiglio di facoltà, di attivare una forma di protesta che richiamasse l’attenzione su questo problema. «All’inizio abbiamo pensato ad un differimento generalizzato degli esami – spiega il preside – ma poi abbiamo capito che a pagarne le conseguenza sarebbero stati gli studenti. Quindi abbiano optato per questa iniziativa: tenere gli esami all’aperto per tre giorni e, la sera del 13, in seduta notturna». Il Rettore Luigi Frati non ha voluto commentare ufficialmente l’iniziativa in corso di svolgimento, ma nei giorni scorsi l’ha bollata come «folcloristica». Altre facoltà hanno dato la loro solidarietà, ma nulla di più.
Solo Lettere e filosofia, dunque, insieme alle altre facoltà umanistiche (Studi orientali, filosofia, scienze umanistiche) continua sotto la canicola estiva e anche a ridosso dell’approvazione della manovra, la sua battaglia solitaria e strenua. Gli studenti, passata la tensione dell’esame, parlano: «Ci sono insegnamenti che scompaiono – commenta Laura subito dopo il suo “esonero” – ma soprattutto, in prospettiva, non ci saranno più contratti di ricerca. A me piacerebbe continuare a stare all’università, ma non mi pare aria». Il preside fa notare che il taglio dei finanziamenti significherà da subito, cioè da settembre, un «meno» generalizzato da porre davanti a tutto: meno ricercatori, meno didattica, meno libri, meno sapere, in definitiva.
Stasera è prevista la grande kermesse: la facoltà resterà aperta fino a mezzanotte. Le commissioni d’esame saranno una quarantina e lavoreranno a lume di candela, gli studenti che si sono prenotati sono 280. Le macchinette del caffè verranno sottoposte al maggiore stress produttivo della stagione. «Vogliamo dimostrare di essere vivi – conclude il preside – di non arrenderci, di saper lottare fino all’ultimo momento, con lo sguardo proiettato in avanti: perché se anche questa manovra dovesse passare, la prossima non sia così». Anche la scienza deve imparare a «fare sistema». Come? Mettendo in campo «sinergia, interdisciplinarietà e transnazionalità». Sono queste le sfide (in parte già realtà) che si sono dati gli scienziati Ifom (l’Istituto di oncologia molecolare della Fondazione italiana per la Ricerca sul cancro) ieri in convegno a Milano per festeggiare i primi 10 anni di ricerca. A trovare le risposte (sconfiggere il cancro, per esempio) non sarà la figura isolata del Superscienziato, ma un team misto e trasversale che integrerà esperienze, provenienze e discipline diverse: non solo medici e biologi ma ingegneri, chimici, fisici, informatici. Un esempio concreto? Il Centro Europeo che Ifom ha dedicato alla Nanomedicina, una delle più promettenti frontiere della ricerca scientifica del futuro.
La Stampa 13.07.10