Il Guardasigilli al Quirinale per superare le tensioni con il Presidente
Alla fine il canale di comunicazione tra palazzo Chigi e Quirinale s’è aperto. Ma nelle forme dovute. Ieri il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, è salito nella sua auto blu e si è fatto portare alla Presidenza della Repubblica. Lì lo attendeva il segretario generale della Presidenza, Donato Marra, uno dei principali collaboratori di Giorgio Napolitano, che gentilmente è stato ad ascoltare quanto il governo manda a dire al Capo dello Stato. Poche concise parole per un messaggio chiaro: il ddl Intercettazioni cambia. E non poco. Cambia tutto il necessario perché siano superate le «criticità» che il Presidente della Repubblica ha segnalato nei giorni scorsi. Berlusconi ha dunque deciso che non è il caso di proseguire con il muro contro muro. Ora c’è solo da attendere i prossimi passaggi parlamentari per vedere che cosa accadrà. Quali gli aspetti tecnici che saranno riscritti.
Una visita non da poco. «Un gesto di attenzione istituzionale», lo definiscono al Quirinale. Dopo le tensioni dei giorni scorsi, culminate con la clamorosa prima pagina del «Giornale» contro il Presidente della Repubblica, la retromarcia è innestata. Alfano non ha certo spiegato quali saranno nel dettaglio gli emendamenti a cui il governo pensa. Né Marra aveva il mandato di chiederlo. D’altra parte la linea del Quirinale ormai è chiara: nessun confronto preventivo, il Presidente valuterà il testo della legge sono al termine del suo iter parlamentare, così come vuole la Costituzione. Alfano ha però tenuto a chiarire che il Pdl non intende ignorare i moniti del Colle. E che perciò verranno effettuate tutte le modifiche che si riterranno utili. «Anche modifiche significative», si scandisce in ambienti del ministero della Giustizia.
È stato insomma recepito dal governo il punto di fondo sollevato dal Capo dello Stato: se ci sono dei punti critici, misuratevi con essi, cercate delle soluzioni, meglio se condivise, ma in ogni caso in Parlamento. E così Berlusconi ha dato ordine di fare ai suoi. Di qui l’annuncio, per il momento informale, ma che già attraversa le file della maggioranza, che nella prossima settimana il governo concorderà con i gruppi parlamentari e con la relatrice, la finiana Giulia Bongiorno, una serie di emendamenti. Quali, ancora non si sa. Anche se si possono immaginare a grandi linee. La durata delle intercettazioni ammesse per i reati ordinari, che il Senato ha fissato da ultimo in 75 giorni; qualcuno parla di innalzare il tetto a 120 giorni. La durata delle proroghe previste per gli ascolti in extremis (anche questi introdotti al Senato), ovvero le famose 72 ore in sovrappiù: tre giorni sono davvero pochi, si potrebbe arrivare al doppio. Infine le intercettazioni ambientali: oggi sono previste limitazioni draconiane a salvaguardia della privacy dei familiari degli indagati. Su questo punto Gianfranco Fini si è molto esposto. Modifiche in vista anche per le multe agli editori. E poi acquisizione dei tabulati molto più facile di quanto la nuova legge avrebbe voluto. E forse anche qualche concessione in più sul versante delle norme transitorie.
Quasi sicuro pure il trattamento di mafia e terrorismo anche per i cosiddetti reati-spia (usura, estorsione e riciclaggio), che quindi potrebbero consentire intercettazioni lungo tutto l’arco delle indagini preliminari. Entro martedì pomeriggio la commissione Giustizia dovrebbe ricevere gli emendamenti. Ma tutto lascia pensare che le vere novità verranno in Aula. E non è detto che ciò avvenga entro l’estate.
da www.lastampa.it
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“Giornalisti contro il bavaglio Alfano al Colle: «Cambieremo», di Roberto Monteforte
Il silenzio è stato proprio fragoroso ieri nella giornata di protesta contro il ddl Alfano sulle intercettazioni. Edicole sguarnite, informazione radiotelevisiva nazionale e locale limitata all’essenziale, siti on line insolitamente «fermi», agenzie di stampa «mute» sino all ore 7 di questa mattina con l’eccezione dell’Adn-Kronos , la stessa «Rete» e in new media hanno partecipato alla protesta. L’astensione dei giornalisti, compresi quelli degli uffici stampa e i free lance è stata ovunque massiccia. La protesta è riuscita. In edicola, ieri, si sono trovate le poche testate dei fedelissimi schierati a fianco del governo Berlusconi: dal Foglio di Giuliano Ferrara al Giornale di Feltri, al romano Il Tempo , a Libero e al Riformista della famiglia Angelucci – che ha rifiutato di pubblicare una lettera di adesione allo sciopero dei delegati sindacali- , ai quotidiani economici ItaliaOggi e MF . In alcune città si sono trovate alcune edizioni di E-Polis e poco altro. Soddisfatta la Fnsi Il fronte del silenzio è rimasto compatto. Anche le testate che avevano espresso critiche sulla forma della protesta, da Il Fatto Quotidiano a La Stampa , hanno deciso di non essere in edicola per rendere più forte «il fragore del silenzio». Battaglia di libertà anche per la testata cooperativa Il manifesto . «È lo sciopero meglio riuscito negli ultimi quindici anni» commenta il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi. Il suo è un primo, provvisorio bilancio. «L’adesione è stata straordinaria e anche chi ha scelto di uscire e non tutti con ragioni ideali limpidissime – osserva – l’ha fatto condividendone comunque il merito delle ragioni della protesta. Questo dimostra che la nostra non è una lotta corporativa, ma una battaglia a difesa di valori condivisi». Su questo, in polemica con il direttore del Tg5 Clemente Mimun, insiste il presidente della Fnsi, Roberto Natale. «La forte partecipazione delle redazioni Mediaset allo sciopero è stata una risposta all’editoriale del direttore Mimun, che ha parlato di scelta di una corporazione. Lo sciopero è riuscito proprio perché aveva ragioni generali forti, comprese dalla categoria e al di fuori della categoria. Mimun ha oscurato il fatto che il sindacato dei giornalisti è coerente nella sua opposizione ad ogni disegno contro l’autonomia dell’informazione e che tre anni fa scioperammo contro il disegno di legge Mastella». Conclude osservando come «la partecipazione altissima allo sciopero» sia «un riconoscimento di questa coerenza e della forza delle proposte avanzate dal sindacato che coniugano il diritto alla riservatezza con il diritto-dovere di informare». «La forza delle ragioni che portiamo – conclude – viene compresa da tutti quando simboli della nostra protesta sono Patrizia Aldovrandi e Ilaria Cucchi. A tutti è chiaro che difendiamo il diritto dei cittadini a sapere». Alfano al Quirinale Qualcosa pare muoversi. Nella giornata del grande silenzio il Guardasigilli, Franco Alfano è salito al Colle per comunicare la disponibilità del Pdl e dei suoi alleati ad introdurre modifiche significative al testo del decreto sulle intercettazioni, raccogliendo le sollecitazioni venute più volte dal capo dello Stato a confrontarsi con «criticità» che vanno risolte nel confronto parlamentare. Su questo il Colle è stato chiarissimo.
da www.unita.it