È l´ultima mutazione genetica del berlusconismo: il Bertoldo di Stato, lo stralunato compare, il finto tonto perfetto, il furbissimo sciocco che si nasconde dietro una disperante inadeguatezza e una imbranataggine comica, insomma il falso scemo che ci prende per scemi veri.
Ieri, per esempio, proprio quando era stato smascherato come simulatore dal capo dello Stato, si è meravigliato perché i cronisti insistevano a ficcare il naso nelle sue vicende, e ha detto al Tg3 che non è educato disturbare un brav´uomo la domenica, che forse è il giorno riservato alla contabilità delle mazzette e non certo alle domande dei giornalisti.
E ha aggiunto di non capire, il povero Brancher, perché non sfruculiano Lippi, che se le merita davvero, invece di importunare il povero neoministro di non si sa che cosa. Con un´aria da furfante gentiluomo che non sente rimorsi né prova vergogna ha sostenuto che gli italiani sfogano su di lui la rabbia per l´eliminazione dai Mondiali, che è una genialità da imbonitore, la “mossa” dello scugnizzo di Belluno.
Insomma, ascoltato in tv, Aldo Brancher non è più solo il presunto collettore della banda Bassotti, il sensale di Berlusconi e della Lega, ricompensato e soccorso con un ministero, ma è la perfezione del nuovo commis dello Stato italiano, quello che fa finta di non capire e di non sapere: «Che male c´è?». Come Scajola, che non si è accorto che gli compravano la casa; come Lunardi che spaccia per innocente favore l´impudicizia dell´affarismo; come Bertolaso che non si spiega mai e si indigna sempre. Come loro, anche Brancher non si è reso conto che l´hanno fatto ministro proprio quando il processo per appropriazione indebita è arrivato a dibattimento e quindi vicino alla sentenza. Se ne sono accorti tutti tranne lui.
Ma Brancher è il più bravo, sfoggia un´ingenuità da campagnolo, da Mister Bean della politica, da Chance il giardiniere, e ogni volta che parla regala suggestioni nuove, disorienta, spiazza come fosse un Dostoevskij della sceneggiata celtica: «Per idiota mi prendono tutti, non so perché…».
È ormai noto, fin nei dettagli, l´imbarazzante intreccio a proposito delle sue competenze ministeriali, le famose deleghe annunziate e ancora non assegnate, con il federalismo che è stato derubricato a decentramento, il tentativo di raggiro istituzionale e il trucco da magliaro ai danni del Capo dello Stato. Ebbene, ieri in tv Brancher invece che parare i colpi ha cercato di sferrarne, in nome di una onorabilità offesa: «È una vergogna», «sono sorpreso da tanta cattiveria», «le mie deleghe sono quelle scritte, andate a leggerle». Dove? «Sulla Gazzetta Ufficiale», è stata la sua sfrontata bugia.
Brancher sa che nessuno legge la Gazzetta Ufficiale, l´ha evocata per intimidire e per legittimarsi. Ma il punto è che la Gazzetta Ufficiale non ha ancora comunicato la sua nomina e quindi nemmeno le sue deleghe.
Una volta i ministri venivano scelti per competenza o per appartenenza politica, mai per ricompensare un silenzio complice e per sfuggire alla giustizia. Ma Brancher, che non vuole dimettersi, non è un cialtrone, non è pittoresco e si capisce benissimo che la combriccola che lo vuole ministro a tutti i costi ha più ragioni di temerlo che di premiarlo. Con le tasche piene di segreti si è umiliato sino a diventare il Bertoldo di Stato e ha conquistato sul campo i suoi gradi di ministro. All´Impresentabilità.
La Repubblica 28.06.10