Il primo sì l’altro ieri al provvedimento che da qualche spicciolo alla cultura e nessuno emendamento dell’opposizione è stato recepito, differentemente da quanto annunciato. Tornano a incendiarsi i grandi teatri d’opera italiani: i sindacati dichiarano lo sciopero di tutte le prime e uno sciopero nazionale con presidio davanti a Montecitorio nel giorno della definitiva approvazione alla Camera del cosiddetto decreto Bondi che dovrebbe avvenire il 22 giugno. È la reazione al primo via libera del Senato per la conversione in legge del decreto avvenuta l’altro ieri: «Dopo molti sforzi fatti in sede di commissione cultura per migliorare il testo attraverso gli emendamenti – spiega il Sentore del Pd Vincenzo Vita –, giunti in aula la maggioranza è tornata indietro sulle sue decisioni e il ministro Bondi sulle sue stesse promesse, mostrando il volto peggiore e più vero». Il provvedimento colpisce in maniera pesante i lavoratori dei teatri, blocca il turnover così da rendere impossibile il ricambio nelle orchestre delle Fondazioni lirico-sinfoniche –come la Scala, il Maggio fiorentino, il San Carlo, il Regio di Torino e la Sinfonica di Santa Cecilia–, così destinandole a trasformarsi in pochi anni in ensemble raccogliticci: dopo una lunga mediazione su questi due punti il testo era stato migliorato, ma all’atto della votazione in Senato la maggioranza ha fatto dietrofront. Inoltre il provvedimento sostanzialmente commissaria tutti i nostri grandi teatri lirici, togliendo loro autonomia e mettendoli sotto il giogo del ministro delle Attività Culturali e del suo entourage.
«È un decreto anticostituzionale, ingiusto e inutile» -ha più volte ripetuto Silvano Conti della Cgil che stavolta ribadisce–: «Se passerà così la Cgil e la Fials (il sindacato autonomo) dopo questi scioperi continueranno le agitazioni questa estate e in ogni possibile occasione, da San Nicola a Sant’Ambrogio», rispettivamente l’inaugurazione della stagione del Petruzzelli e della Scala, vale a dire da Sud a Nord. Sul futuro finora sono invece apparse molto più caute la Csil e soprattutto la Uil.
Malgrado Bondi dopo il voto del senato abbia esternato la sua soddisfazione «abbiamo salvato la lirica»-, secondo molti il provvedimento, unito ai tagli apportati ai finanziamenti alle attività culturali da parte del Governo, è il colpo di grazia alle fondazioni lirico-sinfoniche, nel bene e nel male rappresentano l’unico sistema di produzione teatrale estesa su tutto il territorio nazionale. I profili di possibile incostituzionalità del decreto sono parecchi –le attività culturali sarebbero materia su cui il governo dovrebbe legiferare in accordo con le regioni, il che non è avvenuto in questo caso. Tanto è vero che giunte come quella della Toscana stanno vagliando un possibile ricorso se il decreto sarà convertito in legge.
L’Unità 18.06.10