E’ un grido d’allarme finora rimasto inascoltato. «Ogni giorno in Italia scompaiono quasi 1000 ettari di suolo destinato all’agricoltura: produzione agroalimentare, turismo e ambiente». Ma Vittoria Brancaccio, simpatia tutta napoletana (è di Sorrento) e battagliera presidente di Agriturist, l’associazione agrituristica di Confagricoltura (riunisce circa 5 mila aziende) insiste su una battaglia che si annuncia non solo professionale, ma che potrebbe diventare il manifesto di una nuova filosofia cultural-agricola. «Tutti convengono sulla necessità di rilanciare il turismo valorizzando i nostri paesaggi e l’offerta enogastronomica; tutti concordano sulla necessità di tutelare le produzioni agricole italiane e di conservare il nostro patrimonio ambientale per difenderci dall’inquinamento e favorire l’ossigenazione dell’aria. Ma pochi sanno che tutto questo è fuori della realtà» annota. E spiega, dati alla mano: «In 25 anni, fra il 1982 e il 2007, abbiamo perso 3,1 milioni di ettari di superficie agricola utile (Sau) e 5,8 milioni di ettari di superficie agricola totale (Sat) – sulla base di dati Istat – Parte di questa terra sottratta all’uso agricolo è stata convertita in bosco, ma 1,8 milioni di ettari sono stati mangiati irreversibilmente dal cemento, al ritmo medio di 200 ettari al giorno».
Ma ad inquietare è il silenzio «assordante» del mondo politico italiano sul tema. «In Germania – ricorda la lady di Agriturist – dal 1999 vige una legge che obbliga, per nuove costruzioni, a recuperare almeno il 70% di suolo già urbanizzato, e in Inghilterra una normativa simile ha permesso la successiva crescita urbanistica di Londra senza rubare un solo ettaro alle campagne circostanti. E sono leggi che portano nomi importanti: Merkel, Blair. Noi abbiamo scritto a Berlusconi, provato a portare la questione in Senato, cercato di sensibilizzare “trasversalmente” gli esponenti dell’arco parlamentare, ma devo dire finora con scarsi risultati. Evidentemente ci sono argomenti più interessanti sul piatto da esaminare». E avvisa: «Autorevoli studi di urbanistica affermano che, quando saranno realizzati i piani di sviluppo territoriale già approvati dai comuni per i prossimi anni, il ritmo di sottrazione di suolo all’agricoltura segnerà un’ulteriore rilevante accelerazione». E non si tratta soltanto di terreni incolti che diventano «preda» della cementificazione, ma anche della realizzazione di infrastrutture che in qualche modo limitano o alterano il normale equilibrio agro-turistico. «La nostra prima richiesta che è anche un po’ uno slogan è quello di avere aziende dagli “orizzonti lunghi”». Il sogno di un paesaggio a misura d’uomo, il più possibile lontano da una visione «condominiale» del territorio.
La Stampa 14.06.10