Dati gravissimi». «Allarme rosso». Opposizione e sindacati concordano nella lettura delle rilevazioni Istat sul tasso di disoccupazione di aprile, giovanile soprattutto. «Cosa ha fatto il governo per i giovani e per favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro?», chiede Francesco Boccia della presidenza del gruppo Pd alla Camera. «L’Italia è un paese che spende più di quel che produce e purtroppo produce benessere senza lavoro – continua – Al governo è chiesto coraggio come richiamato anche dal governatore Draghi l’altro giorno. Ma nella manovra di Tremonti la parola giovani non appare neanche una volta». Sulla stessa linea la Cgil: «Dati gravissimi, ai quali mancano risposte credibili da un governo assente », dice Fulvio Fammoni, segretario confederale. «Siamo al livello più alto della disoccupazione da 9 anni mentre per i giovani si sfiora drammaticamente il 30%». A questo punto, «smetterà il governo di dire che stiamo meglio di altri, proprio mentre in Germania la disoccupazione cala? L’Italia vanta record negativi: disoccupazione giovanile, tasso di attività, lavoro nero e una grave emergenza Mezzogiorno». L’inadeguatezza della manovra rispetto ai problemi del paese «è evidente». Per il sindacato, quello che serve per arginare questa deriva è lo sviluppo, far ripartire consumi e produzione. Certo non una manovra depressiva. Chiavi di lettura Che sia il dato relativo ai giovani a spaventare di più lo dice anche Cesare Damiano, capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera: «Il nodo occupazione sta arrivando al pettine», commenta. Il Pd chiede di trasferire le risorse stanziate per favorire la stipula di contratti di produttività aziendali, l’ultimo pensiero di aziende e lavoratori in tempo di crisi, verso la diminuzione del costo del lavoro a tempo indeterminato per favorire il passaggio dalla flessibilità alla stabilità del lavoro per i giovani. «Purtroppo la manovra va in tutt’altra direzione». Del resto, a Palazzo Chigi la chiave di lettura è decisamente differente. L’ineffabile ministro Sacconi (Lavoro) riesce a sorvolare su quel30% di disoccupazione giovanile e a focalizzare l’attenzione su due dati che definisce «apparentemente contraddittori »: «Crescono di un decimale tanto il tasso di occupazione quanto quello di disoccupazione: perchè la ripresa alimenta il primo ma, in certa misura, anche il secondo».
L’Unità 02.06.10
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“Disoccupati record” di Felicia Masocco
Trecentosettemila posti di lavoro sono andati perduti in un anno, dall’aprile 2009. Divisi per 365 giorni, sono 841 disoccupati in più al giorno. Uomini e donne che si ritrovano a fare i conti con la mancanza di reddito e chiedersi se e quando le cose torneranno alla normalità. Molti di loro sono giovani. Il tasso di disoccupazione tra chi ha meno i 25 anni sfiora ormai il 30%, in un anno ha fatto un balzo in avanti del 4,5%. Troppo. È la quota più alta da quando esistono le serie storiche, cioè dal 2004. Lo dice l’Istat che ieri ha diffuso le stime sui tassi di occupazione e disoccupazione: sono dati impressionanti. Il tasso di disoccupazione tra i lavoratori di ogni età è salito in all’8,9%, sono otto mesi consecutivi che cresce. E ci riporta al massimo mai toccato dal 2001. Sono stati bruciati nove anni di crescita.
ANCORA GRAZIE ALLE BADANTI I disoccupati (tali sono per l’Istat coloro che cercano lavoro) sono 2 milioni e 220mila le persone che cercano lavoro e sono in crescita dell’1% (+21 mila unità) su base mensile e del 20,1% per cento (+372 mila unità) su base annua. Gli occupati sono 22 milioni 831 mila unità in aumento dello 0,2%(+56 mila unità) rispetto a marzo e inferiore dell’1,3% (-307 mila unità) rispetto ad aprile 2009.( A onor del vero, i dati potrebbero essere peggiori. A riportare un po’ su la media dopo tre mesi di flessioni messe in fila ci ha pensato la sanatoria di colf e badanti. A loro si deve quello che l’Istituto di via Balbo definisce «moderato recupero» degli occupati su base congiunturale ad aprile. A questa componente femminile. Viene così confermata una tendenza in atto negli ultimi anni: le sanatori di immigrati, le regolarizzazioni via via decise «dopano» in qualche maniera i dati del mercato del lavoro italiano: perché quando il loro numero si aggiunge all’esistente non si tratta di creazioe di nuovo lavoro, ma di lavorio nero che emerge. Anche stavolta è così. Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in aumento, rispetto a marzo, di 0,1 punti percentuali, ma ancora inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto all’aprile dell’anno precedente. Crescono sia il tasso di disoccupazione maschile (8%) sia quello femminile (10%), ma a schizzate ancora più oltre è la percentuale di giovani senza lavoro, quasi uno su tre (29,5%).
RIPRESA E DEPRESSIONE L’Istat fornisce un quadro dell’esistente, lo fotografa. Ma giusto due giorni fa il governatore della Banca d’Italia aveva dato il su allarme, «i giovani – ha detto – sono le principali vittime della crisi». vittime soprattutto di contratti di lavoro precari che non vengono rinnovati alla scadenza perché le aziende che non assumono. Le sue previsioni per il 2010 sono tutt’altro che rosee. Continuerà come quest’anno. A meno che non si stabilizzi la ripresa della produzione industriale registrata dal Centro studi della Confindustria a maggio: un bello sprint del 2,4% rispetto ad aprile. Abbastanza per far pronosticare ai tecnici di Viale dell’Astronomia un recupero del 2,4% della produzione industriale nel secondo trimestre dell’anno. Certo non aiuta la manovra del governo, da molti giudicata depressiva. Draghi ha parlato di «macelleria sociale », si rigeriva ai sacrifici che il Paese è chiamato a fare. La manovra taglia senza troppa cura una quantità di enti di ricerca, di istituti culturali e di precari nella scuola e negli enti locali che si tradurranno in una diaspora di posti di lavoro per i giovani. Molti di questi enti o uffici, infatti, si reggono proprio sui contratti cosiddetti non standard. Che non solo non verranno standardizzati, ma verranno spazzati via. Congli stipendi, le aspettative, e quel po’ di futuro, magari a breve termine, a cui è legittimo aspirare.
L’Unità 02.06.10
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“Disoccupati ai massimi dal 2001 senza lavoro il 30% dei giovani”, di Giorgio Lonardi
La Confindustria prevede un balzo della produzione industriale a maggio: più 2,4 per cento. Era dal 2001 che la disoccupazione non raggiungeva il tasso record dell´8,9%. Eppure i dati Istat di aprile non lasciano dubbi: il numero dei senza lavoro, ben 2,2 milioni, continua a crescere ancora rispetto all´8,8% di marzo. Drammatica la situazione fra i giovani di età compresa fra 15 e 29 anni: quasi uno su tre (29,5%) è disoccupato. Si tratta del dato peggiore dal gennaio 2004, cioè da quando l´Istituto di statistica iniziò a controllare il fenomeno. Né ci si può consolare con l´Eurozona che, sempre ad aprile, segna un altro primato negativo con quel suo esercito sterminato composto da oltre 23 milioni 300 mila disoccupati pari al 10,1% del totale in crescita sul 10% raggiunto in marzo. Era dalla lontana estate del 1998 che nell´area dell´Euro non si toccavano questi abissi.
Insomma, nel giro di un anno, fra l´aprile del 2009 e lo stesso mese di quest´anno, in Italia il numero dei senza lavoro è aumentato di 307 mila unità. Contemporaneamente, però, l´Istat comunica un fenomeno di segno contrario: un piccolo aumento (+0,2%) del numero di occupati rispetto a marzo anche se il dato rimane dell´1,3% inferiore all´aprile del 2009. A questo proposito va anche sottolineato come il Centro Studi di Confindustria abbia previsto per maggio un sensibile incremento della produzione industriale, pari al 2,4%. E allora?
Secondo il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, i dati su lavoro e produzione non sono contrastanti, anzi: cresce il numero dei disoccupati perché, proprio grazie alla ripresa, cala il numero degli scoraggiati e quindi c´è un aumento di chi è in cerca di un posto. «Non a caso», spiega Sacconi, «scende il tasso di inattività che indica coloro che né lavorano né cercano lavoro».
Quanto ad Emma Marcegaglia osserva che la disoccupazione peggiora ma che le stime positive sulla produzione industriale di maggio fanno pensare che sia stato raggiunto il picco più alto per questo fenomeno. Secondo la presidente di Confindustria: «Il peggioramento c´è. Siamo all´8,9%, il dato peggiore dal 2001. Però dall´altra parte vediamo i dati in miglioramento della produzione industriale, come stima il nostro centro studi che parla di un 2,4% a maggio». Secondo la stessa Marcegaglia «questa accelerazione nella produzione industriale che stiamo vivendo dovrebbe far pensare che il picco della disoccupazione lo abbiamo raggiunto e che adesso, in termini di disoccupazione, dovremmo migliorare nei prossimi anni». Poi aggiunge più prudentemente: «Almeno lo auspichiamo».
Sul drammatico problema della disoccupazione giovanile cresciuta di 1,4 punti percentuali rispetto a marzo e di 4,5 punti negli ultimi 12 mesi è intervenuto anche Renato Brunetta. Per il ministro della Pubblica amministrazione si tratta di «una malattia endemica, che non sempre è legata alla congiuntura economica, ma dipende dal cattivo funzionamento della scuola e degli ammortizzatori sociali e dal fatto che si dà più ai padri che ai figli».
La Repubblica 02.06.10
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Il declino degli “under trenta” in trecentomila perdono il posto, di Paolo Griseri
A restare senza lavoro nel 2009 più i diplomati che quelli con licenza media. Sono quasi due milioni. Vivono nel limbo, sotto la precarietà ufficiale, quella in qualche modo misurata dalle statistiche sul lavoro temporaneo. In una parola, si arrangiano. E ormai sono il 30 per cento della popolazione giovanile, quella che esce a 18 anni dalle scuole superiori e tenta l´avventura di trovare un´occupazione. Uno su tre non ce la fa. In un anno l´esercito dei panchinari del lavoro è cresciuto di 300 mila persone. Trecentomila in più condannati al vortice senza fine del lavoretto in nero, il concorso impossibile fallito, la vergogna della paghetta dei genitori. Alcuni, quelli che possono, vanno all´università perché almeno occupano le giornate. Un parcheggio di lusso che ha coinvolto nel 2009 130 mila ragazzi in più rispetto all´anno precedente: 83 mila in più hanno proseguito gli studi mentre 47 mila che erano riusciti a mettere il piede sul primo gradino del mondo dell´occupazione, quello dello studente-lavoratore, hanno dovuto fare marcia indietro e tornare alla semplice condizione di studenti. Non sempre l´istruzione garantisce una tutela in più: la crisi dell´ultimo anno ha colpito di più i diplomati (146 mila hanno perso il lavoro negli ultimi dodici mesi) e meno chi ha solo la licenza media (-127 mila posti).
I dati diffusi ieri dall´Istat fotografano la stessa scena raccontata lunedì dal governatore della Banca d´Italia e si spiegano con la fragilità del lavoro giovanile: «Il 60 per cento del lavoro a tempo determinato o interinale è svolto da persone sotto i 35 anni». E la prima risposta, la prima reazione delle aziende alla crisi, spiega ancora la relazione di via Nazionale, «sono stati il blocco del turn over e la mancata conferma del lavoro temporaneo». Una tenaglia per chi ha meno di trent´anni: si ferma il fisiologico ricambio di sangue sui luoghi di lavoro perché i più anziani sono più difficili da licenziare dei giovani. Un dato misura questo aumento della rigidità del sistema: il tasso di turnover delle aziende industriali e di servizi (calcolato sommando assunzioni e cessazioni in relazione all´occupazione media) è crollato nell´ultimo anno dal 35,4 per cento al 29,7.
Sono fenomeni che non riguardano solo l´Italia. In tutta Europa la crisi ha fatto salire il tasso di disoccupazione giovanile: l´occupazione di chi ha tra i 15 e i 29 anni in Europa è scesa del 2,3 per cento nel 2009, ben oltre la discesa del dato medio. Ma quel che colpisce è che in Italia il crollo dell´occupazione giovanile rappresenta il 58 per cento del calo generale degli occupati mentre a livello europeo la stessa percentuale è ferma al 45. In sostanza, è vero che tutti i giovani europei stanno pagando cari gli effetti della crisi ma quelli italiani la pagano di più.
La carestia di lavoro per i giovani colpisce duramente tutte le aree del Paese. In termini percentuali il tasso di occupazione della popolazione tra 18 e 29 anni scende di più al Nord (-4,5 per cento) perché i contratti a tempo determinato sono più diffusi nell´industria privata. Ma al Sud, dove pure l´occupazione diminuisce di meno, il nuovo calo va a peggiorare una situazione disastrosa: solo il 30 per cento dei giovani meridionali è occupato. A livello nazionale solo il 44 per cento dei giovani lavora, meno della metà di quelli che potrebbero farlo. Un dato che spiega quello fornito lunedì da Draghi: nella fascia tra i 20 e i 34 anni il tasso di disoccupazione è del 13 per cento, ben oltre l´8,9 medio nazionale.
Con questo quadro è difficile parlare di bamboccioni contenti di rimanere in casa con i genitori. L´impossibilità di trovare un lavoro sta diventando addirittura una delle concause di malattie gravi. Uno studio condotto dal sociologo Roberto Cardaci su 1.100 pazienti dei servizi di salute mentale della regione Piemonte mette in evidenza che il 38 per cento dei casi di lavoratori precari malati è costituito da giovani sotto i 35 anni: «La difficoltà a rendersi autonomi dalla famiglia di origine – riassume Cardaci – genera situazioni di disagio che si presentano come concause dei disturbi psichici».
La Repubblica 02.06.10