Nella sua accorata lettera al Presidente Napolitano, Tommaso Maccacaro rivendica con fierezza il ruolo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) – di cui è presidente – nell’ambito della scienza italiana ed internazionale e sottolinea l’importanza di finanziare la ricerca per rilanciare il paese proprio in un momento di crisi: «… Non siamo considerati per ciò che produciamo ma solo per quanto costiamo, in un esercizio aritmetico di “più” e “meno” che prescinde dal valore e dal merito come se fossimo solo una spesa e non un investimento… ». Il disprezzo di questo governo per la scienza è sotto gli occhi di tutti, non dobbiamo meravigliarci troppo che un commercialista, che conosce la partita doppia assai più che l’astrofisica, voglia tagliare con la scure le spese che considera superflue. Ecco, quindi, la decisione di inserire l’Istituto Nazionale di Astrofisica tra gli enti inutili e di accorparlo al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), per risparmiare risorse ed aumentare l’efficienza. Quante volte abbiamo sentito questo ritornello da questa maggioranza fustigatrice degli sprechi e dei carrozzoni clientelari. Peccato che solo cinque anni fa, lo stesso governo, con lo stesso ministro Tremonti, aveva stabilito che l’INAF assorbisse gli istituti del CNR che si occupavano di astronomia e astrofisica. Nel 2005, con il decreto Moratti, l’INAF subiva una profonda trasformazione, transitando dal comparto Università a quello degli Enti di Ricerca. «Una riforma», fu detto allora «che ha il grande pregio di unificare nello stesso ente tutta l’astrofisica italiana non universitaria ». Ecco il volto vero del «governo del fare» che, per soddisfare il proprio «attivismo bulimico », fa e poi disfa quello che ha realizzato, come se si trattasse della tela di Penelope. A farne le spese sono le istituzioni scientifiche in perenne fibrillazione. Tra ristrutturazioni, riforme, tagli agli investimenti pubblici e agli organici, la scienza italiana e ridotta alla mera sopravvivenza. Enti come l’Istituto Nazionale di Astrofisica, che godono di un prestigio internazionale grazie alla professionalità e all’abnegazione dei ricercatori, molti dei quali precari, rischiano addirittura di sparire. Un paese che non investe nella scienza e sui propri giovani è un paese che ha smesso di guardare al futuro. Nel dopoguerra la politica ebbe la lungimiranza di impegnare risorse pubbliche nel sapere e nella ricerca, elementi che contribuirono a realizzare il miracolo italiano. Oggi il governo Berlusconi sacrifica il futuro per ragioni di cassa. Con queste premesse, quale Italia lasciamo ai nostri figli?
*ASTRONAUTA – RESPONSABILE RICERCA SeL
L’Unità 31.05.10
1 Commento