Dell’evasione in Italia si sa praticamente tutto. Il problema di fondo consiste nel fatto che vi sono redditi completamente tracciabili e tracciati e altri che non lo sono. Se si ritiene che la riduzione dell’evasione sia utile, andrebbero reintrodotte integralmente le misure varate dal governo Prodi e subito abrogate dal governo Berlusconi. Con un passo ulteriore: grazie all’anagrafe dei conti bancari è possibile oggi richiedere agli intermediari finanziari la trasmissione al fisco dei saldi finali annuali di tutti i contribuenti, come avviene in altri paesi.
Sull’evasione fiscale in Italia si sa praticamente tutto: si conosce il suo ammontare (circa 120 miliardi); la sua distribuzione territoriale a livello sia delle regioni che delle province (l’evasione complessiva è più alta al Nord che al Sud, ma l’evasione delle imprese e dei lavoratori indipendenti è più alta al Sud). Così come si conosce l’incidenza rispetto alle diverse tipologie di reddito: è molto ridotta per i redditi da lavoro dipendente (3-4 per cento); inesistente per le pensioni (ma presente presso i pensionati che hanno un’altra fonte di reddito, spesso in nero); ridotta nell’industria in senso stretto (5-7 per cento), ma molto elevata nel settore delle costruzioni e ancora più in quello dei servizi. Tra i lavoratori indipendenti, i professionisti evadono di meno (33-35 per cento) e gli imprenditori di più (50-60 per cento). Evadono più i giovani degli anziani, più gli uomini delle donne, molto più le imprese piccole, non strutturate a stretto controllo familiare, che non le grandi, che peraltro eludono quello che possono.
OSTACOLI TECNICI E POLITICI
La conoscenza del fenomeno dovrebbe essere la premessa necessaria (ma non sufficiente) per intervenire efficacemente. Esistono infatti problemi tecnici che rendono impossibile in una economia capitalistica basata sull’iniziativa privata eliminare completamente l’evasione; e probabilmente non sarebbe neppure conveniente da un punto di vista strutturalmente economico. Ma esistono soprattutto problemi politici che ostacolano il contrasto all’evasione derivanti dal fatto che riguarda categorie numerose e spesso influenti di contribuenti che possono essere elettoralmente decisivi soprattutto in una contesa bipolare o bipartitica. Inoltre, molto spesso, l’influenza politica di questi contribuenti è ben maggiore del loro peso numerico. In ogni caso gli evasori e l’evasione presentano origini e caratteristiche molto simili in Italia e all’estero, con la differenza che in Italia l’evasione risulta il doppio o il triplo di quella degli atri paesi Ocse. (1)
Cosa si può fare in proposito? Si può fare molto, come dimostrano i dati presentati da Alessandro Santoro su questo sito, da cui risulta che in alcuni periodi della nostra storia recente l’evasione è stata considerevolmente ridotta.
In ogni caso, il problema di fondo consiste nel fatto che vi sono redditi (lavoro dipendente, pensioni, alcuni redditi da professione, redditi da capitale) che sono completamente “tracciabili” e “tracciati”, e altri redditi che non lo sono e quindi il fisco non li conosce in maniera automatica e diretta. Stando così le cose, in assenza di poderosi (costosi) investimenti amministrativi, e con un numero di “indipendenti” particolarmente elevato, il mondo dei contribuenti tende inevitabilmente a dividersi tra “evasori e tartassati”.
L’AIUTO DELLA TECNOLOGIA
Oggi tuttavia le nuove tecnologie consentono di rendere “tracciabili”, o per lo meno molto più “tracciabili”, anche i redditi che finora non lo sono stati. A questo obiettivo tendevano le misure antievasione introdotte durante l’ultimo governo Prodi: conto corrente dedicato per i professionisti e pagamenti in contanti limitati a importi minimi; elenco clienti e fornitori per la tracciabilità dei rapporti economici tra le imprese; trasmissione telematica dei corrispettivi (ricavi) dei commercianti; impossibilità di girare gli assegni; anagrafe dei conti correnti; fatture telematiche per i rapporti economici con la pubblica amministrazione senza soglie di importo. (2) Si trattava di misure logicamente coerenti, di un sistema organico per cercare di ristabilire una certa parità di trattamento tra i contribuenti, nonché di misure facilmente attuabili e con bassissimi costi data l’evoluzione delle tecnologie informatiche. In fondo, si trattava della semplice evoluzione del fisco telematico introdotto da chi scrive nel 1998.
Guardando alle misure del governo attuale da questa prospettiva, i suoi limiti appaiono chiari: si cerca di escludere dagli obblighi di tracciabilità (utilizzo di mezzi diversi dal contante per pagamenti superiori a 5mila euro e fattura elettronica per importi superiori a 3mila euro) i contribuenti “normali” quelli, cioè, che non sono grandi imprese strutturate e che quindi possono facilmente suddividere i pagamenti in più tranches. Le misure introdotte, quindi, sembrano avere più un significato “politico” che una efficacia potenziale adeguata; anzi rischiano di non toccare affatto gli evasori veri e razionali che possono facilmente “aggiustarsi”. (3)
In conclusione, se si ritiene che la riduzione dell’evasione sia cosa utile, le misure antievasione varate dal governo Prodi e subito abrogate dal governo Berlusconi, andrebbero reintrodotteintegralmente e andrebbe compiuto anche l’ultimo passo: avendo costituito l’anagrafe dei conti bancari è possibile oggi richiedere annualmente agli intermediari finanziari la trasmissione al fisco dei saldi finali di tutti i contribuenti, come avviene in Francia, Spagna e altrove. Infine la disponibilità di queste banche dati, oltre a determinare un effetto di deterrenza imponente, consentirebbe ai funzionari del fisco di poter adottare una politica di verifiche e (se necessario) di accertamenti basata sul rapporto personale e diretto con ogni singolo contribuente, e non solo su parametri statistici medi come avviene oggi con i pur utili studi di settore. (4)
(1) Per una analisi dell’evasione fiscale e delle categorie di evasori negli Stati Uniti, si veda Joel Slemrod, “Cheating Ourselves: The Economics of Tax Evasion”, Journal of Political Perspectives, 2007. In sostanza, Slemrod conclude che chi non ha la ritenuta alla fonte e il sostituto di imposta, tende a evadere.
(2) La fatturazione elettronica differisce dagli elenchi clienti e fornitori per il fatto che ogni fattura, appena emessa, viene trasmessa automaticamente non solo al cliente della impresa, ma anche al fisco. Per questo motivo mentre non vi è alcuna giustificazione tecnica per il limite di 3mila euro indicato dal governo, è molto improbabile che la fattura elettronica prevista nella manovra possa riguardare tutti i settori e tutte le imprese anche al di là dei rapporti con la Pa, perché la strutturazione tecnica del sistema è molto complessa e la sua organizzazione richiede tempo. Se così non fosse non si tratterebbe, probabilmente, di vera fatturazione elettronica.
(3) L’evasore razionale del modello teorico canonico sull’evasione, è approssimato molto da presso in Italia dal rapporto contribuente-commercialista.
(4) In proposito vedi Romano M. e Visco V. “Più banche dati meno evasione”, Il Sole-24Ore 2010.
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