Il testo riscritto in Parlamento. Franceschini e Causi: “Impegnati per un federalismo equo. Troppa fretta e poca chiarezza sui costi, non potevamo votare a favore”. Enrico Letta: “Non ci sono tattiche, i miglioramenti non sono bastati a dire sì. Di Pietro non ha contribuito alla discussione di merito”. Il primo decreto di attuazione della legge 42 del 2009 (il cosiddetto federalismo fiscale) è stato varato dalla commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo, con l’astensione del Partito democratico. E’ il decreto sul federalismo demaniale relativo al trasferimento del patrimonio a regioni, comuni e altri enti territoriali.
Astensione che Dario Franceschini, capogruppo PD alla Camera, rivendica in una lettera al Corriere della sera come “una meditata scelta politica, non un modo di non scegliere tra due linee opposte. L’astensione è arrivata perché la copertura economica della manovra non è chiara e non ha permesso un voto favorevole. Su norme che riguardano il futuro assetto della Repubblica un grande partito riformista non può sottrarsi al dovere di migliorare i testi e trovare trasparenti punti di incontro sulle regole”. Franceschini rivendica al PD il merito di aver riscritto quasi interamente il testo iniziale proposto dal governo. “Su nostra iniziativa la bicamerale ha convinto il governo a numerose modifiche.L’astensione è un modo di contribuire costruttivamente alla creazione, con questo e con i prossimi decreti, di un federalismo equo e che funzioni, al posto di una manovra propagandistica e pasticciata”.
Anche sugli altri decreti sul tema il Pd valuterà caso per caso.
Il Parlamento ha riscritto quasi interamente il testo iniziale proposto dal Governo, lavorando nella Commissione bicamerale sul federalismo appena istituita, unica sede in cui sopravvive un rapporto costruttivo fra maggioranza e opposizioni sulle riforme. La proposta iniziale era molto carente infatti ad esempio nell’area immobiliare si metteva al centro la vendita, piuttosto che l’uso ottimale del patrimonio.
Su iniziativa del Pd, la Bicamerale ha convinto il Governo a numerose modifiche:
– sugli immobili il trasferimento non avverrà una tantum ma attraverso un processo continuo nel tempo, basato su decreti biennali (es: se un ente territoriale vuole vendere un bene, deve prima approvare la variante urbanistica per la sua valorizzazione);
– i proventi delle alienazioni vanno utilizzati per l’abbattimento del debito pubblico, quello locale (75%) e quello nazionale (25%), si tratta di un importante segnale di rigore in una fase di instabilità delle finanze pubbliche europee;
– si è chiarito che non verranno trasferiti i parchi nazionali e le riserve naturali protette, e neppure i giacimenti di petrolio e di gas;
– sono stati introdotti limiti per garantire l’unitarietà del sistema energetico nazionale ed evitare impatti negativi sui prezzi dell’elettricità;
– è stato promosso l’inserimento nel decreto di un impegno al governo per organici interventi in materia di dissesto idrogeologico, da programmare insieme alle Regioni.
Le principali criticità, che hanno impedito un voto favorevole, riguardano il fatto che il codice civile non è stato ancora coordinato con le modifiche legislative apportate dalla legge 42, e che, insieme ai beni demaniali, vengono trasferiti a Regioni ed enti territoriali costi di manutenzione non quantificati.
Vi è poi un ulteriore punto di debolezza che riguarda l’esclusione dei beni appartenenti al demanio della difesa, protetti da norme precedenti. Su questo tema il governo ha mostrato una vocazione molto poco federalista.
Le nostre proposte, accolte dalla maggioranza e dal governo, hanno migliorato il testo della bozza di decreto legislativo licenziata dal Consiglio dei ministri, lacunosa, farraginosa e contraddittoria. Il punto è che si poteva fare decisamente di più, come spiega su Europa Marco Causi.
Infatti l’esclusione degli immobili in uso al Ministero della Difesa mette fuori gioco le occasioni di valorizzazione più interessanti, mentre sui costi di gestione e manutenzione occulti dei beni trasferiti rimane una totale incertezza, che rischia di riservare brutte sorprese agli enti locali coinvolti.
All’astensione dei democratici ha atto da contraltare a sorpresa il voto a favore dell’IDV, con Antonio Di Pietro che ha addirittura tenuto una conferenza stampa congiunta con il minsitro Roberto Calderoli. Curioso per chi si vanta di essere l’unica opposizione…
Conferenza che è stata usata per criticare la scelta dell’astensione del Pd.
Il vicesegretario del partito, Enrico Letta, a ‘Radio anch’iò, ha respinto ogni polemica sulla scelta di astenersi sul federalismo demaniale: “Non ci sono tattiche. Se ci convincono votiamo a favore, se non ci convincono votiamo contro. Se i cambiamenti sono abbastanza ma non troppo, ci asteniamo. Non c’è nessuna dietrologia”. E Letta ha replicato alle accuse mosse ai democratici proprio su questo punto: “Di Pietro, senza aver dato alcun contributo alla discussione di merito, per motivi semplicemente politici ha deciso di fare qualcosa che dal suo punto di vista spiazzava il Pd, cioè votare a favore”.
Senza pensare alle conseguenze politiche della sua scelta, per un titolo di giornale.
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