Confesso di aver capito poco o nulla dell’utilità pratica (e dell’equità) del federalismo demaniale e di quello fiscale spiegate a «Ballarò» dal governatore del Piemonte Roberto Cota (Lega Nord). Ne sono uscito più allarmato che mai. L’Italia unita rischia di impiccarsi alla data-capestro del 21 maggio entro cui il primo va approvato in forza della legge-delega n. 42 del 2009.
Sappiamo da ieri che Bossi, dismesso l’elmo celtico e vestito non so se da Urbano II, papa francese, promotore della Militia Christi e della Prima Crociata, o da Godefroy de Bouillon (Goffredo di Buglione), muoverà da Piacenza verso sud con una “crociata” leghista. Non sappiamo invece quanto costerà il federalismo fiscale. Noi ridiamo, però c’è chi ci crede e la Lega, il più fedele alleato di Berlusconi, va avanti: il Pdl marcerà compatto sul il federalismo demaniale, prima tappa di quello fiscale? Il solo a levare moniti severi sull’Unità d’Italia è il presidente Napolitano. Le opposizioni non alzano barricate (forse per non dispiacere i propri sindaci e governatori). L’italico “spezzatino” può anticipare la secessione del Nord che Bossi vuole da sempre.
Il federalismo demaniale trasferisce beni sinora di tutti agli enti locali e regionali per supportare altre competenze trasferite alle Regioni. Il loro valore era stimato sui 5 miliardi di euro. Poi ridimensionato a 3,2 e anche meno (escludendo le Regioni a statuto speciale). Beni fino ad oggi posti a garanzia del crescente debito pubblico e che ora verrebbero “valorizzati”, cioè svenduti (il mercato immobiliare è fermo e gli enti locali affamati di soldi), e addio garanzia. Inoltre, la maggior parte di tali beni è al Nord e il 27% nel Lazio. C’è un meccanismo perequativo? Cota vi ha accennato, ma non s’è capito. Per ora è certo che ne trarrebbero vantaggi il Nord e il Lazio e svantaggi il solito Sud.
Sono caserme, tratti di costa, spiagge (le concessioni sono già gestite dalle Regioni peraltro), il demanio idrico e quello marittimo, poligoni di tiro, importantissimi dal punto di vista paesaggistico perché ragioni di sicurezza hanno imposto di conservare intatte enormi aree tutt’intorno. Avremo il sacco di beni oggi di tutti? Non rendono molto e però sono collettivi. Mancano nove giorni alla data-capestro e mancano anche elenchi dettagliati di quei beni. Ne sono esclusi quelli di “alto valore culturale”. Chi li individua? Non si sa. Le Soprintendenze? Non è certo.
Siamo dentro una crisi epocale che esige una cabina di regìa forte e un ferreo controllo della spesa. Mentre il federalismo i centri di spesa li moltiplica. Perché dovremmo impiccare l’Italia alla data del 21 maggio? Per l’alleanza Bossi-Berlusconi? Per i deliri dei Crociati leghisti stile 1096? Noi ridiamo, ma loro vanno avanti.
L’Unità 13.05.10