economia, lavoro

"Cambiare strada è possibile", di Laura Pennacchi

La fase nuova della crisi, segnalata dalla “tragedia greca”, dal superfondo anticrisi e dall’ottovolante delle borse cui stiamo assistendo in questi giorni, può essere affrontate e contrastata. Per farlo, tuttavia, non dobbiamo ricorrere a finanziarie di tagli senza strategie di crescita, come quella riproposta da Tremonti, ma a un vero shock politico. Sono ad esempio convinta che il centrosinistra debba proporre una riforma fiscale per l’Italia, inmod oda ridurre l’onere delle tasse sui redditi di lavoratori e pensionati e da modificare la composizione del prelievo aumentando il peso di quello sui patrimoni e sulle rendite finanziarie. Tuttavia non penso – a differenza di altri, tra cui Carlo De Benedetti – che la via attraverso cui dare all’economia e alla società italiana lo shock di cui ha bisogno sia quella “fiscale”. E non solo perché la perdita di gettito conseguente a un massiccio abbassamento della pressione fiscale risulterebbe in contraddizione con la necessità di non aggravare il già terribile deficit del bilancio pubblico o perché sarebbero tutte da verificarne le implicazioni redistributive (l’imposizione sulle “cose”, per esempio, ha effetti redistributivi regressivi). Ciò che mi preoccupa, è che il messaggio dello “shock fiscale” veicoli un irriflesso ritorno al dogma neoliberista basato sul trinomio “meno tasse, meno regole, meno Stato”, secondo il quale bastava affidarsi agli automatismi del “meno tasse e più mercato” perché i problemi della crescita fossero magicamente risolti. La crisi globale ci ha detto e ci dice come sta andando a finire. Di più, la crisi, non essendo un incidente di percorso ma il cedimento strutturale di un intero modello di sviluppo, reclama politiche altrettanto strutturali come, ad esempio, il “Piano del lavoro” proposto dalla Cgil.Nona caso l’attuale fase della crisi economico- finanziaria, con l’esplosione delle problematiche occupazionali, mostra la necessità, non tanto di rilanciare una domanda di beni tradizionali e maturi, quanto di intervenire su un’offerta segnata da eccessi di capacità produttiva e, al contempo, stimolare una domanda di beni nuovi, legati ai bisogni sociali, alla conoscenza, all’ambiente, alle energie rinnovabili. L’obbiettivo di rilanciare la crescita per uscire dalla crisi è duplice: da una parte sostenere la crescita in situazioni di fortissimo stress dei bilanci pubblici; dall’altra cambiare, in corso d’opera, la struttura stessa della crescita. Anche il piano politico è ugualmente coinvolto in maniera duplice: da una parte, c’è bisogno di “politiche strutturali” assai più che di trasferimenti monetari (quali sono, in termini indiretti, anche i benefici fiscali); dall’altra, occorre restituire forte peso alla “programmazione” e a un intervento pubblico capace, non solo di regolare, ma anche di “orientare”.

L’Unità 11.05.10