CAMPANIA. Nell’aria da giorni, il governo ferma le ruspe con un decreto legge. Del resto il Pdl lo aveva promesso prima delle regionali. Legambiente: «Ossigeno per camorra e affaristi del cemento selvaggio».
«Sono sospese fino al 30 giugno 2011 le demolizioni degli immobili destinati esclusivamente a prima abitazione nel territorio della Regione Campania». È il testo del nuovo decreto legge approvato ieri mattina dal Consiglio dei Ministri che ferma le ruspe e gli abbattimenti di immobili abusivi in Campania. Era nell’aria da giorni, tanto che il commissario regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, ha denunciato che «in questi giorni gli ordinativi di cemento e materiali edili sono aumentati del 20 per cento per ricominciare subito a costruire».
Un decreto “ponte”, in attesa che il neo presidente della Regione del Pdl, l’ex socialista Stefano Caldoro, riapra i termini dell’ultimo condono, quello del 2003. Che in Campania era stato bloccato dalla precedente giunta Bassolino con due provvedimenti poi dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale. Del resto il Pdl aveva promesso di fermare le ruspe già durante la campagna elettorale. «Abbiate fiducia in noi, l’unica speranza è quella di arrivare al governo regionale, poi il nostro governatore si assumerà la responsabilità di non demolire nemmeno un pilastro di questi edifici», aveva promesso ai campani il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna.
Mentre a Castellammare di Stabia, sempre in campagna elettorale, il ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, assicurava: «Troveremo il modo per bloccare gli abbattimenti delle abitazioni abusive». Tanto che per sancire una “pax elettorale” il Prefetto di Napoli fermò gli abbattimenti durante le elezioni. Ma ora le ruspe avevano ripreso a lavorare. Giovedì erano partiti gli abbattimenti a Torre del Greco (Na) ma il sindaco del centrodestra Ciro Borriello critica il decreto: «È come se una persona commettesse una rapina senza finire in carcere».
Le abitazioni abusive, individuate dalla procura di Napoli sono 66mila. Del resto il secondo business della camorra, dopo i rifiuti, è proprio il cemento selvaggio. La fotografia scattata da Legambiente è impietosa: 60mila nuove case abusive costruite negli ultimi dieci anni. In media 6.000 all’anno; 500 al mese e 16 ogni giorno. Una piaga concentrata soprattutto nella provincia di Napoli, a Casal di Principe, sulla Costiera amalfitana e nelle isole di Capri, Ischia e Procida. Oltre 9.000 le domande di condono, presentate solo a Ischia: quasi una ogni due famiglie. Per grandi e piccole colate di cemento spesso in aree vincolate, pari al 60 per cento del territorio campano.
Gli ambientalisti sono sul piede di guerra. L’arrivo del decreto, il giorno dopo l’Earth day, è un brutto segnale. «Una decisione molto grave – denuncia Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania – che darà nuovo ossigeno all’illegalità e alla malavita, a fronte di un tentativo di superare l’edificazione selvaggia che da anni attanaglia la Campania». Il testo iniziale, presentato dal senatore napoletano Carlo Sarro, condannato ieri dalla Corte dei Conti a versare 40mila euro nelle casse del Comune di Piedimonte Matese (Ce), di cui era sindaco, per aver «mal organizzato il sistema di raccolta dei rifiuti», per fortuna è stato modificato.
La Lega ha preteso che le demolizioni continueranno per gli immobili abusivi realizzati in zone sottoposte a vincoli, paesaggistici e ambientali, e di quelli che costituiscono un pericolo per l’incolumità pubblica o privata. Le ruspe erano partite in seguito a una mappatura dell’illegalità realizzata dal Corpo forestale dello Stato, sorvolando la Campania in elicottero e confrontando le immagini registrate con i dati catastali. Anni di lavoro andati in fumo, per decreto. Secondo il rapporto “Ecosistema rischio” di Legambiente, in Campania l’86 per cento dei Comuni è a rischio idrogeologico e manca una seria politica di manutenzione del territorio. Inoltre l’81 per cento delle amministrazioni ha abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi e in zone a rischio frana.
Mentre il 25 per cento ospita nelle aree pericolose interi quartieri, scuole, ospedali e alberghi. «Non sono bastati i morti di Ischia e le tragedie come Sarno – spiega Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd – a denunciare che l’abusivismo è una piaga di questo Paese, che rende fragile il territorio, inquina l’economia, alimenta gli appetiti criminali e fa pagare alla collettività prezzi altissimi».
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«Il nostro lavoro in fumo», di Giulio Finotti
INTERVISTA. Lello Magi è il magistrato napoletano che ha scritto la sentenza che ha decapitato il clan dei Casalesi: «Questo è un atto di sfiducia nelle altre istituzioni che si stavano già impegnando sul territorio».
«Non si possono fermare gli abbattimenti lì dove è chiaro che vi è stato un forte intervento delle organizzazioni criminali per realizzare quelle costruzioni». L’allarme è quello di Lello Magi, quarantasette anni, magistrato napoletano, estensore della sentenza che ha decapitato il cartello dei casalesi, di recente vittima di un messaggio intimidatorio della camorra. Solo pochi giorni fa una presunta striscia di sangue è stata ritrovata sulla porta della sua abitazione a Caserta.
Un episodio sul quale si sta indagando, e che potrebbe rappresentare un avvertimento dei clan per il lavoro che il magistrato svolge presso la Procura di Santa Maria Capua Vetere. Proprio da chi combatte le attività imprenditoriali criminali, è arrivato il grido d’allarme per il decreto legge approvato ieri dal governo, che blocca le demolizioni delle abitazioni abusive.
Giudice Magi, qual è la sua valutazione del decreto approvato oggi dal governo che sospende gli abbattimenti delle costruzioni abusive in Campania fino al giugno 2011?
La notizia non è una di quelle che può creare sentimenti positivi. Nella migliore delle ipotesi è una presa d’atto di una situazione che si basa su una illegalità, che viene in qualche modo sanata. Alla fine viene consentito il protrarsi di una situazione di contrasto con la legge. Non può essere una buona notizia, soprattutto in rapporto alla situazione estremamente negativa esistente.
Il ministro Carfagna ha dichiarato che il governo non poteva consentire che molte famiglie restassero senza casa, dunque è una questione di solidarietà?
C’è un abusivismo diciamo di necessità, che crea un problema. Però a mio parere la questione doveva essere affidata agli organismi competenti, come la Prefettura, che avrebbe provveduto ad una graduazione, anche temporale, delle demolizioni, sulla base anche dell’abuso e della tipologia. Penso che gli organismi preposti stavano operando e che avessero realizzato una lista di priorità. Questo è anche un atto di sfiducia nelle altre istituzioni del territorio. C’è il grosso problema di verificare, caso per caso, la tipologia di abuso e la provenienza delle risorse economiche messe in campo per realizzarle. Le indagini su questo devono essere molto accurate. A volte troviamo interi quartieri o città che vengono tirati su in pochi giorni, con progetti approvati in breve tempo dai Comuni. Quelli sono casi sicuramente legati all’imprenditoria criminale. Spero sia chiaro che queste situazioni non possono rientrare nel meccanismo di blocco.
Come si può effettuare questa distinzione?
Bisogna indagare sulla provenienza delle risorse utilizzate per commettere gli illeciti. Per quelli realizzati con fondi di ambito familiare e utilizzati da soggetti che non hanno effettivamente alternative di abitazione sono d’accordo anche io con il blocco. Ma non in casi di interventi più massicci, provenienti da realtà economiche operanti sul territorio. Va accuratamente valutato caso per caso, anche perché la presenza di persone nelle costruzioni potrebbe essere solo un meccanismo di elusione della norma.
Quali sono le difficoltà nel contrasto all’abusivismo edilizio al Sud?
Tante. Dal mio punto di vista, che è più di carattere generale, visto che mi occupo più di attività criminali che di abusivismo edilizio, anche se ci sono dei contatti tra le due cose, il grosso problema è quello dell’assenza di una chiara pianificazione amministrativa dell’utilizzo del territorio. Lacune degli enti locali e degli altri soggetti che hanno la gestione del territorio: l’utilizzo massiccio delle risorse criminali le cui capacità di infiltrazione e corruzione negli apparati della pubblica amministrazione sono sempre state molto forti. Se a questo si aggiunge la scarsità dei mezzi di controllo, che a volte vengono utilizzati solo in maniera episodica, si ha il quadro della situazione attuale.
da www.terranews.it
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