Tutti contro il disegno di legge Gelmini: l´Università di Torino raccoglie l´invito dei ricercatori già in stato di agitazione e fa suoi i motivi della protesta, organizzando il primo tavolo d´ateneo per la pianificazione delle prossime iniziative di dissenso. Lo si è deciso ieri pomeriggio, dopo una conferenza di ateneo alla quale hanno partecipato qualche centinaio tra studenti, ricercatori e docenti dell´Università. Il primo incontro è fissato per venerdì prossimo. Dopo la relazione di Sergio Roda e di Mario Dogliani che hanno fatto un quadro delle difficoltà nelle quali verserà l´ateneo se passerà la riforma della Gelmini, dopo un intervento di Alessandro Ferretti, rappresentante dei ricercatori e di Helios Marchelli, presidente del Senato studenti, di Igor Piotto della Flc Cgil e di Paolo Bertinetti, preside della facoltà di Lingue, tutte le componenti di ateneo hanno concordato: c´è la necessità quanto mai urgente di organizzare un movimento congiunto per dire no alle nuove regole che si discutono in questo momento al Senato con la legge e i suoi ottocento emendamenti. «Abbiamo bisogno del sostegno dei docenti – dice Alessandro Ferretti, ricercatore di Scienze che in queste settimane ha coordinato la mobilitazione di quello che è stato chiamato lo “sciopero bianco” – non vogliamo che questa sia solo la protesta dei ricercatori, dobbiamo far sentire chiaramente che l´Università è in pericolo nel suo complesso e che ci sono atenei disposti a lottare per difenderla». I due temi più discussi ieri sono stati quello della “governance “che cambierà radicalmente qualora passi la legge, e del reclutamento, che interessa Torino particolarmente perché da qui ai prossimi tre anni saranno 800 circa i docenti che andranno in pensione.
Intanto la mobilitazione dei ricercatori ha raggiunto adesioni davvero incredibili in quasi tutte le facoltà (manca Medicina, Lettere che si riunisce la prossima settimana così come Scienze politiche): a Scienze della formazione 42 ricercatori su 48 hanno aderito alla protesta per la quale non saliranno più in cattedra, a Economia il 45 per cento dei ricercatori, a Scienze sono 140 su 180, ad Agraria 35 su 50 e aumenteranno ancora, a Veterinaria i due terzi circa. Da un primo calcolo approssimativo si è stimato che in tutta l´Università di Torino sono più di 350 i ricercatori che hanno firmato con la propria adesione. Il che significa che in alcune facoltà, come per esempio Scienze della Formazione, il prossimo anno non partirà nessun corso di laurea.
La Repubblica/Torino 10.04.10
Pubblicato il 10 Aprile 2010