L’ex premier: “Ridare al cittadino la capacità di contare”. “Nei comuni, dove il rapporto è più diretto, teniamo”
“E’ stata dura”. Un nubifragio. Poi l’arcobaleno. Bologna accoglie così il ritorno di Romano Prodi. Professore, si sente Noè, votato ancora a salvare l’arca del centrosinistra? “Per l’amor di Dio. Sono arrivato che pioveva da matti. La mia esperienza politica è finita. Servono giovani. Ho 71 anni e ogni tanto rischiano di farmi sentire un ragazzo. Io al massimo ho cercato di dare una mano, mica sono quello che se ne va sull’Aventino. Certo è stata dura e adesso c’è tanto lavoro da fare”.
Non si riferisce alle durezze del cielo l’ex premier che due volte su due ha sconfitto Berlusconi alle urne. Guarda alle difficoltà terrene del centrosinistra, persino nella “sua” Emilia-Romagna, sempre meno rossa, meno di altre in Italia. Il Professore venerdì ha voluto chiudere la campagna elettorale a fianco di Vasco Errani, il governatore confermato per la terza volta, pur perdendo oltre il 10 per cento e che è riuscito a trascinare in Consiglio regionale un listino composto – escluso il bersaniano segretario del Pd – da funzionari di un centrosinistra sognato e ancor più pesantemente segnato. Quando a Bologna tutti gli uomini di partito sono stati bocciati. Ed è stata amarissima la festa di piazza di ieri sera con un pugno di fedelissimi travolti da un diluvio. Proprio mentre Prodi tornava in città dopo due giorni di vacanza a Roma con moglie, quattro nipoti, due figli, due nuore, una in attesa del Prodino n.5.
Turista non per caso, via da tutto, attento a tutto. Preoccupatissimo per le regioni del Nord più vicino al resto d’Europa andate in blocco al centrodestra. Fino all’ultimo Prodi ha sperato in Mercedes Bresso. E nel miracolo Emma Bonino “che ha fatto tutto quel che poteva” in una Roma, in un Lazio in cui la Chiesa ha inciso fino all’ultimo. Il Professore non vuole fare dichiarazioni, teme che “qualsiasi cosa” alimenti tensioni.
Sarà, come sempre, al fianco dell’amato Pierluigi Bersani. Rifiuta il ruolo che in strada continuano a chiudergli di presentarsi come il solito salvatore. Pensa a come muoversi, parteciperà con qualche uscita ponderata alla riflessione del Pd. “I partiti sono essenziali ma lo è anche il loro rinnovamento” è la sua linea. La preoccupazione è che il confronto continui tutto interno, senza coinvolgere un’opinione pubblica “che rifiuta sempre più i giochi chiusi dei partiti”. “Anche se tirare sassi contro i partiti è diventato un esercizio largamente condiviso, non ho mai visto funzionare una democrazia senza un ruolo forte e attivo dei partiti politici”.
Il ragionamento va ben oltre il semplice rinnovamento. Riguarda una società cambiata, anche nella vecchia Emilia-Romagna in cui sono esplose la Lega e Grillo. I giovani, i ceti nuovi non votano Pd. Una riflessione su cui si giocano il futuro Errani (e lui è il primo a riconoscerlo) e il partito. Attentissimo ad ogni rapporto, ha telefonato all’ex premier anche Maurizio Cevenini, recordman della Regione, oltre 19 mila preferenze, bolognese sopportato dal suo Pd e che va a cercare voti allo stadio, nelle strade, alle feste, ai matrimoni, onnipresente in ogni angolo.
“Bisogna ridare al cittadino la fiducia, la capacità di contare. Nella vita quotidiana di partiti che di vita quotidiana ne hanno sempre meno e nel momento del voto” dice Prodi. “Non è un caso che in ogni competizione elettorale si moltiplichino le lamentele sulle candidature a cui i cittadini sono chiamati a dare il proprio voto”. “Dove il rapporto è più diretto, nei Comuni, teniamo, vinciamo” ragiona, guardando a Lecco, Lodi, Venezia. L’importante è capire che “le risposte non possono venire da questa destra”. “La sfida è su riforme che interessano tutti, capaci di dare ai giovani una nuova speranza. La povertà che sta dilagando, la differenza fra il costo del lavoro e quanto il lavoratore prende davvero, la scuola, l’università, la ricerca, la drammatica qualità della vita di molte delle nostre città, soprattutto nel Sud”.
da www.repubblica.it