Per una scuola come la mia, con ottocento studenti frequentanti, se fossimo in Svezia riceveremmo 4milioni e 700mila euro». Ma siamo in Italia e l’istruzione pubblica è ridotta a Cenerentola. Al liceo Classico “Socrate” di Roma, nel popolare quartiere della Garbatella, la dirigente – professoressa Gabriella de Angelis – è costretta suo malgrado a chiedere un contributo di cento euro alle famiglie per tirare avanti.
Una “tassa” per il funzionamento che altrove è di 150euro l’anno e da volontaria sta sempre di più diventando un “obolo” obbligatorio. Il motivo di tutto questo? Le casse vuote delle scuole e la perenne “sofferenza” degli istituti scolastici che avanzano dallo Stato crediti per milioni di euro che il governo continua a negare. I fondi arrivano solo per le private, la pubblica è stata messa in mutande.
Ma la Gelmini, “maestra unica” dell’Istruzione, bacchetta i presidi e fare promesse che suonano come propaganda. Come l’ultimo “verbo” diffuso dalle colonne del Messaggero: «I presidi con troppa leggerezza chiedono contributi alle famiglie.Sono contraria, va evitata questa prassi lamentosa. La scuola è pubblica non deve costare. Sicuramente per il prossimo anno dovremmo stanziare risorse per le spese ordinarie: una cifra – promessa da ministro – di 10 milioni di euro».
Professoressa de Angelis, ha sentito? Arriveranno risorse per le spese correnti. È più tranquilla? «Basta una semplice divisione per far capire l’entità della promessa: 10 milioni di euro da dividere per il totale degli istituti scolastici che in Italia sono 10.500. Con mille euro copro appena il funzionamento spicciolo per venti giorni». Circa mille euro a scuola. Briciole…
«Il problema è stato mal posto. Le scuole sono in sofferenza da tempo. È accaduto nel 2006/2007 e anche in seguito,ma delle risorse anche se poche alla fine arrivavano. Quest’anno invece non arriverà un euro. Ci è stato detto chiaramente che il ministero non è in grado di saldare il debito che le scuole avanzano».
A quanto ammonta il credito del “Socrate”? «Negli ultimi due anni è di 150mila euro». E in cassa, quanto avete? «Per l’anno finanziario 2010 è stato preannunciato un fondo di 116mila euro. Al netto delle spese, ci restano però appena 5-6 mila euro. Nulla… ». Come spenderete questi soldi? «80mila euro circa servono per il fondo integrativo di istituto: pagare cioè il salario accessorio agli insegnanti e al personale non docente per le ore eccedenti e le attività non previste dal contratto. Altri 30mila euro per gli esami di Stato. Ci restano 5/6mila euro per il funzionamento amministrativo, didattico e le supplenze per tutto l’anno scolastico».
Non vi resta che battere cassa sulle famiglie? Ma non è una ingiustizia? «Il contributo volontario non è un’invenzione delle scuole: è previsto dalla legge 40 del 2007 ed è finalizzato a tre obiettivi: innovazione tecnologica e didattica (computer, laboratori multimediali, progetti per l’offerta informatica) e la piccola manutenzione degli edifici».
Anche voi rifiutate l’iscrizione di chi non salda il contributo volontario? «Non l’abbiamo mai fatto e pensiamo di non arrivare mai a questo. Noi chiediamo 100euro e quest’anno non l’abbiamo aumentato. Sono proprio le famiglie a determinare l’utilizzo di questo fondo volontario e a controllare come i circa 80mila euro vengono spesi».
Lei si definisce una “dirigente dalla mentalità gestionale rigida” come dice la Gelmini? «Il bilancio delle scuole non è rigido da tempo. Non c’è bisogno di interventi legislativi da quandoc’è l’autonomia.
Personalmente e anche i genitori l’hanno fatto, abbiamo raccolto l’invito della ministra a cercare sponsor. Abbiamo provato a cercare anche istituti di credito. Purtroppo abbiamo riscontrato una difficoltà delle banche persino a gestire la cassa della scuola: per loro c’era molto lavoro e poco guadagno».
L’Unità 29.03.10