Sette su tredici: è un risultato soddisfacente che rimetterebbe il Pd e il centrosinistra in marcia. È questo, seconso il segretario del Pd Pierluigi Bersani, l’obiettivo al quale deve puntare il centrosinistra alla regionali. «Da parte mia -ha affermato in un’intervista al Tg5- non ci sarà il balletto su chi ha vinto o chi ha perso le elezioni. Io mi sono dato l’obiettivo di vincere nella maggioranza delle regioni che vanno al voto, perché questo per noi rappresenterebbe una netta inversione di tendenza in modo che il partito si possa mettere sulla strada di un cambiamento per il futuro, per dare agli italiani la possibilità di un’alternativa rispetto al presente». «Noi ci presentiamo con candidature molto forti e mi dispiace moltissimo che Berlusconi abbia insultato Mercedes Bresso e Emma Bonino che -ha concluso il segretario del Pd- sono due persone di primissimo livello e valore».
«Noi siamo l’unico paese al mondo in cui non c’è‚ mai un confronto tra i contendenti, perché‚ Berlusconi li evita e fa solo comizi. Per questo abbiamo una campagna elettorale così astratta e lontana dai temi concreti», ha detto il segretario del Pd. «Il ministro Maroni ha detto a Unomattina che “La competizione” Pdl-Lega alla vigilia delle Regionali può considerarsi una competizione virtuosa tra alleati».
Il segretario del PD, oggi impegnato in un tour elettorale in Liguria, ha risposto a una domanda sull’aumento della pressione fiscale durante il governo Berlusconi. «I dati dicono che quest’anno lavoriamo per lo Stato fino al 23 giugno, è il record. Non c’è mai stata una pressione fiscale del genere, naturalmente per chi le tasse le paga».
A Imperia, nel feudo del ministro Claudio Scajola (PDL), il segretario del Partito Democratico ha girato a piedi tra i banchi del mercato settimanale firmando autografi e abbracciando chi lo riconosceva e lo salutava. «Oltre alle tasse – ha aggiunto Bersani – è aumentata anche l’evasione fiscale e sono aumentati i condoni. È ora di smetterla con le favole, sulle tasse hanno mancato totalmente l’obiettivo. Bisogna che qualcuno glielo dica in questo appuntamento elettorale».
L’Unità 26.03.10
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“Maratoneta Bersani”, di Marco Damilano
Il Pd è già in ripresa. E prepara l’alternativa. Ma il tramonto del berlusconismo sarà un percorso lungo e agitato, non una bolla che scoppia all’improvviso. Intervista al leader del Partito democratico
Alla fine della campagna elettorale più pazza del mondo, la lista del Pdl esclusa a Roma, i talk show della Rai oscurati, i ministri in corteo, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, alla sua prima campagna da leader nazionale, ragiona sul dopo voto: “Berlusconi ha di nuovo spinto sull’acceleratore della sua anomalia populista. Ancora una volta la scelta di campo, il bene e il male, con me o contro di me. Ha fatto il capopopolo, il capolista, il caporedattore del Tg1, tutto tranne che il capo del governo. Con in più il giuramento dei candidati governatori nelle mani dell’Imperatore, gli insulti ai questori, la restrizione degli spazi di informazione, la riduzione della politica a comizio: il suo”. E il Pd? “Si è percepita una nostra capacità di ricomporci, di metterci all’altezza della sfida”, afferma Bersani, prudente: “I motori hanno cominciato a girare. Diciamo la verità: solo due mesi fa nessuno ci avrebbe scommesso un euro. Erano i giorni in cui si parlava di caos nel partito. Ma io ero sereno”.
Bill Emmott ha scritto che “la bolla Berlusconi sta per scoppiare”: condivide?
“Penso, e non da oggi, che Berlusconi non può più tirare la palla avanti, non ha più niente da dire sul futuro. È un surfista, sta sull’onda, ma prima o poi l’onda incontra la spiaggia. Il partito che ha fondato sul predellino è sbandato alla prima curva. Questo è importante anche per noi, dobbiamo sapere che per batterlo serve il passo dell’alpino. Però voglio essere sincero: sono un ottimista strategico, ma non credo a uno scoppiare delle bolle…”.
Berlusconi ha trasformato il voto regionale in una scelta di campo: in caso di sconfitta dovrebbe dimettersi?
“Non andiamo al voto per chiedere la caduta del governo. Ci aspettiamo che gli italiani scrivano al presidente del Consiglio una brusca letterina: così le cose non vanno. Nel caso le cose dovessero andar male per loro vedremo cosa succederà nel loro mondo. Mi sembra che da quelle parti, penso a Fini o alla Lega, non ci sia una grande chiarezza su cosa fare dopo il voto”.
Che timidezza, segretario. Sembra quasi che lei tema un crollo improvviso del berlusconismo che potrebbe piovervi addosso.
“Nessuno si illuda che il tramonto del berlusconismo sia un processo lineare. Sarà invece un percorso agitato, e avrà un carattere di pericolo. Più sentirà il consenso sfuggirgli di mano, più Berlusconi cercherà di stringere i bulloni. Noi dobbiamo saper cogliere questa fase di crisi non essendo speculari. Dobbiamo dire la nostra su come vogliamo la fase successiva, il dopo”.
Lei sta battendo molto sulla Lega: “Che pena vedere il Carroccio che tiene la sedia dell’Imperatore”, ha esclamato l’altro giorno alla Camera. Se Bossi dovesse vincere in Veneto e Piemonte il rischio secessione diventa concreto?
“La rottura dello spirito civico, la frantumazione corporativa, l’atomizzazione della società, la fine della solidarietà tra le diverse regioni sono fenomeni molto profondi cui non si possono dare risposte retoriche, la Lega è solo una parte di questa vicenda. Se andiamo al cuore, Berlusconi regge perché esiste la Lega. È la Lega che deve spiegare come mai da partito anti-burocratico e moralizzatore si è ridotto a votare tutte le più vergognose leggi ad personam”.
Cosa ha pensato quando ha visto Berlusconi e Bossi abbracciati sul palco di Roma?
“Mi hanno fatto venire in mente una canzone di Vasco Rossi: “Toglimi di dosso quelle mani che mi dai”. Bossi è determinante per la tenuta del governo e detta le scelte. Qualche mese fa Berlusconi voleva le elezioni anticipate e Bossi glielo ha impedito. “Stai fermo lì”, gli ha detto. Prende tempo e si prepara al dopo anche lui. Ora vuole vincere le regionali, e poi…”.
E poi? Cosa c’è nel day after delle regionali? Per Berlusconi c’è il presidenzialismo.
“Non prendiamolo solo sul serio, facciamo almeno metà e metà. Lui stesso non ha le idee chiare, non sa che fare… Per noi al primo posto c’è la riforma della legge elettorale. Quella attuale fa schifo, lo dicono tutti. Cambiamola sulla base di un criterio: restituire ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari, con riferimento al territorio. Qualcosa di simile al Mattarellum, che dia spazio ai collegi uninominali. Discutiamo di riduzione del numero dei parlamentari, federalismo, costi della politica. E confrontiamoci sulle riforme economiche e sociali”.
L’Espresso 26.03.10