Tasse universitarie. Spiace che un quotidiano autorevole comunichi informazioni non del tutto corrette. Spiace ancor di più se l’errore, sicuramente in buona fede, va comunque a danno di una buona notizia. Mi riferisco alle importanti agevolazioni sulle tasse universitarie introdotte a favore degli studenti a basso reddito dall’ultima legge di bilancio per l’anno accademico che sta per iniziare. Parlo della cosiddetta No tax area per studenti che hanno un Isee inferiore a 13.000 euro (soglia che peraltro molti atenei hanno elevato per scelta dei propri organi direttivi). L’autore dell’articolo sostiene che per godere dell’esenzione occorre “essere in pari con gli esami”, che – tradotto – significherebbe aver sostenuto all’inizio dell’anno accademico tutti gli esami previsti dal piano di studi per l’anno precedente, vale a dire 60 crediti ogni anno. Non è così. Anzi (peraltro si tratterebbe di un requisito di merito molto “alto”, che non viene richiesto nemmeno ai ragazzi che concorrono per avere la borsa di studio). Per l’esenzione del primo anno non occorre dimostrare di aver conseguito crediti, per quella al secondo anno bisogna averne almeno 10 al 10 di agosto e per gli anni successivi almeno 25. In altre parole, il requisito di merito non è stato considerato per poter usufruire di questa agevolazione perché l’obiettivo da raggiungere è quello di superare uno degli ostacoli che si frappongono tra il percorso universitario e i giovani a basso reddito e socialmente deboli (che tutte le indagini ci dicono essere la fascia sociale meno presente nella platea studentesca): le tasse universitarie, tra le più alte d’Europa, do Regno Unito e Olanda.
Pubblicato il 24 Agosto 2017