Venerdì mattina, quando andai al Meucci appena appresa la notizia dell’atto vandalico cui era stato oggetto l’istituto, negli sguardi dei docenti e degli studenti che si aggiravano nei pressi dello stabile colsi lo stesso sgomento che mi colpì nel vedere tanta devastazione inferta volontariamente. Uno sgomento dovuto alla impossibilità di comprendere le ragioni che possono spingere qualcuno a generare una tale distruzione fine a se stessa (i danni alla scuola ammontano a 70mila euro circa). Lo sgomento aumenta, oggi, nell’apprendere le motivazioni che gli autori di questo scellerato gesto – tutti giovanissimi, figli di famiglie di immigrati, studenti di istituti di carpigiani – avrebbero rappresentato agli inquirenti: sarebbero stati spinti dal tentativo di ricreare, dal vivo, un videogioco popolare (che spopola da anni tra i giovanissimi e sulla cui opportunità di commercializzazione forse dovremmo cominciare a ragionare) che prevede siano rubati degli automezzi a caso, si facciano quanti più danni possibili cercando di sfuggire alla polizia per poi vantarsi delle “prodezze” compiute. Nella realtà, le forze dell’ordine con celerità (anche grazie alle numerose telecamere che hanno permesse di seguire puntigliosamente tutto il percorso di questa “notte brava”) hanno portato avanti il lavoro investigativo e hanno individuato i responsabili; i 5 mezzi rubati sono quelli del trasporto pubblico e sono stati pesantemente danneggiati (tanto da dover essere tutti sostituiti); quanto scritto dai ragazzi sui social sarà usato a supporto dell’accusa. Come è possibile che a 15/16 anni qualcuno non riesca a distinguere, come direbbe Ligabue, tra “palco e realtà”? Non voglio avventurarmi nel campo della psicologia d’accatto e della generalizzazione: ci sono coetanei, italiani e non, dei ragazzi arrestati che hanno ben chiaro il senso di responsabilità e il limite delle proprie azioni, senza rinunciare all’esuberanza giovanile e senza confondere la lotta alle convenzioni con il sovvertimento delle regole della convivenza. Non possiamo comunque restare indifferenti al fatto che sfidare la noia come se si fosse dentro un videogioco sta causando morti e feriti in Italia e in Europa: quelli che si fanno i selfie con i treni in corsa, quelli che si lanciano da balcone a balcone, quelli che si arrampicano ad altezze pericolose… per non parlare degli orrori estremi, come quelli che sterminano la famiglia per una misera eredità (è accaduto anche di recente nel ferrarese). Da appartenente alla “comunità educante” (poco importa che io non abbia figli: quanto accaduto interpella tutti!) mi chiedo cosa possiamo fare, a partire anche da una sanzione che sia sì esemplare, ma anche riabilitativa e realmente rieducativa, perché tutti, dall’età adolescenziale abbiano piena consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni, poiché è altissimo il costo sociale di comportamenti “inconsapevoli”. C’è evidentemente molto da fare, nella scuola e nelle famiglie, che paiono sempre più come fragili gusci di noci tra i marosi della quotidianità.
Pubblicato il 24 Aprile 2017