Su Fb, un utente tra i tanti ha ammesso di avere paura di Trump; un interlocutore ha risposto “Perché? È Presidente USA non Europeo”. Un altro ha aggiunto “Perché ti fa tanta paura? Non ti spaventa di più il cartello che gli si oppone e sembra apparentemente intenzionato a scatenare anche una guerra civile?” e un altro: “Preoccuparsi di Trump e dimenticare i danni causati al mondo dai guerrafondai Bush, Clinton (marito e moglie) e Obama mi pare francamente eccessivo”. Una spigolatura di opinioni – e come tali fondate su convincimenti forti ma magari non avvalorate dai dati oggettivi – che dimostrano come anche in Italia di fronte a Donald Trump, il popolo si “spacchi a metà”. Da noi è già accaduto vent’anni fa, alla nascita della parabola berlusconiana: il Silvio nazionale convinse metà del Paese che la sua esperienza imprenditoriale avrebbe rifatto grande l’Italia, a partire dal milione dei posti di lavoro. Sappiamo com’è andata a finire: il promesso miracolo è rimasto nell’agenda, la crisi del 2008 non è stata interpretata in tempo (qualcuno ricorda i 3 provvedimenti estivi del 2011?) e sul versante squisitamente politico i conservatori-liberali sono stati surclassati dai populisti di Salvini. Ma si sa, la Storia non è realmente maestra di vita quindi quanto accaduto in Italia non ha condizionato l’elettorato statunitense: da due giorni è presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il plurimiliardario. Di lui si è scritto e letto moltissimo e non avrei mosso commenti se non avessi letto i commenti di cui sopra oggi, dopo che il primo atto del Presidente è stato cominciare a smantellare l’Obamacare mentre una marea di donne e uomini nel mondo marciava contro la sua politica. Rispetto all’Obamacare ha mantenuto la promessa: con un decreto del Presidente il programma dal quale dipende l’assistenza sanitaria per 20 milioni di americani a basso reddito è stato limitato, pertanto milioni di famiglie potrebbero perdere l’assistenza in assenza di assicurazione. Servirà questo a ridare priorità e sicurezza a quella classe media, sfiduciata e impaurita, che ha sostenuto l’ascesa di “The Donald”? I dubbi sono legittimi, ma vedremo. Un inciso: qualcuno (sotto il riflesso condizionato del benaltrismo) si starà chiedendo perché preoccuparsi della sanità statunitense invece di quella nazionale: l’incremento di 2 miliardi del Fondo sanitario e l’approvazione dei nuovi LEA dopo 16 anni testimoniano l’interesse al tema… Ma torniamo a bomba: davvero possiamo pensare che nell’era della internazionalizzazione quanto accade negli USA non ci riguardi? Gli effetti del neoprotezionismo annunciato da Trump non si fermeranno ai confini americani, come non vi si fermarono quelli della politica monetaria espansiva della FED, della deregolamentazione del mercato finanziario e della bolla del mercato immobiliare bancarotta, che ebbero sintesi nel fallimento della Lehman Brothers… Il neoprotezionismo è miele per chi paga le conseguenze della disoccupazione e delocalizzazione – distretti industriali e middle class – ma i traumi sono l’esito di molteplici tendenze, globalizzazione e rivoluzioni tecnologiche, difficilmente cancellabili. E la risposta, secondo molti, dipende più da nuove guerre alla povertà – politiche e investimenti sociali, riqualificazione e istruzione, riduzione delle sperequazioni – che non da guerre commerciali, patriottiche o meno“.
Nell’attesa di capire come la situazione evolverà negli Usa – e nel resto del mondo – una certezza di conferma: le donne saranno una spina nel fianco per Trump. Le grandi marce di ieri in tanti diversi Paesi, con le 500mila presenze di Washington questo ci dicono: le donne, e i loro movimenti, vigileranno e lotteranno per la difesa dei diritti conquistati e per le tutele ancora da conquistare (sul sito della Casa Bianca è già stata cancellata la pagina sui diritti LGBT). Di sicuro, ora che Trump dai proclami dovrà passare alla prassi concreta di governo, dovrà tenere conto anche di loro, della loro forza e della loro determinazione. E questa è sicuramente un aspetto, non trascurabile, che fa ben sperare. Mentre noi, da questa parte dell’Oceano, potremmo credere nella Storia maestra di vita e far tesoro della lezione americana che fa suonare, forte, una campana per la sinistra e per il “ritrovare” la sua strada. Scrive oggi Veltroni: la campana di Trump suona anche per la sinistra. O si sveglierà dal suo sonno e dal suo istinto incontenibile a litigare e dividersi, o tornerà a capire che la sua casa è il dolore sociale e il suo linguaggio sono la speranza e l’innovazione oppure sarà soprammobile rissoso di un mondo che andrà da un’altra parte. Condivido. Soprattutto dopo aver letto i resoconti dell’incontro dei partiti che in Europa formano il gruppo ENL, una destra tanto nuova quanto vecchia, ispirata al nazionalismo, al populismo, e ad un mal interpretato patriottismo. Proprio come accade a Trump. E il cerchio si chiude.
photo credit: Susan Melkisethian Women’s March DC 2017 via photopin (license)