Gli italiani si sono recati in massa alle urne, in percentuale poco al di sotto delle elezioni politiche del 2013: e questo è un fatto positivo, che misura lo stato di salute della nostra democrazia.
Si sono recati alle urne per bocciare senza appello la riforma costituzionale. O, forse, per bocciare senza appello il Governo. Le due cose in realtà non sarebbero sovrapponibili, ma mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo, in particolare dopo l’errore iniziale di Renzi di aver “personalizzato” il referendum. Non cerco scorciatoie assolutorie su un risultato netto ed inequivocabile, ma questi mesi di campagna elettorale (fatta di incontri, discussioni, dibattiti…) mi hanno dimostrato che stare al merito della riforma era molto difficile: inevitabilmente si scivolava a parlare di legge elettorale, del Governo, del futuro di Renzi, della minoranza del PD… Dopo 3 successivi voti positivi espressi alla Camera, resto convinta della bontà di questa riforma, che finalmente avrebbe dato corpo alle ipotesi di revisione istituzionale attese da 30 anni, senza stravolgere il nostro impianto di Repubblica parlamentare e permettendo, al contempo, una democrazia decidente. Ma gli italiani su questa proposta si sono pronunciati negativamente e questo, inevitabilmente, è un dato inappellabile. Quindi tutto resterà come ora, almeno per quanto riguarda la Carta Costituzionale. Sul fronte politico, invece, ci saranno molte modifiche che conseguono alle annunciate e mantenute dimissioni di Renzi, comunicate con un discorso ineccepibile.
ps: a Carpi, il mio Comune, contrariamente a quato accaduto nel Paese il sì ha prevalso con il 56,14% dei voti.
pps: vi suggerisco i link a due prime analisi del voto di ieri: la prima dell’Istituto Cattaneo sul comportamento degli elettori dei principali partiti, la seconda del Sole24Ore che mette in evidenza come il comportamento di giovani, disoccupati e meno abbienti abbia influito sull’affermazione del no.