Dopo il via libera del Senato, è tornata alla Camera la proposta di legge sul sostegno alle Scienze geologiche di cui sono relatrice, un provvedimento importante in un Paese caratterizzato da un grave e persistente dissesto idro-geologico, reso ancora più attuale e urgente dalle continue scosse che stanno devastando il Centro-Italia. Oggi abbiamo incardinato il provvedimento in Commissione Cultura e Istruzione dove tutti i gruppi stanno dimostrando spirito di collaborazione. L’auspicio è quello di un iter rapido che possa, magari, concludersi con l’approvazione già in Commissione in sede legislativa. In allegato, il testo della relazione che ho presentato in Commissione in mattinata e che spiega il valore del provvedimento.
Nella seduta del 26 ottobre 2016, il Senato ha licenziato, apportandovi alcune modifiche, il progetto di legge che alla Camera era stato approvato in sede legislativa il 22 aprile 2015 per sostenere gli studi delle Scienze geologiche e le ricerca nel medesimo ambito, anche attraverso la possibilità di istituire nuovi e specifici dipartimenti universitari.
La necessità di tale intervento derivava – e oggi si conferma – dalla considerazione che l’Italia è il Paese con il più alto rischio idrogeologico e sismico d’Europa e con le più diffuse condizioni di dissesto del territorio. Eppure, sia la norma contenuta nella legge n. 240 del 2010 relativa alla istituzione di dipartimenti, sia il mancato investimento nella diffusione e nell’affermazione di una cultura della tutela ambientale e del territorio stanno mettendo a repentaglio le competenze e le professionalità qualificate in ambito geologico. Il contrasto al dissesto idrogeologico e il contenimento degli effetti disastrosi dei terremoti passa anche attraverso la difesa del patrimonio di conoscenza e dell’identità di una disciplina che oggi si trova in grande difficoltà nelle università italiane.
Come ebbe a dire nell’illustrazione del progetto di legge in questa stessa aula, nell’8 ottobre 2014 (due anni fa), l’Italia rischia di cancellare il lavoro di Ardito Desio, che impiegò la sua vita di scienziato per affrancare la geologia dal generico ambito delle Scienze naturali, mettendo l’Italia al passo con i paesi sviluppati. Nel frattempo, sono purtroppo accaduti fatti che consolidano le nostre convinzioni sull’utilità di questo provvedimento e – se mi è concesso – suscitano anche qualche rammarico per non essere arrivati prima a introdurre queste disposizioni.
Si riferisce, evidentemente a tre terremoti del 24 agosto, del 26 ottobre e del 30 ottobre 2016 che hanno colpito il Centro Italia. Non intende fare alcuna polemica, ma affermo che le conoscenze geologiche, sismologiche e di morfologia idro-geologica nel nostro Paese sono di fondamentale importanza e necessitano, pertanto, di avere un sostegno convinto perché si trasformino in cultura diffusa. Le specializzazioni in quelle materie, poi, devono essere messe nella condizione di fare sistema e di poter formare solide scuole scientifiche, affinché il nostro Paese faccia davvero i conti con la sua natura di territorio esposto a fenomeni sismici e di dissesto idro-geologico.
In riferimento alle calamità naturali che hanno colpito il nostro Paese nell’ultimo secolo, gli effetti disastrosi provocati da terremoti di elevata energia si sono verificati in aree sismogenetiche attive, concentrate prevalentemente lungo la dorsale appenninica, ma con riflessi notevoli anche su grandi aree urbane. Molto più diffusi, anche in alcune aree metropolitane, sono gli effetti provocati da esondazioni e fenomeni di mancata regimazione idraulica ed idrogeologica.
Ciononostante, la necessità di sostenere prioritariamente gli studi geologici (e con essi le competenze di prevenzione di dissesto ambientale e di ricostruzione antisismica) per la sicurezza e lo sviluppo delle nostre comunità, non è diventata una politica pubblica strategica, sebbene, in Italia, si siano accumulate conoscenze approfondite e avanzate sui terremoti e sull’assetto idrogeologico, grazie proprio agli sviluppi e alle ricerche della Scienze della Terra. Eppure, la pianificazione in un territorio fragile ed a rischio, come quello Italiano, richiede conoscenze, competenze ed un lavoro integrato in grado di mettere ordine e governare le istanze tra diverse discipline scientifiche, gli ordini professionali, la burocrazia e le istanze territoriali e civiche. Si sente quindi la necessità di politiche pubbliche integrate, che “aggrediscano” i temi della prevenzione (ambiti sui quali molto resta da fare), affrontino la gestione dell’emergenza, inclusiva dell’assistenza sociale in campo formativo e psicologico (nella quale abbiamo già raggiunto livelli di eccellenza) e sostengano la pianificazione urbana e territoriale e l’architettura innovativa in grado di garantire totale sicurezza. In questo senso, il Programma del Governo denominato “Casa Italia”, coordinato dal professore Azzone e che coinvolge anche il senatore a vita e architetto Renzo Piano, costituisce il primo esempio di intervento sistemico e di durata “generazionale”.
In occasione di ogni evento sismico, infatti, gli sforzi si concentrano sulla ricostruzione. E’ normale e giusto, perché restituire un tetto a chi lo ha perso è un imperativo per le politiche pubbliche. Ma, come accennava, durante le fase emergenziali le popolazioni devono essere assistite da molti punti di vista, non solo logistici. Moltissimi hanno perso la casa ma anche il lavoro, la scuola dei figli e gli altri capisaldi della vita sociale. Occorrono quindi interventi di tutela sociale a largo spettro, inclusi quelli psicologici. Ancora, occorre valorizzare gli studi – di cui esistono centri di eccellenza in Italia – per la realizzazioni di infrastrutture e di edilizia pubblica e privata che garantiscano sicurezza. E, a questo proposito, è necessario studiare il più approfonditamente possibile quanto vi è e cosa accade sotto i nostri piedi, poiché la conoscenza geologica, e segnatamente del comportamento delle faglie, è fondamentale poiché gli effetti di un sisma dipendono dalle caratteristiche del sottosuolo, a cui devono corrispondere specifiche tecniche edilizie. Si tratta di una conoscenza da cui discende la nostra sicurezza e quella dei nostri luoghi di vita.
Circa i contenuti della legge, rimanda alla discussione svolta un anno e mezzo fa e su cui i gruppi erano e – si augura – siano tuttora d’accordo, ma li richiama, comunque, in sintesi, stanti le modifiche introdotte dal Senato.
L’art. 1, come modificato dal Senato, dispone che una quota non inferiore a € 150.000 annui del Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti (art. 1, co. 1, del D.L. 105/2003), confluito dal 2014 nel Fondo per il Finanziamento Ordinario delle università (art. 60, co. 1, del D.L. 69/2013), è destinata, a decorrere dal 2017, a incentivare l’iscrizione di studenti capaci e meritevoli ai corsi di laurea della classe L-34 (scienze geologiche) e ai corsi di laurea magistrale delle classi LM-74 (scienze e tecnologie geologiche) e LM-79 (scienze geofisiche). Gli incentivi sono cumulabili con le borse di studio assegnate ai sensi del d.lgs. 68/2012.
Ricorda che il DM n. 552/2016 sui criteri di ripartizione del FFO per il 2016, destina al citato Fondo per il sostegno dei giovani € 59.200.000; tali risorse saranno da ripartire secondo i criteri definiti con il DM n. 976/2014 che, in base all’art. 3, finalizza all’obiettivo di incentivare le iscrizioni a corsi di studio il 10% delle risorse del Fondo stesso, vale a dire, per il 2016, a € 5.920.000. In particolare, la metà delle risorse (per il 2016, € 2.960.000) è attribuita in proporzione alla media tra il numero degli studenti iscritti al secondo anno che hanno acquisito almeno 30 CFU e il numero di laureati entro il primo anno oltre la durata normale del corso di specifici corsi di laurea afferenti, tra le altre classi, anche a L-34 (Scienze Geologiche). Per l’assegnazione del contributo, ogni ateneo determina i criteri e le modalità di supporto ed incentivazione rivolte agli studenti. L’altra metà delle risorse è destinata al sostegno del Piano nazionale lauree scientifiche 2014-2016, che ricomprende anche i corsi di laurea afferenti alle classi L-34 (Scienze Geologiche). In conseguenza delle novità derivanti dall’art. 1 in commento, occorrerà dunque aggiornare il contenuto del DM 976/2014.
L’art. 2, comma 1, come modificato dal Senato, dispone che, per il 2016, l’1% del Fondo per la prevenzione del rischio sismico (destinato, tra l’altro, a studi di microzonazione sismica e a interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico) è riservato al finanziamento dell’acquisto, da parte delle università e degli enti pubblici di ricerca, della strumentazione tecnica necessaria per attività di ricerca finalizzate alla previsione e alla prevenzione dei rischi geologici. Le risorse sono assegnate a seguito di “appositi bandi pubblici emanati, con cadenza annuale” (da emanare entro il primo trimestre 2017) dal Dipartimento della protezione civile. Si segnala che, a fronte di un finanziamento che riguarda solo il 2016, si fa riferimento a bandi da emanare “con cadenza annuale”: si tratta di un “residuo” del testo approvato alla Camera che prevedeva il finanziamento a “regime”, a far data dal 2015.
A questo proposito, segnala che l’art. 21 del disegno di legge di bilancio 2017 prevede l’istituzione del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale e industriale, destinato, fra l’altro, a specifiche misure nel settore della prevenzione del rischio sismico; si potrebbe ipotizzare – in sede di esame della legge di bilancio – di includere in dette misure di prevenzione – il finanziamento a regime della previsione disposta dal comma 1 .
Il comma 2 del medesimo articolo non è stato sostanzialmente modificato dal Senato, se non per aggiornare il periodo di validità della previsione e per includere gli enti pubblici di ricerca tra i beneficiari, al pari della disposizione del comma precedente; ricordo, pertanto, che esso autorizza una spesa di € 1 mln per il 2016 ed € 2 mln per ciascuno degli anni 2017 e 2018, da destinare al finanziamento di progetti di ricerca presentati dalle università e dagli enti pubblici di ricerca, finalizzati alla previsione e alla prevenzione dei rischi geologici. Il finanziamento è attribuito a seguito di appositi bandi pubblici emanati, con cadenza annuale, per ciascuno degli anni del triennio, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
L’art. 3 non è stato modificato dal Senato. Ricorda, quindi, che esso novella l’art. 2, co. 2, lett. b), della legge n. 240 del 2010 al fine di consentire la costituzione dei dipartimenti con un numero minimo di 20 unità tra professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato, purché gli stessi costituiscano almeno l’80 per cento di tutti i professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato dell’università, appartenenti ad una stessa area disciplinare. La disposizione consentirà pertanto la costituzione dei dipartimenti di Scienze della terra che, dall’approvazione della L. 240, hanno subito una notevolissima riduzione e l’accorpamento con altre discipline non appartenenti alla medesima area disciplinare, come, ad esempio, Fisica (afferente all’Area 02 – Scienze fisiche), Botanica (afferente all’Area 05 – Scienze biologiche) o Chimica (Area 03 – Scienze chimiche).