Il Governo ha stanziato i primi 50 milioni per la fase di emergenza, attingendo dal Fondo nazionale per le Emergenze, istituito nel 2013, e che per quest’anno ha una dotazione di 249 milioni. Una scelta politica giusta. Bene, quindi, considerando che nel caso del terremoto Emilia il governo Monti racimolò solo 10 milioni per le prime urgenze (mentre il Fondo della Protezione Civile era stato azzerato). Dopo l’emergenza seguirà la lunga fase della ricostruzione. Ma prevenire non sarebbe meglio? Certo, mille volte meglio tenuto conto, peraltro, che nessuna vita persa, comunque, può essere restituita. Prendiamo Norcia: è vero che non si trova nell’epicentro del sisma, ma l’esperienza dei terremoti precedenti ha insegnato ad intervenire con metodi costruttivi adeguati alla sismicità del territorio e lì non si registra nemmeno un ferito. Eppure, quando c’è da costruire in sicurezza, ma lontani da un’emergenza sismica, i mugugni e le lamentele per l’eventuale incremento dei costi non mancano. Prendiamo un altro esempio, ma di casa nostra, vale a dire le imprese che avevano costruito i capannoni industriali seguendo l’ultima normativa antisismica varata dalla Regione Emilia-Romagna: non hanno riportato danni. Eppure, ricordo ancora le critiche nei confronti della nuova normativa, osteggiata per l’incremento dei costi costruttivi e per la presunta burocratizzazione delle procedure, che qualcuno si affrettò ad attribuire alla volontà della politica di sostenere non la sicurezza dei cittadini ma le ditte costruttrici e i professionisti del settore. Il sisma del 2012 ci ha dimostrato che non era così. Quindi, bisogna andare avanti con la prevenzione. A questo proposito, stamattina i telegiornali rilanciano la notizia che nelle zone colpite dal sisma sono stati pochissimi gli interventi per adeguamento antisismico dei fabbricati privati che potevano beneficiare del bonus fiscale del 65% essendo situate in zona ad alta attività sismica. È una questione sulla quale ragionare, perché anche questi dati dimostrano che non è automatico né scontato che i cittadini vogliano o possano usufruirne. Credo abbia ragione chi attribuisce la scarsa efficacia di questa misura ad alcuni motivi, che andranno affrontati nella prossima legge di Bilancio:
1) la crisi ha impoverito le famiglie intaccandone i risparmi e quindi la disponibilità finanziaria per coprire la quota non agevolata dell’intervento di messa in sicurezza statica; a questo fatto si aggiunge che molto spesso il valore dell’immobile su cui intervenire è inferiore a quello dell’intervento da effettuare, il che esclude anche la eventuale possibilità di accendere un mutuo, ammesso che una famiglia voglia accollarsi un debito in un periodo di crisi… Se non si mette in campo una garanzia statale è molto difficile che la misura possa prendere il largo…
2) posto che la famiglia abbia le risorse per intervenire, può verificarsi il caso che il bonus fiscale superi le detrazioni annue, così che si vanifica il meccanismo compensatorio a vantaggio del contribuente. Un esempio per capirci: potresti detrarre 5000 euro ma le imposte da versare sommano a 2000 oppure addirittura sei a credito. In questa situazione, si annulla ogni beneficio;
3) infine, la norma prevede la detrazione per interventi riferiti a costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttive; le seconde case, magari ereditate dai genitori, non rientrano nella disposizione. Ma abbiamo invece visto come nei paesi colpiti dal sisma (così come accade per la stragrande maggioranza dei piccoli centri appenninici, che hanno subito i fenomeni di depopolamento) sia prevalente il proprio questa tipologia di abitazione.
Sono questioni difficile ed onerose, certo, ma dobbiamo affrontarle per fare in modo che le norme approvate siano realmente efficaci.
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