Siamo tutti lobbisti? Solo nelle fantasie di Di Maio
Non sapevo di appartenre ad una lobby. Mi ci ha iscritto di diritto Di Maio, vicepresidente della Camera, per il quale i malati di tumori sono una “lobby”. Semplicemente inqualificabile. Che abbia scritto e che pensi ai malati di cancro come ad una consorteria tesa a perseguire un proprio limitato interesse (perché è questo il significato circostritto attribuito da Di Maio al termine “lobby”) restituisce la statura morale di un uomo politico che, secondo i media, si starebbe allenando per potersi sedere sulla poltrona di “premier”. Parlo a titolo personale, ma, purtroppo, ben conoscendo i fatti. Un malato di tumore non è un semplice “portatore di interessi”, è una persona che sta lottando per la vita, che vuole riconquistare la sua quotidianità, che, per queste ragioni, può sostenere un’associazione che ha tra i suoi compiti statutari la ricerca di cure più efficaci. Non c’è nulla di “lobbistico” in tutto questo. Ma Di Maio, con le sue parole, riecheggia il suo guru, Beppe Grillo che, se ricordate, nei suoi spettacoli aveva attaccato Umberto Veronesi, precursore della …