L’Istat ci informa di un dato drammatico: nel 2015 le famiglie povere sono 1 milione e 582 mila (incluse quelle che ricevono la pensione sociale), composte da 4 milioni e 598 mila persone, dato che rispetto alla media nazionale le famiglie in difficoltà sono quelle numerose. La Camera giovedì 14 luglio ha approvato la Legge Delega sul contrasto alla povertà, che poggia su un Fondo, istituito dalla legge di stabilità, che dispone di 600 milioni per il 2016 e di 1 miliardo dal 2017, a regime.
E’ la prima volta che l’Italia mette a disposizione risorse strutturali, e non “una tantum”, per un “reddito di inclusione” a chi è in condizioni di povertà assoluta e le accompagna con un coerente piano strategico e operativo. Si tratta dell’avvio di un percorso su basi solide e certe, che si dispone saranno incrementate. Sia chiaro, il nuovo Fondo non sostituisce altri finanziamenti a favore dei cittadini in condizioni di necessità, come il Fondo per la non autosufficienza, il fondo Affitti, il fondo per le famiglie… Abbiamo, finalmente, una misura concreta, realistica e realizzabile, garantita uniformemente sul territorio nazionale, basata sul contributo economico e la presa in carico della famiglia bisognosa per l’accesso alle prestazioni sociali e ai servizi alla persona.
La discussione è stata molto vivace, in particolare per le “proteste” – uso consapevolmente questo termine – più che per le critiche di merito, del M5S. Il reddito di cittadinanza è una “stella polare” del MoVimento, pertanto è palpabile la sofferenza (mista a nervosismo) per la discussione di un provvedimento che affronta in modo sistemico la povertà assoluta e che mostra la strada alternativa a quella da loro proposta. Una sofferenza (ma in questo caso forse si tratta di fastidio) palese negli interventi contro l’emendamento PD che definisce il contributo economico come “reddito di inclusione”. C’è qualcuno, evidentemente, che crede di avere il copyright sulle parole e sulle idee, convinto che prima di lui ci sia stato il nulla. In tema di povertà voglio ricordare che la sperimentazione di un reddito minimo fu introdotta dal primo governo Prodi (ministra Livia Turco) nel 1998, poi cancellato dal governo Berlusconi.
Ne approfitto per un chiarimento sul significato del reddito di cittadinanza, ben diverso dal reddito minimo (le parole sono importanti…).
Il reddito di cittadinanza è un reddito ai componenti di una comunità su base individuale, senza prova dei mezzi o richiesta di lavoro, e di importo uguale per tutti: quindi è un assegno che si riceve senza dover dimostrare di essere povero o in cerca di lavoro. Eccetto che in Alaska, non esistono esempi concreti di applicazione del reddito di cittadinanza.
Il reddito minimo garantito è invece una prestazione monetaria destinata ai bisognosi, che devono dimostrare di essere in condizioni di necessità. L’importo è differenziato a seconda delle condizioni del beneficiario. Seppure con molte varianti, il reddito minimo è presente in tutti i paesi europei, tranne Italia e Grecia. Il Fondo istituito in legge di stabilità 2016 e il Ddl contro la povertà che istituisce il reddito di inclusione, ora approvato, sono passi nella giusta direzione, anche se non conclusivi, per colmare il gap rispetto agli altri paesi europei.
Ad oggi non sono state presentate in Parlamento proposte per introdurre un reddito di cittadinanza. Anche quella del M5S, in realtà, dispone una forma di reddito minimo condizionato.