Dal nostro modesto osservatorio, abbiamo già lanciato l’allarme su cosa significherebbe, non solo per gli Stati Uniti, ma per il resto del mondo, la vittoria di Trump alla corsa per le presidenziali Usa. Ora arriva la conferma della candidatura di Hillary Clinton per i democratici, che ci auguriamo in grado di affrontare – con l’aiuto delle speranze accese da Sanders – l’affondo che Trump, ringalluzzito dai consensi raccolti, sicuramente porterà nel tentativo di conquistare la Casa Bianca. Come politica e come donna, osservo con interesse che dopo un presidente nero, l’America abbia l’opportunità di affidarsi ad una candidata presidente donna. Cosa potrà fare in concreto Hillary Clinton di diverso, e di ulteriore, rispetto a quanto già portato avanti dagli altri presidenti? Molto dipende, naturalmente, dai suoi ideali e dai suoi obiettivi (e dalle lobby, ovviamente…). Sono, però, convinta di un fatto: il genere orienta le priorità. Non è un caso che la Clinton si sia occupata, fin da subito, del piano per la salute messo a punto da Barak Obama, il cosiddetto “Obamacare”. Penso, inoltre, che anche esempi di donne molto conservatrici, ma che hanno conquistato un ruolo di potere, come ad esempio a Margaret Thatcher, sono comunque utili per testimoniare concretamente alle giovani donne in crescita che per loro sono aperte tutte le opportunità. Il successo di Hillary Clinton alle primarie significa anche questo: è caduta un’altra barriera, una donna può aspirare a entrare nella Casa Bianca e non solo come “moglie di…”. Si tratta di un traguardo di forte valenza simbolica, ma non deve limitare l’orizzonte a “quelle poche che ce l’hanno fatta”. L’obiettivo è sfondare il “tetto di cristallo” che separa, in tutti i settori, la massa delle donne e delle lavoratrici dalle posizioni apicali. E’ necessario che un numero maggior di donne possa affollare le posizioni intermedie e quelle apicali. Solo così potremo dire di aver raggiunto quella parità di opportunità che sancirà il definitivo riequilibrio tra i generi.
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