Domani, domenica 5 giugno, entra in vigore ufficialmente la nuova legge sulle unioni civili. La più importante riforma del diritto di famiglia e una conquista di civiltà. Il caso della coppia omossessuale di Torino che si è vista negare l’accesso a una casa popolare da un impiegato dell’Atac obiettore di coscienza trova soluzione positiva in una legge della Repubblica. Per la verità, in Piemonte, esiste già una legge regionale molto avanzata e lo stesso Atac è stato uno dei primi enti a cancellare ogni forma di discriminazione, anche quella basata sul sesso dei conviventi. Eppure, la vicenda torinese ci interroga su un tema non banale, quello dell’obiezione di coscienza. L’impiegato dell’Atac si è dichiarato cristiano ed etero convinto e ha contestato ai suoi superiori l’azione disciplinare in quanto irrispettosa della sua dignità e del suo pensiero. Diciamo subito che la legge sulle unioni civili non prevede ipotesi di obiezione di coscienza, con buona pace dei sindaci leghisti che l’hanno invocata e che, come pubblici ufficiali, sono tenuti a osservare le leggi della Repubblica. Anche gli impiegati degli enti coinvolti non possono, quindi, invocare l’obiezione di coscienza. La Costituzione stabilisce il principio della libertà di pensiero, è vero, ma fin dove può arrivare la mia libertà? Si ferma alla soglia dei diritti costituzionalmente garantiti degli altri. Se no, è banale e brutale prevaricazione. A Torino la vicenda si è comunque sbloccata per la caparbietà delle due donne coinvolte. Ma se, magari per pudore o per quieto vivere, la coppia coinvolta avesse preferito tacere, un diritto legittimamente previsto sarebbe stato calpestato. E’ anche per questo, a tutela chi non vuole o non si sente di “lottare”, che è stata approvata la legge sulle unioni civili, che amplia i diritti a una platea che, fino a questo momento, ne era rimasta esclusa.
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