Una vicenda che fa male e che ci lascia increduli. Possibile che dopo quello che abbiamo passato, qualcuno pensi di lucrare sugli aiuti pubblici, costruendo scuole (e forse altri edifici) con cemento non idoneo a garantire la sicurezza degli edifici in caso di una nuova scossa di terremoto? E’ questo il quadro, inquietante, che emerge dall’inchiesta della Procura di Modena denominata “cubetto”. Quel “cubetto” di cemento, all’apparenza innocuo, veicolo della frode che potrebbe mettere a rischio vite umane. E’ un reato particolarmente odioso, quello su cui si sta indagando. Ancora tutta da capire e da dimostrare, naturalmente, la genesi e la portata della frode, ma anche le responsabilità dei singoli e delle aziende coinvolte. Come cittadini e rappresentanti delle istituzioni non possiamo che chiedere di fare al più presto chiarezza. A cominciare dal numero effettivo di edifici nella cui costruzione è stato utilizzato questo calcestruzzo depotenziato. Occorre dissipare al più presto i dubbi e aumentare la sicurezza dei controlli: in maniera evidente, nel sistema, nonostante tutte le precauzioni adottate, ci sono ancora delle falle. Il sistema dei controlli deve essere tarato ancora più in alto. E occorre incrementare la consapevolezza e la responsabilità sociale delle imprese e delle loro organizzazioni. Sembrerebbe impossibile pensare che possano esistere imprese o singoli con una soglia così bassa di responsabilità etica. Eppure, evidentemente, accade. Un’ultima considerazione sulle intercettazioni telefoniche, che, ancora una volta, si rivelano strumento prezioso. E’ giusto farne un uso appropriato, soprattutto quando vengono incautamente divulgati brani di conversazioni private senza alcuna rilevanza penale. Ma lo strumento è fondamentale per i magistrati e le forze dell’ordine che indagano: questo caso è stato scoperto proprio così, nel corso di intercettazioni volte ad accertare altri reati. Non depotenziamolo come pare essere accaduto per il cemento.
Pubblicato il 30 Maggio 2016