Il bianco e il nero, intesi come emblema di tutto ciò che è antitetico e non solo (e banalmente) come colore della pelle. Il commento del giornalista, nostro conterraneo, Vittorio Zucconi sulle figure del presidente uscente degli Stati Uniti Barak Obama e dell’appena confermato candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump mette l’una a fianco all’altra, plasticamente, due visioni del mondo e due modi di intendere il ruolo della più grande potenza mondiale. Il ponte per Obama, il muro per Trump. La fatica di tessere rapporti per Obama, l’ostentazione della forza per Trump. Lo stesso Obama racconta che i leader del G7 si sono mostrati preoccupati per l’ipotesi che alla guida della più grande potenza mondiale possa andare un uomo che ha, tutto sommato, una visione semplicistica del mondo. Ad ogni suo comizio, crescono le contestazioni e si ingaggiano scontri. Eppure cresce anche il suo consenso in quella parte di America che si sente accerchiata, costretta, non più vincente come un tempo. Il filosofo Zygmunt Bauman oggi prova a leggere il bisogno dell’uomo forte (o apparentemente tale) delle società in declino che puntano, inevitabilmente, sui nazionalismi. L’Europa unita come gli Stati Uniti d’America erano nati proprio per diffondere un diverso ideale di apertura e solidarietà. La paura ci spinge, invece, verso la costruzione di nuovi confini e la chiusura verso tutto ciò che non è conosciuto. Se un Salvini può “far danni”, pensate quanti “danni” può fare al mondo un Trump. #iostooconhillary
Pubblicato il 28 Maggio 2016