Sul web impazza un fotomontaggio che rappresenta una signora (in questo un po’ sessista) che conferisce nel cassonetto dell’indifferenziato molti volti noti della politica nazionale per rimarcare che i suddetti non sono adeguati nemmeno per la raccolta differenziata e che la loro giusta collocazione è tra il materiale non riciclabile. I commenti che accompagnano l’immagine sono ancora più caustici. Purtroppo, abbondano gli esempi di mala-politica che alimentano e giustificano certi giudizi, che hanno trovato nelle parole di Davigo sui politici che una sintesi sferzante ancorché sommaria (in parte mitigata da una sua successiva dichiarazione, che però è stata scarsamente veicolata). Sono immagini e commenti che mi toccano direttamente come donna impegnata in politica e come parlamentare. Così come mi ha toccato direttamente la notizia dell’avviso di garanzia ricevuto dal presidente del Pd campano Stefano Graziano indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, sulla scorta di una telefonata tra due boss mafiosi che lo citano. Lui si è detto fiducioso nell’operato della magistratura e sicuro di poter dimostrare l’estraneità ai fatti che gli vengono contestati. Come esponente del suo stesso partito, fatico perfino a immaginare che possa essere indagato per un reato così grave. Perché sarebbe contraddire una vita di principi. Sarebbe negare quanto mi hanno “insegnato” i miei genitori e i compagni di partito sul “senso” etico della politica. Sarebbe tradire, quindi, come ho inteso e intendo la politica, che è soprattutto servizio al bene comune. Eppure, davanti allo stillicidio di notizie e agli esempi di malagestione della cosa pubblica che la cronaca propone comprendo – ma non riesco a giustificare – la progressiva diffidenza e disaffezione nei confronti della politica e dei politici in particolare. Ma continuo a interrogarmi. I commenti al vetriolo provengono dalla tastiera di persone che conosco e che mi conoscono. Con molte di loro sono cresciuta, ho parlato, mi sono confrontata e di converso loro possono vedere, valutare, quasi “toccare” l’etica che guida la mia vita quotidiana e il mio impegno parlamentare, così come quella di tutti gli altri colleghi eletti nel territorio. Quando parlano di conferire i politici nei rifiuti indifferenziato parlano anche di me, di noi? E allora mi chiedo, questo giudizio, che è sommario perché è praticato senza distinzione rispetto alle responsabilità personali (principio costituzionale, ricordate?), che esiti avrà? Da un punto di vista prettamente elettorale alimenterà, da una parte, l’astensionismo e, dall’altra, le formazioni che pretendono di esprimere una presunta, incontaminata purezza etica, salvo incidenti di percorso come a Quarto e Livorno. Ma c’è dell’altro, oltre a questo esito naturale, che trovo più preoccupante. La frustrazione dei cittadini che traspare dai commenti sul web, al bar o in autobus, in cosa sfocerà? A ripulire i rappresentanti del popolo da ladri, corrotti e corruttori? Non pare, se sto alla storia italiana da Tangentopoli ad oggi. A quello deve pensare, giustamente, la magistratura. E, soprattutto, i tanto negletti partiti, che non possono mancare all’ultima chiamata per una più rigorosa, profonda nonché difficile opera di formazione e selezione della classe dirigente. Che non può essere assegnata ad un semplice clic del mouse (sapete quanti sono gli eletti nel M5S alle politiche del 2013 che hanno cambiato partito? Vi consiglio un approfondimento) o alle sole primarie. Guardate, non sto pensando alle vecchie scuole di partito e nemmeno alla ricostruzione di un apparato di funzionari: al contrario, penso che le formazioni e i movimenti politici moderni debbano essere assolutamente permeabili alla società e ai cittadini, ma poiché un esponente politico è prima di tutto il rappresentante di una intera comunità che si riconosce negli ideali di un progetto politico, allora quell’esponente – così come le sue competenze, le sue esperienze, le sue attitudini, le sue speranze e anche i suoi sogni ideali – deve essere sottoposto a vaglio. Ecco perché credo che i partiti o movimenti politici debbano mettere in campo un percorso di formazione politica, che alla verifica della motivazione altruistica per la cosa pubblica associ la crescita di competenze amministrative, politiche e sociali. Perché questo lungo pistolotto? Perché la politica è un cosa bella, importante, nobile. Che non possiamo buttare nel cassonetto dell’indifferenziato. E, di certo, merita politici disinteressati, puliti, preparati. Quando penso al sindaco e agli assessori della mia città che lavorano 7 giorni su 7, dalla mattina alla sera, con un pesante carico di responsabilità per mero servizio della propria comunità, senza neppure più il contraltare del rispetto sociale generalizzato, non posso non domandarmi “Ma ne vale ancora la pena?”. Io voglio continuare ad essere di quelli che rispondono ancora “sì”, ma constato, con dispiacere, che siamo sempre di meno…
Pubblicato il 28 Aprile 2016