«Vagavo da un anno per le scuole e sentivo che qualcosa non tornava. La relazione con i nativi digitali incalzava, e io continuavo a promuovere la lettura come venti anni fa. Mi sono interrogata più volte su quale fosse il mio ruolo, cosa poter dire a un nativo digitale per creare nella sua mente e nel suo cuore uno spazio al libro di carta, alla lettura tradizionale, lenta e profonda. Li ho guardati negli occhi i ragazzi, li vedevo agitare le loro dita svelte sulle tastiere dei telefonini, leggevo i loro commenti sulla rete, li spiavo per non arrendermi. Questo ho fatto in questi ultimi due anni mentre un pezzo di certezza storica del mercato crollava sotto l’effetto della crisi. Ma ciò che più mi angosciava era il sentire con assoluta chiarezza che mediare lettura come fatto fino a ora non potrà più funzionare per il futuro. Quest’anno rilancio. Ho intuito la direzione da intraprendere e resto a scuola, con coraggio, senza abbandonare il campo tra nativi digitali, io immigrata digitale prestata all’opera, in un mondo che è cambiato in maniera sostanziale e che ha bisogno di una misura tra vecchio e nuovo. La lettura di libri per esistere ha bisogno di un sostegno che possa integrare vecchie modalità e nuovi valori, ecco la sfida».
Questo estratto di una lettera lunga, ma piena di passione, che ha il ritmo della vita e non stanca mai, appartiene a Daniela Bonanzinga, 53 anni, entrata nella libreria di famiglia a Messina, in via dei Mille, esattamente trenta anni fa con in tasca una laurea in lettere conseguita in tre anni e mezzo e il desiderio coltivato da bambina di perdersi tra una pagina e l’altra, di trasmettere la forza viva della lettura, fare un ponte tra scuola e libreria, genitori e figli. Avere raccontato la settimana scorsa la storia di Elisabetta Balduzzi, la libraia di Voghera che è diventata editore, mi ha consentito di “viaggiare” grazie alla posta dei lettori da un capo all’altro del Paese con i mille racconti dei mille angoli delle librerie indipendenti, dove la fisicità del libro persiste e il fascino della lettura e del consiglio d’autore s’incrociano, preservano un incanto tipicamente italiano, in particolare della sua provincia, e di una certa borghesia.
Ringrazio tutti e non mi stancherò mai di ripetere che le librerie indipendenti sono il cuore e l’anima della cultura di questo Paese, ne custodiscono qualcosa di prezioso perché mettono insieme la profondità della conoscenza e le pulsioni dei territori e delle loro famiglie, il fascino discreto di tanti, piccoli scrigni che custodiscono valori e memoria, scienza e economia, letteratura, filosofia, emozione e tanto altro. Ho scelto, però, di raccontare la storia di Daniela Bonanzinga, libraia di Messina da sempre, perché mi intrigano il suo racconto, la sua storia e la sua voglia di futuro, l’ostinazione di volere continuare a far dialogare la scuola e la libreria, il desiderio assoluto di riuscire a parlare ai nativi digitali, farli entrare nel libro della storia. Si percepisce la determinazione a ripetere con loro l’esperimento di molti anni fa da lei stessa tenacemente perseguito con il progetto “la libreria incontra la scuola” (leggere con “il cervello emotivo”, cioè, leggo per conoscere, mi emoziono e, quindi, conosco) dove la lettura «è mediata da attività creative» che spingono gli studenti a esprimersi con il loro linguaggio, a restituire proprie interpretazioni, a tornare ad innamorarsi della lettura, e fa finalmente dialogare insegnanti, studenti e genitori.
L’esperimento è riuscito, cinema e teatri stracolmi di studenti-lettori, incontri con autori che scaldano i cuori del pubblico, emozionano e conducono così alla lettura, la libreria e la scuola che «per una volta viaggiano insieme» e toccano le coscienze. Ora Daniela si è messa in testa di parlare ai nativi digitali, e lo vuole fare a modo suo: «Direttore, mi sono detta, ma come possiamo pensare di imporre a questi ragazzi la nostra arroganza intellettuale da vecchi bacucchi? Dobbiamo ascoltare molto e poi parlare, dobbiamo dimostrare prima a noi stessi e poi agli altri che il “commercio fisico” del libro è una realtà importante…», è bello constatare che tutto ciò viene da una libraia di Messina, la porta della Sicilia, per una volta il modello del cambiamento non arriva dal Nord. Non lo dice, ma è come se volesse dire, fatemi entrare un’altra volta nel mondo della scuola e vedrete che cosa succederà. Non so se i nativi digitali potranno amare davvero il vecchio, caro libro di carta, ma la sfida dei valori merita di essere combattuta, per noi e, soprattutto, per i nostri figli. È bello, ripeto, che questa sfida parta da Messina, dalla centralissima via dei Mille, in una libreria che ha mezzo secolo di vita, con una libraia laureata in lettere e innamorata del suo mestiere come fosse il primo giorno. Risento la voce di Daniela: «Dobbiamo porci molte domande, invece che abbracciare finte verità, mi creda, a salvare il libro di carta potranno essere solo i ragazzini se li sapremo ascoltare». Mi sembra un buon inizio di una sfida temeraria e ho voglia di spronarla, speriamo che il tempo sia galantuomo e ripaghi tanto coraggio.
Pubblicato il 2 Agosto 2015