M a è davvero esistito un tempo in cui si rideva delle battute di Flaiano, si andava da Rosati, si parlava dell’ultimo libro e dell’ultimo film e il mondo ci pareva normale? Sembra impossibile. Siamo passati in breve dall’età dell’oro all’età del ferro, dall’età moderna al Medioevo, dall’età dell’uomo all’età della bestia, delle orde selvagge, delle teste tagliate. E migliaia di disperati in fuga dalle guerre, le bombe, gli stupri, di disperati con mogli e con figli,vaganti per mesi, per anni nei deserti, in viaggi interminabili di fame e di sete di freddo, fino a un mare infido dove molti affogano quando sono vicini alla meta, fino a un’isoletta troppo piccola per accoglierli tutti, fino a un Paese troppo povero e in grandi difficoltà nonostante gli sforzi che fa.
Com’è diventata insopportabile la vita che facciamo quando tanto dolore ci invade attraverso gli schermi della televisione mentre stiamo nella stanza sul divano a guardare quelli che sono inghiottiti dal mare! Io non trovo le parole per dire come all’improvviso mi sembra strano e inopportuno continuare a fare le cose che facevo prima, continuare a mangiare, a bere, a dormire; e com’è diventato inconsistente quello che prima ci sembrava desiderabile, leggere un libro, andare al cinema o al ristorante, scrivere.
Non si può più, io non posso più sentirmi normale vedendo quello che accade, non ce la faccio.
Non riesco più a fare le solite cose quando la mente è invasa dal fango delle cattive notizie come una città dopo un’alluvione e non puoi liberartene, spazzarlo via, distrarti in qualunque modo, sai che non puoi farlo e non devi farlo. Sono vecchio, ti dici, inattivo, imbelle, come posso adoprarmi per intervenire, per aiutare, per collaborare in un modo qualsiasi? Posso solo restare umano, cioè posso solo soffrire per il dolore degli altri? E sapere che ciò che accade è intollerabile, che la storia è una scia di sangue e un incubo dal quale vorremmo ridestarci?
So che non serve dirlo, anzi non dovrei dirlo. Ma provocare questo mio stato d’animo c’è qualcosa di terribile quasi quanto l’orrenda odissea dei disperati che naufragano in vista delle nostre coste e delle nostre navi ed è l’atteggiamento di una per fortuna piccola parte di italiani. Un atteggiamento che nasce da una mentalità arcaica e incapace di accettare l’esistenza dell’altro, un atteggiamento che non so se definire cinico indifferente; un atteggiamento che ci arriva attraverso gli stupidi insultanti messaggi anonimi inviati attraverso il web, cioè attraverso la sentina dei peggiori istinti. In compenso fa da contrappeso a tutto questo e lo supera, lo strenuo prodigarsi della nostra gente, davvero italiani brava gente, per salvare tante vite anche a rischio della propria vita.
Ma fino a quando potrà? È sicuro che siamo al limite, così come è sicuro che l’afflusso dei migranti non avrà fine e anzi con la buona stagione aumenterà. Come faremo? Tutti dovrebbero capire, ma capire davvero, che trovare un modo per affrontare questa evenienza è urgente e però a me sembra che questa urgenza non sia al primo posto come dovrebbe. Mi pare che l’Italia sembra sempre occupata nelle beghe interne dei partiti e della politica, che il senso delle proporzioni si sia perduto e che anche i giornali non mettano nel giusto rilievo che mentre si dà tanta importanza a ciò che fa Renzi e se ne teme l’autoritarismo, mentre si parla con vero interesse di pensioni e vitalizi e si fanno sottili distinzioni tra le diverse tendenze, non vediamo la cosa enorme che ci sta davanti come l’onda sul capo al naufrago — dove in questo caso il naufrago siamo noi e la nostra azione politica, noi e l’Europa, noi e tutto ciò che dovremmo fare e non facciamo; e intanto l’onda si fa sempre più alta e minacciosa e annuncia uno tsunami, mentre noi ce ne stiamo a parlare di Civati e di Berlusconi e di altre simili bazzecole.
Sappiamo bene, tutti lo sanno, che il problema dei migranti non può essere risolto da una sola nazione e tanto meno da una nazione come la nostra che attraversa un momento terribilmente difficile, per la povertà, le disuguaglianze, la corruzione, l’inadeguatezza politica. Ci sono nazioni, è vero, che hanno accolto più extracomunitari di quanti ne accoglie l’Italia; ma queste nazioni, la Francia, la Germania, l’Olanda, la Gran Bretagna non hanno la fragilità economica e strutturale dell’Italia e soprattutto non hanno i confini aperti sul mare, non hanno l’incubo che abbiamo noi ogni giorno di dire quanti saranno, quanti annegheranno se non corriamo a soccorrerli? Non possiamo ignorarli, li vediamo ogni giorno alla televisione, non possiamo vietare il transito come fanno l’Austria e la Francia, ma fino a quando possiamo resistere in queste condizioni? Questo è a tutti evidente, non solo a chi soffia sul fuoco e non dà mai una soluzione, mai la minima indicazione «fattibile nell’immediato» sul che fare. Sanno solo denunciare e approfittarsi dello stato delle cose, mai una via d’uscita possibile. Dite che non bisogna più accogliere i migranti? Benissimo, diteci per favore come si fa.
Le soluzioni che proponete sono irrealizzabili, e lo sapete, e nel migliore dei casi richiederebbero anni per realizzarsi. Perciò l’unica via d’uscita è un’equa ripartizione delle quote di migranti da distribuire nelle diverse nazioni europee, ma bisogna far presto perché si sta perdendo tempo e perdere tempo vuol dire contare i morti. E poi che fa la politica in un momento come questo? Invece di unire tutti in un solo sforzo, la politica continuamente si divide in infiniti rivoli di contestazioni, opposizioni, distinguo, che irritano perché troppo sottili e perché non si capiscono. L’unica cosa che si capisce è il solito anarchico particolarismo italiano, quello che sin dal tempo passato ha fatto esclamare «Ahi serva Italia!». Non è un caso che la lingua parlata nell’inferno sia la lingua italiana, non quella di Dante ma quella delle intercettazioni e quella di questo particolarismo politico estremo quanto inconcludente.
Di fronte a tutto questo i nostri pensano di poter fermare l’invasione dei migranti affondando le navi degli scafisti, ma così non si taglia anche l’unica possibilità di fuga dall’incendio di tanti disperati? No, bisogna pensare ad altre soluzioni, sapendo che quello che accade è una catastrofe di proporzioni incommensurabili, cui non è facile por rimedio arrestando qualche scafista e affondando qualche battello.
Bisogna far capire graziosamente, e anche non graziosamente, al signor Cameron e a chi come lui si è reso responsabile della guerra in Libia, dunque anche agli americani e ai francesi, che oggi non si può con ributtante egoismo tirarsi indietro e dire che tutto va bene tranne che far sbarcare i migranti nel proprio Paese e che solo all’Italia spetta il compito di accoglierli.
Pubblicato il 25 Maggio 2015