L’operazione di salvataggio delle scienze geologiche è un po’ più vicina. Nei giorni scorsi la commissione Istruzione di Montecitorio ha approvato in via legislativa (dunque senza passare dall’aula) la proposta di legge Mariani-Ghizzoni (Pd) che, da un lato, rivede i criteri minimi per la costituzione di un dipartimento universitario e, dall’altro, estende agli aspiranti geologi le agevolazioni e i premi oggi previsti per gli iscritti agli altri corsi di laurea scientifici (su cui si veda Scuola24 del 4 febbraio ). La palla passa ora al Senato dove la maggiroanza spera di riuscire a incassare anche il secondo sì in sede deliberante
La modifica della legge Gelmini
Tutte le università italiane hanno modificato i loro statuti, attivando i nuovi dipartimenti sulla base dell’articolo 2, comma 2, lettera b), della legge Gelmini del 2010, che fissa a 35 il numero minimo di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato per attivare un dipartimento. Un tetto che sale a 40 nelle «università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei». Su questi limiti interviene ora l’articolo 3 della proposta di legge Mariani-Ghizzoni, stabilendo che possano bastare anche 20 unità tra professori e ricercatori «purché gli stessi costituiscano almeno l’80 per cento di tutti i professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato dell’università appartenenti ad una medesima area disciplinare».
L’impatto sui dipartimenti
La misura – assicurano le proponenti – non stravolgerà l’assetto dell’organizzazione attuale e non porterà a una nuova proliferazione dei dipartimenti come quella che ha preceduto la riforma Gelmini. A beneficiarne dovrerro essere infatti solo quelli di «scienze della terra» che stanno rischiando l’estinzione dopo anni di limitazioni sul turn over e, forse, quelli di scienze politiche ma solo in limitate università. A confermarlo sono gli ultimi dati diffusi dal Consiglio universitario nazionale secondo i quali i docenti e i ricercatori dell’area delle scienze della terra in Italia sono passati dai 1.250 del 2006 ai 1.020 attuali con una contrazione del 18% e nel 2018 scenderebbero a 900. Come se non bastasse i 1.020 professori dell’area delle scienze della terra risultano dispersi fra 50 atenei in 94 dipartimenti diversi con una media di meno di 11 unità per dipartimento. Sopravvivono, in condizioni precarie, solo 8 dei 38 dipartimenti esistenti prima della riforma: Bari, Firenze, Milano, Napoli “Federico II”, Padova, Pisa, Roma “La Sapienza” e Torino. E anche questi avrebbero vita breve se la legge non andasse in porto.
Le altre misure
A sostegno delle scienze geologiche intervengono anche le altre due disposizioni del provvedimento. Sulla falsariga di quanto fatto per le altre lauree scientifiche, l’articolo 1
istituisce, limitatamente al quinquennio accademico2015/2016-2019/2020, premi e buoni di studio a favore degli studenti iscritti a corsi di laurea appartenenti alla classe L-34 (scienze geologiche) o a corsi di laurea magistrale appartenenti alle classi LM-74 (scienze e tecnologie geologiche) e LM-79(scienze geofisiche) attingendo al budget della Fondazione per il merito prevista dalla legge Gelmini. A sua volta, l’articolo 2 destina l’1% del Fondo per la prevenzione del rischio sismico a finanziare l’acquisto, da parte delle università, della strumentazione tecnica necessaria per attività di ricerca finalizzate alla previsione e prevenzione dei rischi.
Pubblicato il 27 Aprile 2015