IL DIRITTO ALLO STUDIO IN ITALIA
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo Messaggio al Parlamento nel giorno del giuramento, ha citato il Diritto allo studio tra i diritti fondamentali da garantire nel rispetto della nostra Costituzione. Infatti, esso è definito dall’ art.34, che enuncia il diritto dei capaci e dei meritevoli di raggiungere i più alti gradi degli studi, anche se privi di mezzi. In fin dei conti, esso si inserisce nella più complessa cornice fornita dal secondo comma dell’Art.3, che affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono di fatto il pieno sviluppo della persona umana, tra i quali vi è senza dubbio il non avere una possibilità, per motivi economici e sociali, di realizzare i propri sogni e le proprie aspettative.
Inoltre, uno degli obiettivi dell’UE per il 2020 è far sì che il 40% della popolazione tra 30 e 34 anni sia laureata. L’Italia è ultima, nel 2012, per popolazione di questa fascia di età con un titolo di studio universitario (21,7%) ed anche il più modesto target del 27% assegnato (rimanendo all’ultimo posto in Europa) potrebbe non essere raggiunto visto il trend di calo delle immatricolazioni. Un efficace sistema di Diritto allo studio può aiutare ad invertire la tendenza prima che sia troppo tardi.
Ulteriori motivi per incrementare il nostro livello di investimenti in istruzione sono forniti dalla ricerca dell’OECD “Education at a Glance 2014”: essa mostra infatti come un’istruzione universitaria di alto livello crea:
– INCLUSIONE E MOBILITA’ SOCIALE
– LAVORO e BENESSERE ECONOMICO
– SALUTE, VOLONTARIATO, PARTECIPAZIONE
Nei 20 paesi dell’OECD è stata evidenziata una forte relazione tra istruzione e livello di partecipazione politica, ad attività di volontariato, salute fisica; in tutti i paesi analizzati, coloro i quali hanno un’istruzione di alto livello hanno un reddito più alto di una percentuale compresa tra il 20 e il 70 percento di chi si attesta su un livello inferiore, inoltre in tutti i paesi analizzati vi è una buona relazione tra livello di istruzione raggiunto e aspettative di occupazione. Da ciò si deduce che i ritorni per il settore pubblico dell’investimento in istruzione in termini di sviluppo economico non sono indifferenti: infatti il ritorno pubblico dell’investimento in istruzione risulta essere fino a tre volte l’investimento stesso. In Italia il tasso di ritorno dell’investimento in istruzione è sotto la media UE, come ci testimonia il Rapporto Anvur uscito nel marzo 2014; per lo stesso rapporto, in un decennio sono calate le immatricolazioni di circa 58.000 unità ed ormai solo un 19enne su tre decide di intraprendere il percorso universitario. I ragazzi che intraprendono gli studi universitari sono costretti a vivere in famiglia (73%) ed il fenomeno del pendolarismo (50,6%) è rappresentativo dell’impossibilità di permettersi una vita da fuori sede (costo medio annuo 7000 euro, dati IRPET). Studiare in Italia è molto più costoso che altrove, oltre che meno remunerativo dal punto di vista lavorativo. Nella speciale classifica sul costo degli studi universitari siamo terzi in Europa, dietro solamente a Paesi Bassi e Regno Unito, con un costo medio annuo di circa 1000 euro per studente (con atenei in cui la media è di circa 1700 euro) mentre diversi stati europei garantiscono un accesso gratuito o quasi (vedi Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Austria o i più simili Francia e Germania, che anno costi medi attorno ai 200 euro). Laurearsi da noi rende solamente nel lungo periodo, visto che la stabilità e le remunerazioni medie arrivano solamente dopo un quinquennio dal conseguimento del titolo (circa 1400 euro netti mensili). Non c’è da stupirsi allora se le immatricolazioni in questo scenario sono in calo, e vedono soprattutto i figli delle famiglie più svantaggiate rinunciare al costo del (lungo) investimento in istruzione, il quale ha un’efficacia tardiva rispetto ad altri contesti (il tasso di passaggio dei diplomati tecnici è sceso dal 42% al 31%, mentre fra i professionali si passa dal 22 al 16%). L’Anvur ricorda inoltre che che la spesa per l’istruzione universitaria in Italia «risulta inferiore a quella media Ocse, sia in rapporto al numero degli studenti iscritti sia in rapporto al prodotto interno lordo»: nel 2010 la spesa per studente in Italia è stata «il 30% in meno rispetto alla media dei paesi Ocse, circa il 40% in meno di paesi come Francia, Belgio e Regno Unito e il 50% in meno dei paesi del Nord Europa e degli Stati Uniti »; L’unico strumento che può permettere un’inversione di tendenza rispetto alle condizioni sociali dei ragazzi italiani è dunque un sistema di welfare studentesco moderno e inclusivo, e sarebbero auspicabili e lungimiranti maggiori investimenti in istruzione, che potrebbero avere ritorni superiori a quelli attuali nel medio-lungo periodo, se accompagnati da significative innovazioni in materia di didattica e ricerca.
Tuttavia, Il sistema del Diritto allo studio in Italia, costituito da un mosaico non uniforme di enti pubblici con dimensione locale o regionale che hanno come mission la distribuzione delle borse di studio, l’offerta di posti letto e l’erogazione di pasti a prezzi calmierati per gli studenti universitari, è, paragonato a paesi con sistemi di istruzione universitaria simili, deficitario:
• Solo il 7% degli studenti riceve una borsa di studio, contro il 27% in Francia e il 30% in Germania, paesi che investono, a parità di popolazione studentesca, nel Diritto allo studio circa 2 miliardi di € l’anno circa, con un trend in aumento, dall’a.a. 2006/07, rispettivamente, del 33% e 34%. Anche un paese più simile al nostro, la Spagna, nello stesso periodo ha aumentato del 59% gli investimenti in tale settore, portando al 18% la quota di studenti che riceve una borsa di studio, sul totale. Fa da contraltare il trend negativo dell’Italia, che ha ridimensionato dell’8% la spesa, portando il fondo integrativo statale a 162,6 milioni e l’investimento pubblico complessivo a 396 milioni. Negli anni successivi al 2013/14, inoltre, l’ammontare del Fondo Integrativo Statale non potrà essere del tutto riconfermato allo stato attuale a causa dell’articolo 42 dello Sblocca Italia che prevede il loro rientro nel Patto di Stabilità, dal quale erano prima esclusi; il secondo è la gestione non sempre efficiente da parte delle regioni, il cui esempio più lampante è la regione Campania, la quale non rifonde nel sistema nemmeno la totalità delle entrate che riceve attraverso la tassa regionale;
• Il 25% degli idonei (oltre 46.000 studenti) non riceve la borsa, il paradosso del sistema: studenti che, pur avendo, per i requisiti di reddito (e di merito, per gli anni successivi al primo) diritto alla borsa di studio, ne sono esclusi;
• Gli alloggi per studenti coprono appena metà del fabbisogno, con punte del 20% di copertura nel sud del paese;
• I servizi sono spesso carenti, diversi tra regioni: il sistema di ristorazione è altamente inefficiente nei casi di esternalizzazione del servizio, per cui un pasto può costare allo studente fino a 7€, ed efficiente nel caso di gestione diretta, per la quale non si superano i 3-4€. Il sistema dei trasporti pubblici locali spesso somma ad inefficienze proprie l’impossibilità di aiutare efficacemente gli studenti pendolari e gli enti al Diritto allo studio non sempre intervengono in maniera mirata ed efficace;
• Il finanziamento statale è insufficiente e programmato solo di anno in anno non consentendo una programmazione di medio-lungo periodo agli enti che si occupano di erogare borse e servizi, che anzi si aspettano tagli e tendono ad essere prudenti nelle scelte di investimento.
E’ dunque evidente la necessità di invertire la rotta e dare al Diritto allo studio la dignità che merita come diritto costituzionalmente garantito attraverso una riforma del sistema che ne garantisca l’efficacia, risolvendo in via prioritaria i seguenti problemi:
• Eliminare gli studenti idonei non beneficiari, assegnando la borsa a tutti gli idonei
• Avere un controllo sulla spesa delle regioni
• Unificare enti inefficienti e bandi per l’erogazione delle borse, per una gestione più semplice, identica sul territorio nazionale e scevra da costi burocratici aggiuntivi.
• Far sì che le modifiche intervenute nel calcolo dell’ISEE non influenzino la composizione numerica della platea di riferimento per l’accesso ai benefici e alle riduzioni delle tasse universitarie
GLI STEP PER IL DIRITTO ALLO STUDIO
1) Implementare l’Osservatorio nazionale per Diritto allo Studio Universitario, attribuendogli i seguenti compiti:
– individuazione best practices amministrative e di controllo che rendono maggiormente efficienti gli enti al Diritto allo studio e permettono risparmi sui costi di gestione
– definizione del costo standard delle prestazioni erogate allo studente borsista
– valutazione degli enti e delle aziende al Diritto allo studio, segnalando a Ministero e regioni quelli inefficienti per adottare gli opportuni provvedimenti
2) Definire annualmente dei Livelli Essenziali delle Prestazioni,
Che la Costituzione individua come strumento principe per l’effettiva e uniforme erogazione dei diritti costituzionalmente garantiti: essi devono essere basati su criteri univoci, analitici ed uniformi sul territorio nazionale in base al costo delle prestazioni oggetto del Diritto allo studio e non strumento statistico di riduzione dei benefici erogati; l’adempimento degli obblighi così definiti deve essere svincolato dalle situazioni di bilancio degli enti. I LEP per i fuorisede devono essere definiti in base al costo della vita nella regione di riferimento.
3) Razionalizzare le aziende al Diritto allo studio, unificando gli enti inefficienti:
E’ necessaria una gestione più uniforme degli enti al diritto allo studio ed arrivare a definire percorsi di integrazione che permettano di avere un ente in ciascuna regione: è un processo che va affrontato con rispetto delle autonomie locali e dei diversi percorsi seguiti dagli enti ma nell’ottica di abbattimento degli sprechi e delle inefficienze, in particolare stabilendo criteri di efficienza a cui gli enti si devono attenere, in termini di bilancio e di servizi erogati.
4) Programmazione triennale del fondo integrativo statale:
Per dare la possibilità a regioni, enti e studenti di programmare investimenti ed erogazioni. La programmazione dovrebbe essere incardinata su:
– distribuzione proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni, determinato in base al numero e all’importo delle borse e al costo standard dei servizi erogati in base ai LEP
– obiettivo zero idonei non beneficiari in tre anni, attraverso un graduale aumento del FIS (a regime, un investimento annuo di ulteriori 150/200 mln di € da parte dello Stato e una compartecipazione regionale adeguata, con coperture che garantiscano stabilità) e l’apertura di un tavolo ministero-regioni sul problema. Ad esso si deve accompagnare la definizione di un criterio unico per la soglia minima di accesso ai benefici del Diritto allo studio, basata sul costo della vita, per evitare squilibri tra le regioni e eque condizioni di accesso ai benefici
FINANZIARE IL DSU
L’ultimo finanziamento statale per il DSU è stato di soli 162 milioni di euro, distribuiti non solo in base al fabbisogno ma anche con un meccanismo punitivo folle che provoca sbalzi per singola regione anche di 15 milioni di euro l’anno. La tassa regionale pagata dagli studenti è uguale per tutti, in violazione del principio di progressività della tassazione e non vi sono sanzioni in caso di non rispetto dei vincoli di destinazione della tassa regionale al Diritto allo studio e di finanziamento del sistema in misura minima del 40% del fondo statale ricevuto. Proponiamo:
• Possibilità di commissariamento degli enti Diritto allo studio inefficienti, data dall’articolo 120 della Costituzione, in caso di mancata attuazione dei LEP (la programmazione triennale del fondo, la sua distribuzione in proporzione al fabbisogno e l’emanazione analitica dei LEP attuano questa possibilità in base a quanto stabilito dalla Costituzione).
• Configurazione dell’ipotesi di danno erariale per mancato apporto del finanziamento regionale al Diritto allo studio in misura minima del 40% del totale : Tanto la dottrina quanto la giurisprudenza della Corte dei conti non annoverano più tra i requisiti del danno erariale la patrimonialità, estendendo quindi la nozione oltre la lesione di elementi patrimoniali, fino a comprendere ogni violazione di interessi pubblici giuridicamente protetti. In quest’ottica, la Corte dei conti ha ritenuto configurabile quale danno erariale il danno all’economia nazionale, inteso come lesione dell’interesse generale alla salvaguardia, all’incremento e al progresso dell’economia nazionale, oppure il danno all’immagine della pubblica amministrazione, inteso come grave perdita di prestigio a seguito del detrimento dell’immagine e della personalità pubblica dello stato o altro ente pubblico derivante da un’azione delittuosa di un suo amministratore o dipendente. Pertanto, gli amministratori che non rispettano le norme sul Diritto allo studio cagionano l’interesse, costituzionalmente protetto, dello sviluppo personale ed economico dei cittadini.
• Determinazione in ogni regione della tassa regionale al Diritto allo studio in funzione del reddito. (Già prevista dal dlg. 68/2012, va resa obbligatoria per tutte le regioni rispondendo ad un criterio di giustizia quanto di bilancio, poiché le regioni che pur rispettando i vincoli non riescono a finanziare totalmente il proprio Diritto allo studio potranno incrementarla fino a 3 volte la soglia minima della macroarea di riferimento. Inoltre, ciascuno studente deve pagare al massimo una tassa regionale anche se frequenta più istituti (es. Università e Conservatorio)).
• Escludere i fondi destinati al Diritto allo studio dal patto di stabilità interno: le regioni e gli enti locali partecipano al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica assunti dal nostro Paese in sede europea attraverso l’assoggettamento alle regole del Patto di stabilità interno. Dal complesso delle spese, calcolato come sopra descritto, sono escluse determinate tipologie, esattamente elencate dalla legge (L. 183/2011, art. 32, comma 4), considerate ‘obbligatorie’. Chiediamo che il finanziamento al Diritto allo studio, considerato che si può annoverare tra esse ed il ritorno in termini di crescita e sviluppo precedentemente descritti, sia escluso dal patto ed assoggettato ad una disciplina a parte, similmente alle spese sanitarie.
REGOLE CERTE PER LE NOSTRE BORSE
Mancano criteri univoci a livello nazionale per la regolamentazione dei servizi e dei benefici per il Diritto allo studio; vi è una necessità di regolamentazione nazionale in merito:
• Criterio unico per la definizione dell’importo minimo di erogazione della borsa di studio: soglia minima compresa tra la base ed un massimo, proporzionale ad un coefficiente determinato in base al costo della vita della città sede dell’ateneo. Base e soglia minima determinate, sulla base del nuovo calcolo dell’iseeu, in modo che la percentuale di idonei alla borsa sia almeno la stessa del 2014, attraverso la determinazione dell’importo per cui, stando alla nuova distribuzione dell’indicatore, rimanga invariata la percentuale degli idonei alla borsa
• Ricalcolo proporzionale della parte monetaria della borsa sopra la base minima nel limite del 15%
• Assegnazione della borsa di studio non oltre il 15/10 di ogni anno e scadenze precise per l’erogazione della stessa: vi sono parti d’Italia dove la borsa viene assegnata a fine novembre e/o erogata per intero dopo anni. Ciò incide sulla certezza del diritto, sull’effettiva possibilità di scegliere dove studiare, sul diritto degli studenti ad una vita decente. Quindi, deve avvenire entro tre mesi l’erogazione di un anticipo pari almeno al 30% della borsa, entro un anno della borsa per intero. Gli enti devono avere però almeno 4 anni per i controlli e gli studenti che ottengono illegittimamente benefici devono renderli con gli interessi, ferma ogni altra sanzione penale e amministrativa per eventuali illeciti
• Notifica automatica della possibilità di ricevere la borsa al momento della presentazione dell’ISEE all’Ateneo: molti studenti non sono a conoscenza della possibilità, data la loro situazione, di ottenere una borsa di studio o ulteriori benefici. Ogni Ateneo dovrebbe, quindi, notificare allo studente tale possibilità al momento di presentazione dell’ISEE, tale possibilità, nel caso in cui lo studente ne possa usufruire anche per criteri di merito. Inoltre, ogni Università e ente dovrebbe dare un’agevole possibilità di presentare l’isee corrente .
• Precedenza del criterio di reddito su quello di merito nell’erogazione di servizi primari, come alloggi e ristorazione: molte aziende utilizzano solo il reddito come solo prerequisito per l’accesso ai benefici, ordinando poi graduatorie per merito. Il reddito deve essere anche criterio di graduatoria, per una maggiore eguaglianza tra i “privi di mezzi”, senza per questo trascurare il merito. Inoltre, i prezzi degli alloggi e dei servizi così attribuiti dovrebbero essere determinati in funzione del reddito.
• Adozione di modelli di governance delle aziende al Diritto allo studio maggiormente efficienti e partecipativi
• Applicazione degli standard di trasparenza della p.a.
• Informatizzazione completa delle procedure di richiesta e assistenza, lasciando che gli sportelli fisici agiscano in via residuale
• Adozione obbligatoria di una “carta dei servizi”, di un “bilancio sociale” ovvero di strumenti idonei a rendere conto del rapporto tra costo e risultato, degli obiettivi raggiunti, dei tempi e della qualità delle prestazioni. Emanazione di documenti con standard “user-friendly”.
• Organi di rappresentanza studentesca negli enti al Diritto allo studio che svolgano una funzione di raccordo tra Atenei, Studenti e Enti. Tali organi, istituiti a costo zero, possono essere di soli studenti, per la gestione di attività sociali e culturali o per segnalare possibilità di migliorare o implementare servizi (in residenze, aule studio, mense). Questo organo non sostituisce ma integra la necessaria presenza studentesca tra i componenti nel Cda.
ALLOGGI: STUDIARE FUORI SEDE
In Italia vi sono appena la metà dei posti letto per studenti necessari: 43.000 contro gli 85.000 aventi diritto. è necessario costruire residenze universitarie che garantiscano un alloggio a chi vuole spostarsi per studiare, e non può permettersi gli affitti delle città universitarie.
Costruzione di residenze universitarie fino a copertura della domanda:
• Emanazione bandi come previsti dalla legge 338/00 , opportunamente rifinanziata,che prevede procedure di cofinanziamento del miur per interventi e progetti di costruzione e ristrutturazione di residenze tramite finanziamenti erogati da cassa depositi e prestiti e sistemi di project financing
• Incentivi al recupero di immobili e residenze abbandonate di proprietà degli enti locali.
• Lo Stato deve inoltre incentivare mediante adeguate politiche fiscali i proprietari di immobili sfitti a mettere i propri alloggi a disposizione degli studenti.
Lotta agli affitti in nero: dalla nostra proposta al CNSU
Attuazione della mozione “Misure per contrastare il fenomeno degli affitti in nero”, approvata dal CNSU nel 2013 e utilizzo dei maggiori introiti derivati per finanziare il Diritto allo Studio:
– Realizzare degli accordi “Anti-evasione” tra ciascun Ateneo e l’Agenzia delle Entrate della città
– “IRPEF cashback”: sgravi sulle tasse universitarie a chi presenta un regolare contratto d’affitto, attuato mediante rifinanziamento degli atenei tramite l’Irpef guadagnata dall’aumento dei contratti registrati
Istituzione di un’ Agenzia degli affitti per studenti gestita da ciascun ente per il Diritto allo studio:
– Mettere in relazione le offerte con le richieste di affitto ed agevola i contatti tra proprietari e studenti/inquilini, calmierando i prezzi di mercato;
– Offrire assistenza totalmente gratuita fino alla stipula del contratto e oltre, fornendo vantaggi per gli studenti e per i proprietari;
– Possibilità di stipulare contratti di breve durata (da 6 a 36 mesi rinnovabili);
– Possibilità di subentrare nei contratto di locazione al posto di un altro studente, senza complicazioni burocratiche;
– Assistenza gratuita alla stipula del contratto, alla registrazione dello stesso e per tutta la durata;
– consulenza per ottenere le Agevolazioni fiscali previste.
SERVIZI: RISTORAZIONE, TRASPORTI, MOBILITA’ INTERNAZIONALE
Oltre il 50% degli studenti universitari italiani è pendolare, e affronta forti spese per potersi recare in ateneo. In Italia esistono appena 222 mense universitarie (in Francia sono 642, con un prezzo fisso nazionale fissato a 3,15 euro). Un pasto può costare dai 3 ai 7€: la differenza la fa la scelta di gestire il servizio internamente o di affidarlo in appalto. Andare all’estero spesso può essere proibitivo, perché la borsa Erasmus non basta se non hai un reddito medio-alto. Riteniamo dunque opportuno:
Ristorazione: puntare sull’internalizzazione del servizio:
– Riduzione del costo dei pasti, data dalla maggiore efficienza della gestione diretta che può scaricarsi sullo studente o andare a coprire l’erogazione di altri servizi;
– Aumento della qualità e della possibilità di valutare le mense direttamente gestite;
– Riduzione delle possibilità di appalti truccati, clientele a danno della collettività.
Trasporti: garantire l’abbonamento delle tratte dei pendolari borsisti,con accordi di massa tra aziende al Diritto allo studio e di trasporti (sia su ferro che su gomma), da erogare in alternativa alla quota monetaria:
– Determinare i Lep dei trasporti per i pendolari come il costo di un abbonamento annuale ai trasporti pubblici per il tragitto compiuto dal pendolare;
– Disincentivo all’uso dell’automobile in caso di accordi con l’azienda, oppure incentivo alla condivisione, anche attraverso piattaforme che mettano in contatto pendolari che vogliano condividere l’auto;
– Maggiori e più specifici servizi per i pendolari.
Vincolare il 7,5% del fis alle borse di mobilità
In un contesto come quello italiano la borsa di mobilità internazionale, che è definita come mera copertura degli extracosti dovuti allo studiare all’estero di uno studente che già ha modo di sostentarsi in un modo o nell’altro, va in qualche modo integrata. Dunque, vincolare una piccola parte del fondo integrativo al contributo di mobilità internazionale fa in modo che le regioni virtuose aumentino tali contributi, mentre le altre le manterranno almeno costanti destinando una parte delle risorse attualmente utilizzate ad altre voci.
La maggior parte degli enti si limitano a mettere a concorso questo beneficio tra gli idonei alla borse di studio che vincono una borsa Erasmus. Invece è da incentivare il modello in cui si indice un nuovo concorso tra tutti coloro che hanno i requisiti, pur assegnando prioritariamente il beneficio agli eventuali idonei non assegnatari della borsa di studio
Implementazione di un sistema di welfare studentesco moderno, che offra servizi ulteriori con riguardi alla crescente tendenza all’internazionalizzazione
Diritto allo studio significa anche immaginare percorsi di eccellenza che agevolino l’apprendimento di più lingue, offrendo la possibilità di frequentare corsi e conseguire le relative certificazioni, favorire l’implementazione della possibilità di accesso a internet nelle residenze universitarie con connessione di ultima generazione, di creare strutture polifunzionali con postazioni informatiche, per lo studio individuale e in gruppo e di stringere accordi con associazioni sportive, culturali, cinema, teatri e via discorrendo che permettano di innalzare la qualità della vita degli studenti
Obiettivo finale: Erogazione in ogni regione di una borsa servizi nella fascia ISEE superiore alle borse di studio che garantisca:
– -abbonamento ai trasporti gratuito o quota monetaria equivalente (solo in mancanza di accordi);
– -erogazione di almeno 1 pasto gratuito al giorno;
– -contributo per il materiale didattico
La fascia superiore dovrebbe essere di un minimo di 2000€ di ISEEU superiori alla soglia massima di erogazione della borsa.
In conclusione, riteniamo che investire nel Diritto allo studio e più in generale nel sistema di istruzione universitario sia una scelta strategica che il nostro paese deve intraprendere per avviarsi su un sentiero positivo di crescita e sviluppo, oltre che per garantire a tutti i giovani pari opportunità di partenza per la realizzazione dei propri sogni e aspirazioni.
Perché studiare è una chance, ciascuno la merita.