Cultura e tecnologia mondi troppo lontani? Occorre ricredersi. Alcuni recenti progetti fanno capire che i contenuti e i network relativi a design, urbanistica, lettura e patrimonio archivistico ottengono i superpoteri grazie alle nuove frontiere del digitale. Al Cooper Hewitt di New York, museo leader nel design in America, è capitata una rivoluzione: approfittando del rinnovo dei locali l’istituzione ha ribaltato l’experience della visita. Merito di un’avveniristica penna “magica” digitale, che consente al museo di lanciare il claim della nuova era: «Anche tu puoi essere un designer!». Trovata di marketing ma non solo, perché il device permette un livello di approfondimento e interattività finora impensabili, spiega a Nòva Seb Chan, leader del team Digital and emerging Media del museo, incontrato all’Ifbookthen 2015: «All’ingresso, ogni visitatore riceve la penna e grazie alle potenti Api digitali comunica con tutti gli oggetti esposti». Lo strumento aiuta a sfruttare al meglio la digitalizzazione delle collezioni, continua: «Con le nuove tecnologie e la penna, lo spazio espositivo è aumentato del 60%, rendendo la visita un evento interattivo, creativo e multiplayer».
Le sale del museo sono disseminate di touchscreen 4K in cui inserire il nuovo device: se avete taggato un oggetto e volete saperne di più, lo scaricate al volo su uno schermo e via con l’esplorazione. Il plus? Visto che la penna è anche un supporto per disegnare, sui touchscreen si può rielaborare ogni progetto, giocando a fare i designer.
Alla fine della visita si riceve un codice con cui fare il backup sul pc di casa dell’experience fatta, chiude Chan: «I visitatori si divertono e spendono più tempo nel nuovo museo. Inoltre, sapendo cosa hanno salvato sulla penna, possiamo intervenire in tempo reale con innovative campagne di marketing super profilate». Tecnologia made in Usa ma zampino europeo per far decollare ovunque il nuovo modello di “museo partecipativo 2.0” grazie ai social: in collaborazione con Twitter è appena andato in scena #MuseumWeek2015, evento globale durato una settimana e sponsorizzato dal ministero per la Cultura francese con l’obiettivo di avviare una comunicazione coordinata e condivisa tra le istituzioni culturali mondiali, celebrandole presso il pubblico, chiamato a partecipare con la creazione di contenuti propri. A questa vera social media week della cultura hanno aderito oltre un migliaio di musei ed enti, che hanno accolto le direttive per usare ogni giorno un hashtag speciale, pensato anche per sensibilizzare i musei sull’importanza di sviluppare un’accurata strategia social. Su Museumweek2015.org ci sono le analytics dell’evento, con il traffico di tweet e retweet prodotto da tutti gli hashtag usati (180mila tweet e 420mila retweet): la scoperta è che i più attivi sono stati due enti italiani, l’area archeologica di Massaciuccoli Romana e il Museo Archeologico Nazionale Turritano di Porto Torres, dimostrazione che i social possono aiutare a comunicare e a promuoversi anche le istituzioni più piccole. Altro valido supporto tecnologico per il patrimonio archivistico, bibliografico e museale è «CollectiveAccess», un software open source sviluppato da una heritage agency piemontese, Promemoria. La piattaforma, che aiuta a gestire digitalmente una collezione valorizzandola sotto molteplici aspetti, è già in dote a molti enti e istituzioni del mondo, apprezzata anche per la community internazionale originata che ne garantisce sviluppo e implementazione.
Sempre nella Grande Mela ha fatto scalpore il nuovo progetto della New York Public Library, illustrato a Nòva da Peter Brantley, direttore del team Digital Library Applications – Nypl: «La “Nyc Space/Time Directory” è la prima piattaforma del mondo che contiene le mappe storiche della città digitalizzate e disponibili in open source per gli utenti. In pratica, è un’infografica storico urbanistica di New York in crowdsourcing, uno strumento in arricchimento continuo». L’interfaccia di navigazione è simile a quella di Google Maps, con tutti gli strumenti e le info trasformati in Tag attivi. «Per funzionare – continua –, c’è bisogno della partecipazione della cittadinanza: l’obiettivo è che siano gli utenti a inserire i loro contenuti, è un progetto che deve legare le persone alla città in modo diverso e per noi rappresenta una nuova era nella Crm con il pubblico». È possibile, ad esempio, inserire il proprio certificato di nascita geotaggandolo nell’ospedale dell’epoca, aggiungendoci delle foto. Interessa la Central Station nella Grande Depressione? Ecco che navigando nella mappa del 1930 la stazione rivive nelle foto e nei contenuti caricati dagli utenti e finora conservati nel cassetto. Prima o poi nel progetto entrerà anche la realtà aumentata, con la galassia delle mappe storiche digitali di New York supportata da Gate fisici tipo Totem, da cui attingere onsite una massa enorme di contenuti in crowdsourcing sulla città.
Pubblicato il 5 Aprile 2015