E’ facile intuire i vantaggi della parità di genere per le donne: maggiori ruoli di responsabilità, un salario più alto e più aiuto in casa. Gli uomini, dal canto loro, potrebbero temere che il miglioramento della condizione femminile possa peggiorare la propria. La verità, sorprendente, è che la parità è vantaggiosa anche per loro. La presenza di un maggior numero di donne sul posto di lavoro è uno dei fattori che più contribuiscono a formare una squadra di successo. Lo scorso autunno Alibaba, la principale società di e-commerce cinese, è stata quotata in Borsa dopo anni di crescita straordinaria. Stando al suo fondatore, Jack Ma, «uno dei segreti del successo di Alibaba sta nel fatto che qui lavorano molte donne». Le donne rappresentano infatti il 47% dei dipendenti della società e ricoprono il 33% delle posizioni senior.
La ricerca sembra dargli ragione. Studi rivelano che in ambito lavorativo le donne apportano nuove conoscenze, competenze e reti relazionali, corrono meno rischi inutili e sono più portate a contribuire in maniera da migliorare i loro team e le loro imprese. Le start-up di maggior successo tra quelle finanziate da venture capital vantano una percentuale di dirigenti donne pari a più del doppio della media di quelle che invece falliscono. E un’indagine che ha seguito per quindici anni l’andamento delle 1.500 società dell’indice Standard & Poor’s dimostra che, quando le imprese cercano l’innovazione, a un maggior numero di donne ai massimi livelli dirigenziali corrisponde un valore di mercato maggiore.
Alcuni uomini si chiederanno se tutti questi benefici per le imprese, e per le donne, non vadano a loro scapito, facendoli retrocedere nell’organigramma aziendale. La risposta è no. La parità di genere non è un gioco a somma zero. A maggiori profitti corrispondono maggiori riconoscimenti e promozioni per tutti. Il rischio è semmai escludere le donne. Le imprese che non sfruttano le potenzialità di una forza-lavoro composita restano indietro. John T. Chambers e Carlos Ghosn, amministratori delegati rispettivamente di Cisco e di Renault- Nissan, hanno detto che non potrebbero essere competitivi a livello mondiale se non avessero aumentato la percentuale di donne dirigenti.
In passato avevamo evidenziato perché gli uomini dovrebbero condividere le “faccende domestiche da ufficio”, come prendere appunti, programmare incontri e aiutare gli altri. Dedicarsi maggiormente alle faccende domestiche vere e proprie è importante, allo stesso modo. Le ricerche dimostrano che, quando gli uomini si fanno carico della propria parte di faccende domestiche, le loro compagne sono più felici e meno depresse, i conflitti sono più rari e il tasso di divorzi inferiore. Inoltre, vivono più a lungo: uomini (e donne) che forniscono al proprio partner cure e sostegno emotivo vengono ripagati da una maggiore longevità.
E se ciò non basta ad entusiasmarvi, sentite qui: le coppie che si suddividono equamente le incombenze domestiche fanno più sesso. Come affermano i ricercatori Constance T. Gager e Scott T. Yabiku, gli uomini e le donne che “lavorano sodo giocano duro”. Io Sheryl consiglio agli uomini di occuparsi del bucato anziché comprare fiori se vogliono fare qualcosa di carino per le loro partner. Il choreplay, il fatto che le donne si eccitino vedendo il proprio compagno occuparsi delle faccende domestiche al posto loro, è vero.
Anche fare di più il padre fa bene agli uomini: prendersi cura dei figli li rende più pazienti, empatici e flessibili e diminuisce il tasso maschile di abuso di droghe. Nelle 500 migliori imprese americane della lista stilata da Fortune, i padri che trascorrono più tempo con i figli sono più soddisfatti del proprio lavoro. La paternità abbassa anche la pressione sanguigna e il tasso di malattie cardiovascolari.
Ma l’impatto più positivo potrebbe essere quello sulla generazione successiva. Ricerche condotte in numerosi Paesi rivelano che i figli di padri presenti sono più sani, più felici e meno portati a soffrire di disturbi del comportamento. Riescono meglio negli studi e nel lavoro. Un imponente studio della psicologa Alyssa Croft dell’Università della British Columbia mostra che, quando i padri condividono con le proprie compagne le incombenze domestiche, è meno probabile che le figlie limitino le proprie aspirazioni a ruoli tradizionalmente femminili. Ciò che più conta è quello che i padri fanno, e non cosa dicono. Perché una ragazza creda di avere le stesse opportunità dei maschi, fa differenza vedere il papà che lava i piatti.
Ma è vero anche il contrario: ai figli maschi fa bene avere una madre che ha un ruolo importante a lavoro. Anni fa alcuni psicologi hanno scoperto che una percentuale sorprendentemente alta degli architetti più creativi d’America era stata cresciuta da “madri spiccatamente autonome” che erano leader nella loro comunità o professioniste realizzate. E, secondo un recente studio dei ricercatori Kathryn H. Dekas di Google e Wayne E. Baker dell’Università del Michigan, coloro che considerano il proprio impiego più significativo e piacevole sono stati cresciuti da padri e madri estremamente coinvolti nel proprio lavoro.
Quando i bambini vedono le madri in carriera e i padri farsi carico delle incombenze domestiche, hanno maggiori probabilità di inculcare nella generazione successiva il concetto di parità di genere. E quando si compiono progressi verso la parità di genere è l’intera società a trarne vantaggio. Il 25 percento della crescita del Pil registrata dagli anni Settanta ad oggi negli Usa è riconducibile alla maggiore presenza delle donne nel mondo del lavoro retribuito. Oggi gli economisti stimano che un incremento della presenza femminile nella forza lavoro agli stessi livelli di quella maschile potrebbe aumentare il Pil del cinque percento negli Usa — e del nove percento in Giappone e del 34 percento in Egitto. «Abbiamo visto sino a dove possiamo spingerci sfruttando il cinquanta percento della nostra capacità umana», ha scritto l’imprenditore Warren Buffett. «Se riuscite a visualizzare cosa si potrebbe fare con il cento percento, diventerete, come me, smodatamente ottimisti riguardo al futuro dell’America ». Se vogliamo fare della parità di genere una realtà, occorre modificare il modo in cui la promuoviamo. Solitamente l’accento viene posto sulla giustizia: se si vuole essere giusti occorre offrire alle donne pari opportunità. Tuttavia, è importante spingersi oltre e articolare perché, oltre a rappresentare un legittimo obiettivo per le donne, la parità di genere è in realtà auspicabile per tutti.
Il movimento per il suffragio universale di fine XIX secolo è un buon esempio. Gli Stati non hanno riconosciuto il diritto di voto alle donne in nome della giustizia; le leggi per il suffragio passarono solo quando le donne riuscirono a far capire come avere il diritto di voto le avrebbe messe in grado di migliorare la società. Analogamente, durante il movimento per i diritti civili il reverendo Martin Luther King Jr. fu attento a enfatizzare l’idea che l’uguaglianza razziale avrebbe avuto ripercussioni positive sull’intera popolazione. Molti uomini che pure sono a favore della parità di genere non si impegnano attivamente su questo fronte perché si preoccupano dell’idea che non sia la loro battaglia. Invece è il momento, per uomini e donne simili, di fare fronte comune per promuovere la parità di genere. (© 2-015 New York Times News Service Traduzione di Marzia Porta)