Nel novembre 2010, all’indomani del crollo della Schola Armatorum, da Parigi arrivarono parole come pietre. A gennaio di due anni fa gli ispettori dell’agenzia culturale delle Nazioni Unite non esitarono a mostrare a Roma il cartellino giallo: o si recupera sulla spesa del Grande progetto e si mettono in sicurezza le 13 domus a rischio o Pompei finisce nella lista dei beni patrimonio dell’umanità «in danger», come fosse un monumento del Medio Oriente esposto alla guerriglia.
Ma in questi cinque anni, nonostante più di 30 crolli accertati, nell’area archeologica vesuviana qualcosa è cambiato: mai l’Unesco aveva tributato all’Italia un’apertura di credito così ampia per la gestione del dossier Pompei come nel report reso noto ieri, frutto della missione compiuta a novembre scorso dalla delegazione guidata dall’inglese Christopher Young. «Ci sono miglioramenti tangibili e significativi nello stato di conservazione» del sito, si legge nel testo di 68 pagine. «L’Italia ha compiuto sforzi considerevoli nell’adottare le raccomandazioni dell’Unesco World Heritage Committee». E poi un assist importantissimo per lo staff del ministero dei Beni culturali chiamato all’impresa titanica di spendere tutti i 105 milioni del maxi-piano di interventi cofinanziato da Bruxelles entro la scadenza tassativa del 31 gennaio 2015. «Migliori standard di lavoro e supervisione – precisano gli ispettori – sarebbero suscettibili di essere raggiunti se il programma sul sito dovesse essere esteso al 2016». Chissà come reagirà la Commissione europea che ha sempre bocciato qualsiasi ipotesi di proroga. Gli ispettori in ogni caso apprezzano il fatto che si sia «dato il via a gran parte delle iniziative annunciate. Sono state eseguite sostanziali opere di restauro sul sito – scrivono – principalmente nel contesto del Grande progetto, ma anche nell’ambito del programma di manutenzione ordinario. Ci sono lavori in corso in nove delle 13 domus identificate a rischio nel 2013. Invitalia e Ales, entrambi aziende controllate dal Governo, hanno fornito rispettivamente risorse professionali aggiuntive e ulteriore personale di custodia». Per quanto sia considerata una «debolezza» il fatto che i lavoratori dell’Ales «non sembrino essere integrati in alcun modo con i guardiani normali». E «questa rigidità riduce l’efficacia complessiva della disposizione». Gli ispettori apprezzano l’arrivo a Pompei di otto nuovi architetti e 23 archeologi, ma sottolineano con preoccupazione che non si tratta di assunzioni definitive. Quanto alle 13 domus della black list, non tutte possono dirsi fuori pericolo. Per questo, pur sottolineando che «non si tratta di una critica, quanto piuttosto di un incoraggiamento a proseguire secondo lo slancio intrapreso», viene mantenuta la dicitura «a rischio» per cinque di esse: la casa degli Amanti, la Casa delle Nozze d’argento, la Schola Armaturarum, la Casa di Trebius Valens e l’affresco della caccia nella Casa dei Ceii. Il risultato più importante, per ora, è comunque il fatto che possa ritenersi «superata ogni questione riguardo l’iscrizione del sito nella lista del patrimonio mondiale in pericolo». E in più viene sottolineato «un cambiamento profondo nel comportamento della nuova soprintendenza di Pompei». In passato, sottolineano gli ispettori, non si andava oltre le intenzioni, «quest’anno invece abbiamo potuto verificare che ha preso il via un’attività sia efficace che saggiamente programmata in molti luoghi del sito bisognosi di un rapido intervento».
Questi risultati, secondo l’Unesco, dimostrano «chiaramente che quando si stabilisce con correttezza la programmazione, il bilancio è gestito con efficacia e il personale qualificato è disponibile, i lavori di restauro e di valorizzazione di una domus, per quanto sia danneggiata, divengono possibili in tempi ragionevoli». Il ministro Dario Franceschini parla di «giusto riconoscimento di un lavoro intenso, scrupoloso e metodico». Parole di apprezzamento arrivano anche dal presidente della commissione nazionale Unesco, Gianni Puglisi. Da Pompei il direttore generale Giovanni Nistri e il soprintendente Massimo Osanna esultano. «Impegnare i soldi europei entro il 2015 non sarà assolutamente un problema, contiamo anzi di farcela molto prima, forse anche entro la fine di aprile», precisa Osanna che proprio ieri festeggiava il suo primo anno ai piedi del Vesuvio. Il Grande progetto è indiscutibilmente in recupero: porta i suoi frutti il piano d’azione con cui, a luglio scorso, Bruxelles obbligò l’Italia a rispettare una rigida scaletta per impegni e spesa. Ma l’Unesco guarda già oltre: «Siamo preoccupati – si legge nel report – che non vi sia alcuna garanzia che tutte queste risorse continueranno a essere disponibili una volta che il Grande progetto sarà completato». Come dire che la sfida del futuro per Pompei è la stessa che pose, quasi un secolo fa, il grande Amedeo Maiuri: la gestione ordinaria di un sito straordinario.
Ma in questi cinque anni, nonostante più di 30 crolli accertati, nell’area archeologica vesuviana qualcosa è cambiato: mai l’Unesco aveva tributato all’Italia un’apertura di credito così ampia per la gestione del dossier Pompei come nel report reso noto ieri, frutto della missione compiuta a novembre scorso dalla delegazione guidata dall’inglese Christopher Young. «Ci sono miglioramenti tangibili e significativi nello stato di conservazione» del sito, si legge nel testo di 68 pagine. «L’Italia ha compiuto sforzi considerevoli nell’adottare le raccomandazioni dell’Unesco World Heritage Committee». E poi un assist importantissimo per lo staff del ministero dei Beni culturali chiamato all’impresa titanica di spendere tutti i 105 milioni del maxi-piano di interventi cofinanziato da Bruxelles entro la scadenza tassativa del 31 gennaio 2015. «Migliori standard di lavoro e supervisione – precisano gli ispettori – sarebbero suscettibili di essere raggiunti se il programma sul sito dovesse essere esteso al 2016». Chissà come reagirà la Commissione europea che ha sempre bocciato qualsiasi ipotesi di proroga. Gli ispettori in ogni caso apprezzano il fatto che si sia «dato il via a gran parte delle iniziative annunciate. Sono state eseguite sostanziali opere di restauro sul sito – scrivono – principalmente nel contesto del Grande progetto, ma anche nell’ambito del programma di manutenzione ordinario. Ci sono lavori in corso in nove delle 13 domus identificate a rischio nel 2013. Invitalia e Ales, entrambi aziende controllate dal Governo, hanno fornito rispettivamente risorse professionali aggiuntive e ulteriore personale di custodia». Per quanto sia considerata una «debolezza» il fatto che i lavoratori dell’Ales «non sembrino essere integrati in alcun modo con i guardiani normali». E «questa rigidità riduce l’efficacia complessiva della disposizione». Gli ispettori apprezzano l’arrivo a Pompei di otto nuovi architetti e 23 archeologi, ma sottolineano con preoccupazione che non si tratta di assunzioni definitive. Quanto alle 13 domus della black list, non tutte possono dirsi fuori pericolo. Per questo, pur sottolineando che «non si tratta di una critica, quanto piuttosto di un incoraggiamento a proseguire secondo lo slancio intrapreso», viene mantenuta la dicitura «a rischio» per cinque di esse: la casa degli Amanti, la Casa delle Nozze d’argento, la Schola Armaturarum, la Casa di Trebius Valens e l’affresco della caccia nella Casa dei Ceii. Il risultato più importante, per ora, è comunque il fatto che possa ritenersi «superata ogni questione riguardo l’iscrizione del sito nella lista del patrimonio mondiale in pericolo». E in più viene sottolineato «un cambiamento profondo nel comportamento della nuova soprintendenza di Pompei». In passato, sottolineano gli ispettori, non si andava oltre le intenzioni, «quest’anno invece abbiamo potuto verificare che ha preso il via un’attività sia efficace che saggiamente programmata in molti luoghi del sito bisognosi di un rapido intervento».
Questi risultati, secondo l’Unesco, dimostrano «chiaramente che quando si stabilisce con correttezza la programmazione, il bilancio è gestito con efficacia e il personale qualificato è disponibile, i lavori di restauro e di valorizzazione di una domus, per quanto sia danneggiata, divengono possibili in tempi ragionevoli». Il ministro Dario Franceschini parla di «giusto riconoscimento di un lavoro intenso, scrupoloso e metodico». Parole di apprezzamento arrivano anche dal presidente della commissione nazionale Unesco, Gianni Puglisi. Da Pompei il direttore generale Giovanni Nistri e il soprintendente Massimo Osanna esultano. «Impegnare i soldi europei entro il 2015 non sarà assolutamente un problema, contiamo anzi di farcela molto prima, forse anche entro la fine di aprile», precisa Osanna che proprio ieri festeggiava il suo primo anno ai piedi del Vesuvio. Il Grande progetto è indiscutibilmente in recupero: porta i suoi frutti il piano d’azione con cui, a luglio scorso, Bruxelles obbligò l’Italia a rispettare una rigida scaletta per impegni e spesa. Ma l’Unesco guarda già oltre: «Siamo preoccupati – si legge nel report – che non vi sia alcuna garanzia che tutte queste risorse continueranno a essere disponibili una volta che il Grande progetto sarà completato». Come dire che la sfida del futuro per Pompei è la stessa che pose, quasi un secolo fa, il grande Amedeo Maiuri: la gestione ordinaria di un sito straordinario.