La collega Annalisa Pannarale di Sel ha avanzato mercoledi 11 febbraio un’interrogazione a risposta immediata alla ministra Madia ancora una volta sulla questione del personale “Quota 96”. E come è accaduto in precedenza, anche questa volta l’esito è negativo. Al di là dell’amarezza e della frustrazione, che condivido per aver anch’io in tanti modi sostenuto la vicenda, è importante comunque che se ne parli (in questo caso anche la stampa ha dato un utile rilievo alla notizia) e non si lasci cadere nel dimenticatoio il destino di coloro che continuano ad aspettare una soluzione “giusta ed equa”. E’ proprio a loro che penso quando rilevo nella risposta del Governo una frettolosa liquidazione di una vicenda umana che merita rispetto. “Ci stiamo occupando dei giovani”, si dice. Ma, allora, ribadisco quello che già espressi a suo tempo alla ministra: l’atteggiamento del governo è quantomeno contraddittorio, se da una parte annuncia il ricambio e il ringiovanimento del personale e dall’altra tiene incatenati lavoratori over 60 impedendo loro di godere di un legittimo diritto. Mi pervadono poi sentimenti contrastanti rispetto al fatto che un autorevole membro del Governo abbia finalmente definito la platea dei beneficiari dichiarando che, con la possibilità per mille lavoratori di uscire con la “finestra” della sesta salvaguardia (utilizzo della 104 nel 2011), stiamo effettivamente parlando di 3.000 persone. Avevamo quindi ragione: una platea tutto sommato piccola che potrebbe uscire da questa palude con uno stanziamento di 100 milioni annui. Ben lontani dall’enorme quantità di risorse paventata dalla Ragioneria per motivare lo stop avvenuto ad agosto, peraltro in mancanza di conteggi certi. Sempre più chiaramente, l’atteggiamento ostativo fin qui assunto dai diversi governi che si sono espressi su Quota96, dipende dalla volontà di non intervenire sulla riforma Fornero, nonostante le sue ingiustizie e contraddizioni.
Come sempre accade in queste occasioni, mi arrivano inviti a “vergognarmi”. Con la mia coscienza posso garantire di avere un rapporto dialettico e attivo: di certo, su Quota96 mi sono spesa tanto, in compagnia di Pannarale ed altri, prendendo spesso posizioni critiche nei confronti del governo. Ho mancato un risultato, è vero, ma una battaglia (per il momento) persa non può indurre a lasciare il campo.
Ecco il testo della risposta del ministro per la Pubblica Amministrazione Maria Anna Madia:
— MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Signor Presidente, sulla cosiddetta questione «quota 96», per diverse ragioni, anche rispetto a delle scelte complessive del Governo, non si sono verificate le condizioni per un intervento unico.
Si tratta – lei, onorevole, mi chiede i numeri – di circa quattromila docenti. Questi sono dati INPS aggiornati, confermati dal MIUR, ai quali però possiamo sottrarre circa mille insegnanti, che verranno tutelati dalla sesta salvaguardia e ai quali nei prossimi giorni arriverà dall’INPS la comunicazione del diritto a pensione, con la quale potranno presentare domanda di cessazione entro il 2 marzo.
Rimarrebbero quindi circa 3 mila insegnanti che, a seguito della riforma Fornero e per effetto, come ricordava, dei tempi di pensionamento dettati dall’articolazione dell’anno scolastico, hanno subito un aumento della loro permanenza al lavoro.
La politica del Governo è ora, prima di tutto, incentrata sull’obiettivo di concentrare le risorse per favorire il lavoro di chi un lavoro non ce l’ha, in particolare dei giovani, di chi è rimasto escluso o rischia di rimanere escluso dal mercato del lavoro, anche in conseguenza della crisi economica che dura da anni e per uscire dalla quale, come Governo, concentriamo ogni sforzo. Importanti ad esempio – con soddisfazione voglio sottolinearlo oggi – sono gli sgravi contributivi per le nuove assunzioni, che abbiamo approvato con la legge di stabilità per i prossimi tre anni e che già stanno dando risultati incoraggianti.
In questo quadro di priorità, ci impegniamo anche in un imminente provvedimento legislativo del Governo a far uscire dalla precarietà i tanti insegnanti con contratti a termine che lavorano nella scuola.
Si tratta – lei, onorevole, mi chiede i numeri – di circa quattromila docenti. Questi sono dati INPS aggiornati, confermati dal MIUR, ai quali però possiamo sottrarre circa mille insegnanti, che verranno tutelati dalla sesta salvaguardia e ai quali nei prossimi giorni arriverà dall’INPS la comunicazione del diritto a pensione, con la quale potranno presentare domanda di cessazione entro il 2 marzo.
Rimarrebbero quindi circa 3 mila insegnanti che, a seguito della riforma Fornero e per effetto, come ricordava, dei tempi di pensionamento dettati dall’articolazione dell’anno scolastico, hanno subito un aumento della loro permanenza al lavoro.
La politica del Governo è ora, prima di tutto, incentrata sull’obiettivo di concentrare le risorse per favorire il lavoro di chi un lavoro non ce l’ha, in particolare dei giovani, di chi è rimasto escluso o rischia di rimanere escluso dal mercato del lavoro, anche in conseguenza della crisi economica che dura da anni e per uscire dalla quale, come Governo, concentriamo ogni sforzo. Importanti ad esempio – con soddisfazione voglio sottolinearlo oggi – sono gli sgravi contributivi per le nuove assunzioni, che abbiamo approvato con la legge di stabilità per i prossimi tre anni e che già stanno dando risultati incoraggianti.
In questo quadro di priorità, ci impegniamo anche in un imminente provvedimento legislativo del Governo a far uscire dalla precarietà i tanti insegnanti con contratti a termine che lavorano nella scuola.