Laureati in Scienze della Formazione primaria: chi sono, cosa studiano e quanto tempo impiegano ad entrate nel mondo del lavoro? A dirlo sono le indagini AlmaLaurea che permettono di tracciare un identikit delle performance formative e professionali di questo collettivo molto particolare in quanto a caratteristiche anagrafiche e curriculum.
In prima istanza per questo percorso disciplinare, di cui qui si analizzano i laureati del 2012, la transizione tra vecchio e nuovo ordinamento è di fatto appena iniziata, essendo stato tra gli ultimi a vedere riformare il proprio ordinamento di studi, con tempi e modalità, tra l’altro, diversi tra ateneo e ateneo.
Chi sono i laureati in Scienze della Formazione primaria?
In base ai dati del XVI Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati emerge che a intraprendere questo percorso formativo sono prevalentemente donne: oltre il 95% dei laureati del collettivo esaminato è infatti di genere femminile. Terminano più frequentemente gli studi in corso (55%) o con solo un anno di ritardo (22,5%), con un’età media alla laurea piuttosto elevata (29 anni), frutto di immatricolazioni avvenute in genere in età più elevata rispetto allo standard, e con un voto in media di 105.
Infine, un elemento che caratterizza la maggior parte dei laureati di Scienze della Formazione primaria è l’aver accompagnato lo studio universitario ad esperienze lavorative. Non a caso, 54 laureati su 100 arrivano alla fine del percorso universitario maturando esperienze lavorative saltuarie; il 17% è invece a tutti gli effetti lavoratore-studente.
Dopo gli studi
Già ad anno dalla laurea il tasso di occupazione dei laureati in scienze della formazione primaria è elevato (lavorano 82 laureati su 100). Sebbene la stabilizzazione contrattuale avvenga soprattutto nel lungo periodo, si riscontrano buoni risultati sia per efficacia del titolo di studi (è molto efficace o efficace per 89 laureati su cento) che per soddisfazione del lavoro svolto (pari a 8,6 su una scala da 1-10).
A influenzare le ottime performance professionali è proprio l’elevata quota di laureati che hanno maturato, durante l’università, esperienze lavorative (31 occupati su cento proseguono l’attività intrapresa prima della laurea). Un dato in ulteriore aumento rispetto alle ultime generazioni.
Nel lungo periodo tutte le variabili prese in esame migliorano
A cinque anni sono occupati 95 laureati su 100 (rispondono complessivamente il 75% di tutti i laureati, quale che sia la facoltà prescelta). Chi prosegue l’attività iniziata nel corso degli studi è il 24%; di questi il 76% dichiara che la laurea ha comportato un miglioramento nel proprio lavoro; il 40% ha rilevato una crescita delle competenze professionali; il 37% in termini di posizione lavorativa e solo il 15% dal punto di vista economico.
Oltre un occupato su quattro ha invece cambiato lavoro e quasi uno su due ha iniziato a lavorare dopo il conseguimento del titolo. Tenendo conto che il principale sbocco lavorativo dei laureati di Scienze della Formazione primaria è l’ambito dell’istruzione, non stupisce che l’89% degli occupati sia assorbito dal settore pubblico, di questi la maggioranza (92%) è impiegato proprio nel settore dell’istruzione. Tant’è che per chi è occupato nel pubblico il titolo è efficace per nel 97,5% dei casi (nel privato l’efficacia è l’89%).
Punti di forza e criticità
Anche la soddisfazione per il lavoro svolto è decisamente elevata. E’ pari a 8,9 su una scala da 1-10. Sono particolarmente soddisfatti: a. l’utilità sociale del lavoro (voto medio pari a 9,2); b. per la coerenza con gli studi fatti (8,8); c. per la rispondenza ai propri interessi culturali (8,5); d. per l’acquisizione di professionalità (8,3).
Gli aspetti meno graditi sono, all’opposto, la flessibilità dell’orario di lavoro (7,2) e, come ci si poteva attendere, stabilità/sicurezza sul lavoro (7,2), nonché le prospettive di carriera (6,4) e di guadagno (6,0). Nota dolente resta la stabilità lavorativa che a cinque anni dalla laurea interessa poco meno della metà degli occupati, 49% (occupati esclusivamente grazie a contratti a tempo indeterminato); ma permane ancora una quota considerevole di occupati assunti a tempo determinato (50%). Un dato che mette in evidenza come quello dell’istruzione sia un settore che si caratterizza per tempi lunghi di stabilizzazione.
Anche le retribuzioni salgono in termini nominali fino a raggiungere 1.185 euro netti mensili, ma restano inferiori a quelli rilevati per le altre tipologie di laureati (circa 1.400 euro per i laureati magistrali biennali). I lavoratori del pubblico guadagnano comunque l’8% in più di coloro che lavorano nel privato.