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“L’Islam che non ci sta”, di Nicholas Kristof – La Repubblica 09.01.15

Il giornale satirico francese Charlie Hebdo mette alla berlina gente di tutte le religioni e le provenienze. In passato in una vignetta si sono visti rotoli di carta igienica con scritte come “Bibbia”, “Torah”, “Corano” e la spiegazione: “Nel gabinetto, tutte le religioni”. Eppure, quando gli uomini armati di mitra AK-47 mercoledì hanno fatto irruzione negli uffici parigini di Charlie Hebdo, assassinando 12 persone nel peggiore attentato terroristico su suolo francese da decenni, molti di noi hanno presunto che gli attentatori non fossero fanatici cristiani o ebrei, ma più probabilmente estremisti islamici. Cristiani, ebrei e atei indignati sfogheranno le loro frustrazioni su Facebook o Twitter. Ma si presume che siano gli estremisti islamici ad aver manifestato la loro collera a colpi di pallottole.
Molti si chiedono: «L’Islam conduce ineluttabilmente alla violenza, al terrorismo, a sottomettere le donne?». La domanda sorge spontanea perché spesso è sembrato che i fanatici musulmani uccidessero in nome di Dio, dagli attentati di Madrid nel 2004, che provocarono la morte di 191 persone, all’assassinio il mese scorso degli ostaggi in un caffè di Sydney in Australia. Un anno fa — dopo che un amico pachistano, Rashid Rehman, coraggioso avvocato, era stato ammazzato per aver difeso un docente universitario erroneamente accusato di aver insultato il Profeta Maometto — scrissi un articolo nel quale parlai di una sempre più grande vena di intolleranza nel mondo islamico. Una delle forme di terrorismo nel mondo islamico è la persecuzione quotidiana di cristiani e di minoranze religiose. E poi c’è l’oppressione femminile: nei dieci Paesi in fondo alla classifica del rapporto sulle disparità di genere del World Economic Forum ne ho contati nove a maggioranza musulmana. Quindi sì, certo, c’è una vena di intolleranza ed estremismo islamico dietro l’attentato a Charlie Hebdo. La redazione era stata colpita da un attentato già nel 2011, dopo aver pubblicato una vignetta di Maometto che dice: «Cento colpi di frusta se non morite dalle risate». Ancora prima, ne pubblicò una con un Maometto piagnucolante che dice: «È difficile essere amato da idioti».
Gli episodi di terrorismo possono indurre molti occidentali a ritenere l’Islam estremista per sua natura, ma questa conclusione è impulsiva e superficiale. Un esiguo numero di terroristi non rappresenta una religione complessa e variegata con oltre 1,6 miliardi di seguaci. Sono stato subissato di messaggi su Twitter da parte di musulmani che disapprovano l’attentato e fanno notare che i fanatici musulmani nuocciono all’immagine di Maometto molto più dei disegnatori di vignette. La maggioranza dei musulmani non ha niente a che spartire con la follia degli attentati, è vittima essa stessa del terrorismo. In verità, quello di Charlie Hebdo non è stato l’attentato terroristico più letale mercoledì: un’autobomba fatta esplodere davanti a un istituto scolastico in Yemen, forse da affiliati ad al Qaeda, ha provocato almeno 37 morti.
Il giornalismo mi ha insegnato a diffidare da semplici dicerie, perché a quel punto nuove notizie si insinuano e le amplificano o distorcono. Nei miei viaggi i musulmani estremisti mi hanno parlato di false visioni, nelle quali loro credono, di un’America oppressiva, controllata dai sionisti e determinata a calpestare l’Islam. Si tratta di una deformazione assurda, e dovremmo stare attenti a non fraintendere una religione così diversa come l’Islam.
Cerchiamo di evitare le etichette religiose. Il cristiano comune non ebbe nulla di cui sentirsi colpevole quando nell’ex Jugoslavia i fanatici cristiani sterminarono i musulmani. Chi critica l’Islam non è da biasimare perché nel 2011 un fanatico anti- musulmano ha assassinato 77 persone in Norvegia. Cerchiamo anche di renderci conto che il popolo più impavido e amante della pace in Medio Oriente, che si erge contro i fanatici musulmani, è proprio quello dei devoti musulmani. Alcuni leggono il Corano e vanno a far saltare in aria una scuola femminile, ma molti di più leggono il Corano e costruiscono scuole femminili. I Taliban rappresentano una varietà di Islam; la vincitrice del Premio Nobel per la Pace Malala Yousafzai ne rappresenta una diametralmente opposta. Ricordo un episodio demoralizzante, forse apocrifo. Riguarda Gandhi, al quale chiesero: «Cosa ne pensa della civiltà occidentale?». Pare abbia risposto: «Penso che sarebbe una buona idea».
Il divario più grande non è quello tra le religioni, ma tra terroristi e moderati, tra chi è tollerante e chi considera “l’altro” un diverso. Dopo la crisi degli ostaggi, in Australia, alcuni musulmani paventavano attentati di ritorsione. Una marea di australiani non musulmani si è offerta di scortare i musulmani e garantirne l’incolumità, con l’hashtag #IllRideWithYou (#TiAccompagnoIo) su Twitter. Sono stati oltre 250mila i tweet, esempio di altruistica compassione dopo un attentato. Bravi! È questo lo spirito che ci deve animare. Schieriamoci quindi con Charlie Hebdo, perché la solidarietà dimostrata a livello globale è ispirante. Denunciamo il terrorismo, l’oppressione e la misoginia nel mondo islamico, e in qualsiasi altro luogo. Ma cerchiamo di stare attenti a non rispondere all’intolleranza dei terroristi con la nostra. Traduzione di Anna Bissanti © 2-015, The New York Times