La Befana, nella calza di un ragazzo salentino, ha infilato cinque milioni e mezzo di euro; e quando è ripartita, per l’America o chissà dove, invece della scopa, era a cavallo di una mini turbina eolica fatta in Puglia.
Questa storia è una fiaba da raccontarci la sera per credere ancora che non è tutto perduto. Non è tutto perduto se esistono ragazzi come Gianluigi Parrotto che, senza chiedere un euro a nessuno, si è inventato un prodotto innovativo, ci ha costruito attorno una azienda e ha avuto così successo che in un anno appena ha venduto tutto ad un misterioso gruppo americano non con l’obiettivo di diventare ricco, ma per continuare a produrre turbine – e non solo – nella sua terra: «Voglio far nascere altre startup nel Salento» dice con la sua parlantina sicura, e per un attimo dimentichi che lui stesso è nato soltanto nel 1994: ha vent’anni.
Ma chi è davvero? E come ha fatto? «Sono nato a Poggiardo, in ospedale, ma i miei stavano a Casarano, in provincia di Lecce. Dopo il biennio di Istituto industriale, a 16 anni mi sono trasferito da solo a Brindisi perché volevo frequentare una nuova scuola di cui avevo letto meraviglie ». Parla del Majorana, dove il preside Salvatore Giuliano aveva appena iniziato la sperimentazione di libri scritti da docenti, computer e wi-fi per tutti, lezioni “rovesciate”, classi scomposte e colorate: il progetto Book in Progress . Parrotto è subito uno degli studenti migliori. L’anno seguente, la prima coincidenza: su un volo da Brindisi a Roma siede accanto a un piccolo produttore bresciano di impianti fotovoltaici. «Proprio quel giorno a Casarano avevano iniziato l’installazione di pannelli che non mi piacevano affatto. “Possibile fare di meglio?”, gli chiedo». Una mini turbina eolica, niente di davvero speciale in fondo. «Sì, ma avevo davanti due strade: o diventavo un venditore di turbine o me ne inventavo una mia. Ho scelto la seconda».
Dopo i primi prototipi, realizzati in un capannone a Brescia, nel maggio del 2012 Parrotto presenta domanda di brevetto: la sua mini turbina ha una distanza fra albero e vele che le permette di partire anche con pochissimo vento, «arriva ad un picco di potenza di 6 kilowatt con appena 130 rotazioni al minuto ». Nel marzo del 2013 nasce la GP Renewable, le iniziali del fondatore nel nome. A dicembre il primo impianto viene installato in Puglia: «Lo abbiamo venduto sottocosto, per 13 mila euro». Già, e i soldi? Dove ha trovato Parrotto i soldi per partire? Non dai bandi pubblici, «mai partecipato»; non dagli investitori professionali in startup, i venture capitalist, «mai visti». E non dalla famiglia, anzi: sebbene il papà sia diventato socio al 10 per cento, nel frattempo aveva perso il lavoro «e oggi è un dipendente della mia società, fa l’installatore». E qui c’è la seconda coincidenza: un altro volo, stavolta fra Brindisi e Milano. Il compagno di viaggio stavolta è il direttore generale di una grande banca. Insomma, si innamora del progetto (e della parlantina di Parrotto) e il giovane startupper ottiene un affidamento bancario sufficiente a partire. Anche perché le sue turbine si vendono alla grande: «Un centinaio in un anno». Cosa hanno di speciale? Qui Parrotto si fa serio: «Lo ammetto. Non molto. A parte il fatto che l’azienda era guidata da un adolescente e questo ci ha aiutato a farci conoscere ». I nuovi prodotti invece saranno una bomba, dice: «Vetroresina, fibra di carbonio, titanio: il team di ingegneri che lavora al mio fianco ha fatto meraviglie, vedrete». Quando? A fine gennaio: presentazione ufficiale del nuovo gruppo, “gli americanI”. Chi sono? Mistero, ma i giornali locali hanno già sparato la notizia in prima pagina cantando le lodi di quello che un tempo lì chiamavano “Il Briatore dei poveri” per via degli occhiali azzurri ormai archiviati, ma che adesso merita un soprannome molto più generoso, probabilmente.
Insomma, gli americani: «Un fondo di investimento, roba grossa, nomi grossi: hanno investito 5,5 milioni di euro nella creazione di una nuova società, la Air Group Italy, che ha inglobato la GP Renewable e io sarò presidente. Prenderemo capannoni industriali abbandonati a Casarano: le turbine le produrremo lì. Ma non solo: vogliamo creare un polo di startup innovative in Salento. Spazi e consulenza li metteremo a disposizione gratis».
Sembra anche troppo, persino per una fiaba, e molte cose sono ancora da raccontare e chiarire. Ma intanto giù il cappello per questo ragazzo-grande, sempre elegante, sicuro ma mai arrogante, che guarda avanti e parla come se fosse destinato a un futuro più grande quando dice: «La turbina diventerà come la lavatrice, un elettrodomestico alla portata di tutti».