L’atlante di Demos dedicato al rapporto fra “Gli italiani e l’informazione”, giunto all’VIII edizione, descrive l’affermarsi di un sistema “ibrido” (per citare una nota definizione di Andrew Chadwick). Dove il ricorso ai new media non esclude i media tradizionali. Ma si traduce in nuove e diverse forme di integrazione. D’altronde, ormai metà dei cittadini si informa ogni giorno attraverso Internet. Il doppio rispetto al 2007 e quasi 10 punti in più di due anni fa. Nell’ultimo anno, invece, la crescita è stata più limitata: 2 punti. Solo la televisione, ormai, supera – ancora largamente – la Rete, come canale di informazione “quotidiana”. Ma la distanza fra la tv e la Rete, dal 2007, si è dimezzata da (circa) 60 ai 30 punti attuali. La radio e, soprattutto, i giornali sono, invece, “consultati” da una quota di persone molto più ridotta – e in continuo calo.
Coloro che si informano assiduamente attraverso la Rete sono, mediamente, più giovani e istruiti. Perché per muoversi nella Rete servono abilità “digi- tale” e capacità di accesso alle informazioni. Anche per questo coloro che si informano quotidianamente solo in Rete (i netinformati) costituiscono una componente limitata: intorno al 6%. Mentre nella maggioranza dei casi (per la precisione: il 44%) Internet viene associato ad altri media. La tv e i giornali, in particolare. Quasi due terzi di coloro che utilizzano Internet, d’altronde, lo fanno per leggere i quotidiani. Che, d’altra parte, prevedono, quasi tutti, edizioni digitali. Ma su Internet, ormai, è possibile accedere anche alle principali reti televisive e radiofoniche. E, reciprocamente, tutti i programmi televisivi e radiofonici sono in comunicazione diretta e continua con Internet. Attraverso i social network. Facebook e Twitter. È la comunicazione ibrida, che ormai coinvolge gran parte degli italiani. L’accesso a Internet, d’altronde, nella maggioranza dei casi, avviene attraverso strumenti “personalizzati”. I tablet e gli smartphone, in primo luogo. Anche per questo si tratta di un incentivo alla partecipazione dei cittadini che vogliono esercitare una funzione critica verso l’azione dei politici. È ciò che ritengono 7 italiani su 10, tra quelli intervistati da Demos. La Rete costituisce, dunque, un canale di “contro-de- mocrazia”, come la definisce Pierre Rosanvallon, volta alla “sorveglianza” politica e istituzionale. Non per caso, i cittadini che utilizzano la Rete in modo ibrido o, meglio ancora, esclusivo, sono, prevalentemente, orientati verso il M5s, che ha fatto della comunicazione digitale un simbolo di democrazia diretta e “senza mediazioni”. Tuttavia, occorre cautela nel celebrare la “libertà” della Rete. Sia perché (come rammenta Evgeny Morozov) è, spesso, sottoposta a interferenze e controlli. Sia perché, la stessa libertà di accesso, rende difficile verificare le informazioni che circolano.
Peraltro, come si è detto, il rapporto fra gli italiani e la politica appare ancora largamente “mediato” dalla televisione. Il canale attraverso cui si informano, regolarmente, 8 persone su 10. Peraltro, per il 23% (della popolazione) si tratta del mezzo di informazione (quasi) esclusivo. Queste persone, i “tele-centrici”, sono particolarmente diffuse fra gli elettori più “indecisi”. E ciò rende la tv determinante in campagna elettorale. Per convincere gli elettori che decidono solo alla fine. Peraltro, i “tele-centrici”, secondo le attese, pesano molto nella base di Fi. Gli elettori del M5s, invece, confermano la loro confidenza con i new media e con la Rete. Sono, infatti, più “ibridi”. Mentre sorprende l’ampiezza di elettori (Net)ibridi fra i leghisti. Segnale del cambiamento in atto nella Lega, dopo l’avvento di Salvini. Il Pd, infine, appare il più trasversale, fra i diversi tipi di pubblico. Non era così fino a poco tempo fa. Ma il Pd di Renzi, il Pdr, ha colmato il distacco dai media. Vecchi e nuovi. Tv e Rete. L’atteggiamen- to nei confronti dei Tg conferma queste tendenze – e gli indirizzi degli ultimi anni (in termini di fiducia, non necessariamente di ascolto). I più apprezzati restano i Tg Rai e in particolare il Tg3. Che prevalgono largamente sui Tg Mediaset. Tra i quali, solo il Tg5 presenta un livello di stima elevato. E perfino in crescita, rispetto all’ultimo anno. Mentre le reti All-News, RaiNews 24, Sky Tg24 e lo stesso Tg di La7, sono quelli che hanno aumentato maggiormente il grado di fiducia rispetto al 2009. In particolare i Tg di Sky e, soprattutto, di Rai News 24. Mentre il Tg de La7, nell’ultimo anno, ha perduto qualche punto.
D’altra parte, l’intreccio tra politica e media, divenuto inestricabile, nel corso del ventennio berlusconiano lascia ancora tracce evidenti nelle preferenze politiche del pubblico. Che appare maggiormente orientato a destra, nel caso dei Tg delle reti Mediaset. A sinistra, per quel che riguarda le reti Rai. E in particolare il Tg3. Gli elettori della Lega, invece, mostrano maggiore fiducia verso RaiNews 24, il Tg5 e il Tg di Sky. Mentre gli elettori del M5s si fidano, anzitutto, del Tg de La7. Inoltre, del Tg3 e di RaiNews24 (il più “trasversale”, dal punto di vista della percezione degli elettori). I media, comunque, non si limitano a orientare le preferenze degli italiani, ma le rispecchiano. Compresa la stanchezza verso la politica, ben raffigurata da un certo fastidio verso l’informazione tv. E, soprattutto, verso i programmi di approfondimento e dibattito. I talk politici, in particolare, sono considerati troppo confusi e litigiosi da due persone su tre.
La stagione della “democrazia del pubblico”, fondata sulla televisione (secondo la nota definizione di Bernard Manin), in Italia, non sembra, dunque, finita. Ma si contamina con la diffusione della Rete. Così delinea la cornice della “democrazia ibrida” del nostro tempo. Abitata da un “cittadino ibrido”, critico e scettico verso la politica e le istituzioni.