Dalla legge di stabilità arriva una buona notizia per la ricerca di base. La commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento alla manovra 2015 che destina ai Prin il 50% delle risorse a disposizione del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, il cosiddetto First. Una misura che tradotta in cifre vorrebbe dire uno stanziamento di 25-30 milioni per i progetti di interesse nazionale presentati nel 2015.
La modifica approvata
Partiamo dalla norma. L’emendamento 17.227 a prima firma Manuela Ghizzoni (Pd) che ha incassato l’ok della commissione Bilancio di Montecitorio aggiunge un ultimo periodo all’articolo 17, comma 10, del disegno di legge di stabilità che rimpingua di 150 milioni la quota del Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) delle università. L’oggetto stavolta non sono gli atenei ma la ricerca di base. In base alla modifica introdotta ieri infatti «una quota di almeno il cinquanta per cento del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST)» sarà «destinata al finanziamento di progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) presentati dalle università».
Lo scopo della misura
A riassumerlo a Scuola 24 è la stessa proponente, la democratica Manuela Ghizzoni: «Garantire la ricerca di base significa garantire ricerca applicata di qualità, soprattutto nei periodi di crisi» ma anche dare «una boccata di ossigeno per le università italiane». Ragionando in termini di risorse vorrebbe dire liberare già nel 2015 la metà di quei 50-60 milioni che sono rimasti sul First. Ai nuovi Prin andrebbe così una dote di circa 25-30 milioni. Leggermente inferiore dunque all’ultimo bando che risale al gennaio 2013 (seppur riferito al 2012) e che poteva contare su 36 milioni. Ma comunque importante perché vorrebbe dire rimettere in moto il finanziamento dei progetti di ricerca a diversi mesi di distanza dall’ultimo bando, i cosiddetti «Sir» per i giovani ricercatori .
L’Iva sugli e-book
Tra le altre modifica degne di nota va segnalata l’approvazione dell’emendamento sugli e book “caldeggiato” dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. L’Iva sui libri e periodici in formato elettronico sarà equiparata a quelli a cartacei e scenderà dunque dal 22% al 4 per cento. Una riduzione d’imposta che comporterà un mancato gettito per l’erario stimato in 7,2 milioni di euro l’anno e che sarà coperto con un prelievo sul Fondo per interventi strutturali di politica economica. A beneficiarne potranno essere le famiglie che l’anno prossimo dovranno acquistare testi scolastici. Già dal settembre scorso infatti le scuole possono adottare e-book al posto dei classi tomi cartacei.