Chi ha seguito una lezione come quella raffigurata da Laurentius de Voltolina (la maggior parte di noi) sa quanto sia difficile restare concentrati per cinque, sei, sette ore consecutive. E sa anche che tra i compagni di classe c’è chi non capisce e chiede spiegazioni e chi torna a casa con un sacco di dubbi. Sono gli svantaggi del cosiddetto metodo trasmissivo, in cui la lezione è la stessa per tutti, anche se è chiaro ormai che ogni studente apprende in modi e tempi diversi.
Negli Stati Uniti, questo metodo è stato messo in discussione almeno una ventina di anni fa. E qualcosa comincia a muoversi anche da noi: pagina99 ha visitato una scuola d’eccellenza, l’istituto superiore Enrico Fermi di Mantova (istituto tecnico e liceo scientifico), che ha introdotto un nuovo metodo d’insegnamento basato sulla collaborazione fra studenti, fra studenti e docenti e sull’uso della tecnologia per scopi didattici. All’inizio di novembre, durante il salone dell’educazione di Genova, questa scuola è entrata a far parte delle Avanguardie Educative, un progetto promosso da Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa), che mette in collegamento le esperienze migliori e più innovative nel campo dell’istruzione.
Una lezione tipo
Stefania Ferrari insegna Matematica e divide le sue lezioni in blocchi di 20 minuti: “Nel primo blocco – racconta – introduco un problema su un argomento nuovo o su uno vecchio che è il caso di rispolverare. Nel secondo divido gli studenti in gruppi e assegno degli esercizi di difficoltà via via crescente. Nel terzo e ultimo tutti i gruppi spiegano al resto della classe come hanno risolto l’esercizio. Poi intervengo io e do la soluzione”. Ogni studente ha un ruolo all’interno del gruppo: c’è il team leader che guida i lavori, lo “scettico” che mette in discussione le conclusioni del leader e il segretario che stila una specie di “verbale” dei lavori.
“Io ho lavorato sia col vecchio che col nuovo metodo – spiega Stefania Ferrari – e ho notato che lavorando in gruppo i ragazzi si sentono più coinvolti. Rispetto alla lezione tradizionale, si impara di più, ognuno con i propri tempi, e con la possibilità di essere aiutato dal compagno che magari è più preparato”. Mentre gli studenti risolvono gli esercizi l’insegnante non sta con le mani in mano, anzi: interviene, risponde alle loro domande e, se necessario, torna sulla teoria per fugare dubbi o incertezze. La classica spiegazione, quindi, non viene del tutto estromessa, ma diventa parte di un percorso che unisce pratica e teoria. E questo approccio vale per la matematica, come per tutte le altre materie, dal latino, all’inglese, alle lettere (anche se, secondo alcuni, il metodo funziona soprattutto con le discipline logico-matematiche).
Cosa c’entra la tecnologia
Gli studenti del Fermi usano ogni giorno computer, tablet, smartphone, proiettori e lavagne interattive. Insomma, nulla di rivoluzionario. Ma la scuola ha trovato il modo di usare questi strumenti per facilitare l’apprendimento collaborativo. Lo spunto è arrivato dal Massachusetts Institute of Technology di Boston, dove il docente di fisica Peter Dorumashkin ha brevettato un nuovo modello d’aula: l’aula Teal (Technology Enabled Active Learning). Il Fermi ne ha costruite tre: la particolarità di quest’aula è che tutti gli studenti sono connessi fra loro grazie a uno strumento, la Apple Tv, che fa da ponte fra i vari device (computer, tablet, smartphone, eccetera). In questo modo, il docente può controllare in tempo reale sul suo pc come procede il lavoro e gli studenti possono aiutarsi fra loro intervenendo gli uni sugli esercizi degli altri.
Quando i gruppi spiegano alla classe come hanno risolto l’esercizio, per esempio, lo fanno proiettando i loro lavori su una grossa lavagna bianca interattiva che si trova al centro dell’aula: così la correzione non è più un affare privato fra docente e studente, ma diventa un’occasione di approfondimento e ripasso per tutta la classe. Sempre a proposito di tecnologie ormai comuni, ma capaci di dare grandi risultati se usate nel modo giusto, il Fermi ha introdotto un’altra novità apprezzabile: tutte le lezioni, sia nelle aule Teal che nelle altre aule, sono registrate e caricate su internet. Così, chi è assente, o si è perso qualche passaggio, non è costretto ad aspettare la lezione successiva, ma può rivedere direttamente cosa è successo in aula da casa sua.
Lo spazio insegna
Pur volendo, gli studenti raffigurati da Laurentius de Voltolina non avrebbero potuto studiare come quelli del Fermi. La struttura dell’aula è troppo rigida, mentre l’apprendimento collaborativo richiede flessibilità. Nelle aule dell’istituto non ci sono cattedre, perché la lezione frontale è quasi del tutto scomparsa. E gli studenti non sono più seduti sui classici banchi, ma su tavoli che possono essere smontati e ricomposti in base al tipo di lezione. Intorno a loro non ci sono più pareti grigie, ma colorate o tappezzate di lavagne bianche (in genere due per ogni gruppo) che possono essere usate come blocco note o come superficie su cui proiettare i loro lavori. Questa attenzione allo spazio ha dato i suoi primi frutti con le aule ed è stata poi estesa a tutto l’edificio. Nei corridoi sono state ricavate delle zone relax, attrezzate con puff, panchine e biliardini e altre zone dedicate allo studio individuale e di gruppo.
La ristrutturazione delle aule e degli spazi comuni è stata affidata allo studio “Normale Architettura” di Milano, che si occupa anche di architettura scolastica. “Nelle nostre scuole – dice Chiara Filios, uno degli architetti – aule, biblioteche e laboratori sono spesso troppo piccoli, mentre gli atri e i corridoi sono troppo grandi. A Mantova abbiamo trasformato questi spazi restituendoli agli studenti: una parte è dedicata al ristoro, un’altra al cosiddetto apprendimento informale”.
Un progetto simile è stato realizzato anche in un altro istituto, il Paciolo-D’Annunzio di Fidenza (Parma). Qui lo studio “Normale Archiettura” ha lavorato gomito a gomito con gli studenti, per ristrutturare gli spazi comuni e renderli più adatti alle loro esigenze: l’atrio principale, per fare un esempio, è stato trasformato in una piccola piazza, con una panchina circolare, che è diventata il punto di ritrovo durante la ricreazione. E lungo i corridoi, invece, sono state costruite delle isole in legno che gli studenti usano come una normale scrivania per lavori individuali o di gruppo.
Costi e risultati
Come è possibile che una scuola pubblica abbia realizzato un progetto ampio e ambizioso come questo? Il Fermi ha vinto per due volte consecutive il bando “Generazione Web”, promosso dalla Regione Lombardia: da qui sono arrivati i primi 200 mila euro di fondi, integrati poi da sponsor e privati (tra cui i genitori). Certo, non tutte le scuole hanno la fortuna di poter accedere a un finanziamento così sostanzioso. Ma è pur vero che non tutte le scuole hanno dirigenti volenterosi, competenti e capaci di cogliere le pur poche opportunità che ci sono. I primi a beneficiare di questi progetti innovativi sono stati gli studenti: “Ai test invalsi – racconta la preside Cristina Bonaglia – sia l’istituto tecnico che il liceo scientifico hanno ottenuto risultati mediamente superiori alla media regionale e nazionale nella prova di italiano e decisamente superiori alla media nella prova di matematica. Una bella soddisfazione”.