Solo cinque Paesi al mondo possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a cento miliardi di dollari. L’Italia è uno di questi. C’è un paese in Europa che attira, più di altri, turisti cinesi, statunitensi, canadesi, australiani e brasiliani. È l’Italia. C’è un Paese le cui produzioni primeggiano in efficienza ambientale, meno CO2 e meno rifiuti a parità di prodotto: è l’Italia. Sono alcuni dei dati del dossier dieci verità sulla competitività italiana con cui Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison rispondono a tanti luoghi comuni che non rendono giustizia al nostro Paese e rischiano di distogliere l’attenzione dai suoi reali problemi.
L’Italia, spiegano gli estensori dei documenti, è certamente in crisi e vive, più di altri Paesi, un momento di grande incertezza appesantito dai suoi problemi storici – leggi il debito pubblico, il nero, la assai diffusa corruzione, una macchina burocratica pesante, la questione meridionale -, ma non è un paese senza futuro. «A patto che – si legge nei dossier – riparta da ciò che nel mondo ci rende eccellenza: la bellezza, il genio, la creatività ancorati ai territori. E la qualità, che da quella bellezza e creatività trae ispirazione e forza: qualità che nel mondo è uno dei sinonimi di Italia, e trova riconoscimento nella forza del made in Italy».
Le imprese italiane infatti sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti (il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale), evidenzia il dossier, nel 2012 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935. Non solo. Siamo tra le economie che nella globalizzazione hanno conservato maggiori quote di mercato mondiale, mantenendo, dopo l’irruzione della Cina e degli altri Brics, il 72,6% delle quote di export rispetto al 1999. Performance migliore di quelle di Usa (70,2%), Francia (59,8%), Giappone (57,3%), Regno Unito (53,4%). Il nostro modello produttivo, fanno notare gli estensori delle 10 verità sulla competitività italiana, è tra i più innovativi in campo ambientale.
La zavorra del Pil italiano, deducono Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, non è certo la competitività dell’industria, ma il crollo della domanda interna – la cui responsabilità va cercata in una interpretazione dogmatica dell’austerity. Il fatturato interno dell’industria manifatturiera italiana ha perso il 15,9% rispetto al 2008, contro lo 0,3% della Germania e a fronte di una crescita del 4,6% in Francia. Mentre sui mercati esteri per dinamica del fatturato industriale abbiamo addirittura battuto la Germania: +16,5% contro +11,6%. E non siamo certo il malato d’Europa: il peso del nostro debito pubblico rispetto al totale del debito pubblico europeo è infatti sceso dal 28,7% del 1995 al 22,1% del 2013.
Tra i tanti settori di successo del made in Italy, uno in particolare ha dato prova di vitalità e tenuta, dimostrando di essere un comparto trainante per tutta l’economia: l’agroalimentare. Se dal 2009 il valore aggiunto a prezzi correnti dell’intera economia è risultato pressoché stagnante (+2,2%), quello agroalimentare ha invece registrato un +10,6% – di cui agricoltura +14,2% e trasformazione alimentare +6,8%. Grazie anche a primati assoluti come il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario. Siamo, infatti, il Paese più forte al mondo per prodotti distintivi, con 266 prodotti Dop e Igp e 4.698 specialità tradizionali regionali, seguiti a distanza da Francia, 207, e Spagna, 162.
Nel settore vino inoltre l’Italia conta su ben 332 Doc, 73 Docg e 118 Igt. E poi c’è il biologico: siamo i primi in Europa per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie e tasso di crescita. Proprio vista la rilevanza del comparto Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison hanno realizzato con Coldiretti anche un Focus agroalimentare delle 10 verità sulla competitività italiana. In cui c’è scritto nero su bianco che in ben 77 prodotti, sul totale dei 704 in cui viene disaggregato il commercio agroalimentare mondiale, il nostro Paese detiene il primo, secondo o terzo posto per quote di mercato.
Inoltre in 120 prodotti l’Italia si piazza prima, seconda o terza al mondo per valore medio unitario nell’export. Come dire che in questi 120 prodotti agroalimentari siamo leader mondiali per qualità. E siamo anche campioni europei nella produzione di valore aggiunto per ettaro: 1.989 euro, più del doppio della media UE-27, il triplo del Regno Unito, il doppio di Spagna e Germania, e il 70% in più dei cugini francesi.
Non solo: siamo i primi anche in termini di occupazione, con 7,3 addetti per ettaro a fronte di una media Ue di 6,6. E la nostra agricoltura è tra le più sostenibili. Con 814 tonnellate per milione di euro prodotto dal settore, infatti, l’agricoltura italiana emette il 35% di gas serra in meno della media Ue.
Le imprese italiane infatti sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti (il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale), evidenzia il dossier, nel 2012 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935. Non solo. Siamo tra le economie che nella globalizzazione hanno conservato maggiori quote di mercato mondiale, mantenendo, dopo l’irruzione della Cina e degli altri Brics, il 72,6% delle quote di export rispetto al 1999. Performance migliore di quelle di Usa (70,2%), Francia (59,8%), Giappone (57,3%), Regno Unito (53,4%). Il nostro modello produttivo, fanno notare gli estensori delle 10 verità sulla competitività italiana, è tra i più innovativi in campo ambientale.
La zavorra del Pil italiano, deducono Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, non è certo la competitività dell’industria, ma il crollo della domanda interna – la cui responsabilità va cercata in una interpretazione dogmatica dell’austerity. Il fatturato interno dell’industria manifatturiera italiana ha perso il 15,9% rispetto al 2008, contro lo 0,3% della Germania e a fronte di una crescita del 4,6% in Francia. Mentre sui mercati esteri per dinamica del fatturato industriale abbiamo addirittura battuto la Germania: +16,5% contro +11,6%. E non siamo certo il malato d’Europa: il peso del nostro debito pubblico rispetto al totale del debito pubblico europeo è infatti sceso dal 28,7% del 1995 al 22,1% del 2013.
Tra i tanti settori di successo del made in Italy, uno in particolare ha dato prova di vitalità e tenuta, dimostrando di essere un comparto trainante per tutta l’economia: l’agroalimentare. Se dal 2009 il valore aggiunto a prezzi correnti dell’intera economia è risultato pressoché stagnante (+2,2%), quello agroalimentare ha invece registrato un +10,6% – di cui agricoltura +14,2% e trasformazione alimentare +6,8%. Grazie anche a primati assoluti come il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario. Siamo, infatti, il Paese più forte al mondo per prodotti distintivi, con 266 prodotti Dop e Igp e 4.698 specialità tradizionali regionali, seguiti a distanza da Francia, 207, e Spagna, 162.
Nel settore vino inoltre l’Italia conta su ben 332 Doc, 73 Docg e 118 Igt. E poi c’è il biologico: siamo i primi in Europa per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie e tasso di crescita. Proprio vista la rilevanza del comparto Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison hanno realizzato con Coldiretti anche un Focus agroalimentare delle 10 verità sulla competitività italiana. In cui c’è scritto nero su bianco che in ben 77 prodotti, sul totale dei 704 in cui viene disaggregato il commercio agroalimentare mondiale, il nostro Paese detiene il primo, secondo o terzo posto per quote di mercato.
Inoltre in 120 prodotti l’Italia si piazza prima, seconda o terza al mondo per valore medio unitario nell’export. Come dire che in questi 120 prodotti agroalimentari siamo leader mondiali per qualità. E siamo anche campioni europei nella produzione di valore aggiunto per ettaro: 1.989 euro, più del doppio della media UE-27, il triplo del Regno Unito, il doppio di Spagna e Germania, e il 70% in più dei cugini francesi.
Non solo: siamo i primi anche in termini di occupazione, con 7,3 addetti per ettaro a fronte di una media Ue di 6,6. E la nostra agricoltura è tra le più sostenibili. Con 814 tonnellate per milione di euro prodotto dal settore, infatti, l’agricoltura italiana emette il 35% di gas serra in meno della media Ue.
En. Br.