L’annuncio del 17 ottobre alle 17, è stato preceduto da un grande lavoro, un lavoro di anni, nelle sei città candidate a capitale della cultura europea 2019. Un patrimonio di progettualità che non andrà disperso, perché se Matera ha vinto, Siena, Lecce, Ravenna, Cagliari e Perugia non possono dirsi perdenti. Chiuso per loro il capitolo europeo, potranno diventare Capitale italiana della cultura. Lo stabilisce una norma della legge sulla cultura e turismo del luglio scorso (il cosiddetto “Art Bonus”) che introduce il Programma Italia 2019, pensato proprio per valorizzare i dossier culturali delle città candidate e consentire loro di concorrere al titolo nazionale. Ben lontano da essere un “premio di consolazione”, è piuttosto il riconoscimento del lavoro fatto, e soprattutto il convincimento che si può seguire una strategia di sviluppo diversa, basata sull’ambiente, sull’istruzione, sulla cultura. Essere competitivi in Europa è anche questo, e a noi non manca la materia prima. Si apre un’altra gara per il titolo italiano, e se i frutti saranno quelli prodotti dalla competizione europea, sarà una bella gara.
(Piano strategico Grandi Progetti Beni culturali e altre misure urgenti per il patrimonio e le attivita’ culturali)
3-quater. Al fine di favorire progetti, iniziative e attivita’ di
valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale materiale e
immateriale italiano, anche attraverso forme di confronto e di
competizione tra le diverse realta’ territoriali, promuovendo la
crescita del turismo e dei relativi investimenti, con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei
beni e delle attivita’ culturali e del turismo, previa intesa in sede
di Conferenza unificata di cui agli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e’
adottato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto, il «Programma Italia
2019», volto a valorizzare, attraverso forme di collaborazione tra lo
Stato, le regioni e gli enti locali, il patrimonio progettuale dei
dossier di candidatura delle citta’ a «Capitale europea della cultura
2019». Il «Programma Italia 2019» individua, secondo principi di
trasparenza e pubblicita’, anche tramite portale web, per ciascuna
delle azioni proposte, l’adeguata copertura finanziaria, anche
attraverso il ricorso alle risorse previste dai programmi dell’Unione
europea per il periodo 2014-2020. Per le medesime finalita’ di cui al
primo periodo, il Consiglio dei ministri conferisce annualmente il
titolo di «Capitale italiana della cultura» ad una citta’ italiana,
sulla base di un’apposita procedura di selezione definita con decreto
del Ministro dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo,
previa intesa in sede di Conferenza unificata, anche tenuto conto del
percorso di individuazione della citta’ italiana «Capitale europea
della cultura 2019». I progetti presentati dalla citta’ designata
«Capitale italiana della cultura» al fine di incrementare la
fruizione del patrimonio culturale materiale e immateriale hanno
natura strategica di rilievo nazionale ai sensi dell’art. 4 del
decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, e sono finanziati a valere
sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione,
programmazione 2014-2020, di cui all’art. 1, comma 6, della legge 27
dicembre 2013, n. 147, nel limite di un milione di euro per ciascuno
degli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2020. A tal fine il Ministro dei
beni e delle attivita’ culturali e del turismo propone al Comitato
interministeriale per la programmazione economica i programmi da
finanziare con le risorse del medesimo Fondo, nel limite delle
risorse disponibili a legislazione vigente. In ogni caso, gli
investimenti connessi alla realizzazione dei progetti presentati
dalla citta’ designata «Capitale italiana della cultura», finanziati
a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la
coesione, programmazione 2014-2020, di cui all’art. 1, comma 6, della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono esclusi dal saldo rilevante ai
fini del rispetto del patto di stabilita’ interno degli enti pubblici
territoriali.